Luigi Meroni

Luigi Meroni
Meroni al Torino nel 1965
Nazionalità Bandiera dell'Italia Italia
Altezza 170 cm
Peso 68 kg
Calcio
Ruolo Centrocampista
Carriera
Giovanili
19??-1960 Libertas San Bartolomeo
1960-1961Como
Squadre di club1
1960-1962Como25 (3)
1962-1964Genoa42 (7)
1964-1967Torino103 (22)
Nazionale
1964Bandiera dell'Italia Italia B2 (1)
1966-1967Bandiera dell'Italia Italia6 (2)
1 I due numeri indicano le presenze e le reti segnate, per le sole partite di campionato.
Il simbolo → indica un trasferimento in prestito.
 

Luigi Meroni, detto Gigi (Como, 24 febbraio 1943Torino, 15 ottobre 1967), è stato un calciatore italiano, di ruolo centrocampista.

Promettente talento del calcio italiano degli anni sessanta, morì tragicamente all'età di soli 24 anni, poco dopo la fine di una partita tra il Torino, squadra in cui giocava, e la Sampdoria, venendo investito da un'auto mentre attraversava corso Re Umberto, a Torino.

Disputò 145 partite in Serie A, realizzando 29 reti.

Caratteristiche tecniche[modifica | modifica wikitesto]

Ala destra, giocava con il numero 7.[1] Paragonato a George Best, al quale tra l'altro assomigliava fisicamente, per la fantasia e l'estro che mostrava in campo[2], i suoi punti di forza erano la velocità[3] e il dribbling imprevedibile, con cui spiazzava i difensori avversari, arrivando spesso a percorrere tutto il campo con il pallone tra i piedi fino a giungere a tu per tu con il portiere.[4]

Carriera[modifica | modifica wikitesto]

Club[modifica | modifica wikitesto]

Meroni in azione al Genoa nel 1964, mentre impegna il portiere del Milan Luigi Balzarini

Cominciò a giocare a calcio in un piccolo cortile, per poi passare al campo dell'Oratorio di San Bartolomeo a Como.

Rimasto orfano di padre all'età di 2 anni, crebbe con la madre Rosa, di professione tessitrice, che aveva difficoltà economiche nell'allevare lui ed i suoi fratelli Celestino e Maria.

Come primo lavoro fece il disegnatore di cravatte di seta[5] e si dedicò anche alla pittura.

Cresciuto calcisticamente nelle formazioni giovanili del Como, dopo aver esordito in prima squadra, in Serie B, venne ceduto al Genoa, i cui dirigenti erano rimasti impressionati vedendolo giocare come loro avversario.

A Genova s'impose definitivamente all'attenzione nazionale: le sue serpentine e i suoi gol trascinarono la squadra, allenata da Benjamín Santos, all'8º posto in classifica e alla conquista, per la 2ª volta, della Coppa delle Alpi, nell'anno in cui venne stabilito anche il record di imbattibilità dal portiere genoano Mario Da Pozzo.

Nell'estate 1964, nonostante la mobilitazione della tifoseria genoana per trattenerlo, fu ceduto al Torino, allenato da Nereo Rocco, per 300 milioni di lire, all'epoca cifra record per un giocatore di soli 21 anni.

Fu soprannominato "farfalla", in riferimento al suo stile di gioco e ai suoi costumi anticonformisti (era nota la sua convivenza more uxorio con una ragazza sposata), e "beatnik del gol" per i suoi interessi nel mondo delle arti figurative e la sua abitudine di portare barba e capelli lunghi. Alcuni tifosi lo chiamavano "Calimero".

Con un suo amico, il centravanti Nestor Combin, formò una coppia d'attacco di alto livello.

Le voci insistenti di un suo passaggio alla rivale cittadina Juventus, per 750 milioni di lire, scatenarono una specie di "insurrezione" popolare; il presidente granata Orfeo Pianelli, sotto la pressione della piazza, rinunciò.

Nel 1967 a San Siro, giocando contro l'Inter, dopo uno dei suoi famosi slalom, segnò tirando un pallonetto dal limite dell'area che finì all'incrocio dei pali; tale rete interruppe l'imbattibilità casalinga della famosa "Grande Inter" dell'allenatore Helenio Herrera, costringendo i nerazzurri alla prima sconfitta dopo 3 anni di risultati utili.

Nazionale[modifica | modifica wikitesto]

Venne convocato in Nazionale per la prima volta nel 1965 dal commissario tecnico Edmondo Fabbri, in occasione della partita di qualificazione con la Polonia.

Mise a segno la prima rete in maglia azzurra a Bologna, il 14 giugno 1966, marcando il 6º gol di Italia-Bulgaria 6-1, partita amichevole di preparazione al Mondiale.

Segnò un gol anche nell'altra amichevole Italia-Argentina, disputata a Torino 8 giorni dopo e conclusasi con una vittoria azzurra per 3-0.

Partecipò alla sfortunata spedizione, sempre sotto la guida tecnica di Fabbri, ai Mondiali di Inghilterra del 1966, culminata con la sconfitta contro la Corea del Nord per 0-1 e l'eliminazione al 1º turno. Per le continue divergenze con il tecnico, Meroni giocò solo la seconda partita, contro l'URSS.

La tragica morte[modifica | modifica wikitesto]

La sera del 15 ottobre 1967, dopo l'incontro contro la Sampdoria, vinto dai granata per 4-2, Meroni non poté rientrare nella sua abitazione di corso Re Umberto, poiché non aveva con sé le chiavi, quindi andò insieme al compagno di squadra e grande amico Fabrizio Poletti al bar Zambon, dove telefonò a degli amici presso i quali si trovava la sua compagna, dopodiché attraversò corso Re Umberto, sempre con Poletti, nei pressi del civico 46. I due giocatori percorsero la prima metà della carreggiata e si fermarono al centro di essa, attendendo il momento opportuno per completare l'attraversamento. Vedendo sopraggiungere un'automobile, fecero un passo indietro e furono investiti da una Fiat 124 Sport Coupé che sopraggiungeva in direzione opposta; Poletti fu colpito di striscio, mentre Meroni venne investito alla gamba sinistra, fu sbalzato, cadde a terra nell'altra corsia e fu travolto da una Lancia Appia che lo centrò in pieno e ne trascinò il corpo per 50 metri. Fu portato all'ospedale Mauriziano da un passante; vi arrivò con gambe e bacino fratturati e con un grave trauma cranico.[6] Morì poche ore dopo, alle 22:40[7].

La Fiat 124 era guidata da Attilio Romero, un diciannovenne di buona famiglia, grande tifoso del Torino, che stava rincasando proprio dopo aver assistito alla partita. Dopo l'incidente il giovane, neopatentato, prima si fermò a bordo strada per prestare soccorso, poi si presentò spontaneamente alla Polizia, che lo interrogò fino a tarda notte per poi rilasciarlo, consentendogli di tornare a casa: abitava proprio in corso Re Umberto, a 13 numeri civici di distanza dall'abitazione di Meroni.[8] In seguito Romero, assolto dall'accusa di omicidio colposo per non aver avuto modo di evitare l'investimento, diventerà dirigente d'azienda e, nel giugno del 2000, per ironia della sorte, verrà chiamato a ricoprire proprio il ruolo di presidente del Torino.

Più di 20.000 persone parteciparono ai funerali di Meroni e il lutto scosse la città; anche alcuni detenuti nel carcere Le Nuove di Torino fecero una colletta per mandare fiori. La stampa sembrò perdonare i suoi modi bizzarri di apparire in pubblico, per i quali era solita attaccarlo fino a poco prima, ma l'arcidiocesi di Torino si oppose allo svolgimento di un funerale religioso per lui, definendolo un "peccatore pubblico", e criticò aspramente don Francesco Ferraudo, sacerdote del club granata, che lo celebrò comunque.[senza fonte]

La compagna di Meroni era Cristiana Uderstadt, figlia di giostrai[9], che si era sposata con un regista romano ed era in attesa di annullamento del matrimonio da parte della Sacra Rota[senza fonte] (all'epoca in Italia non era stato ancora introdotto il divorzio).[10]

Dopo la morte[modifica | modifica wikitesto]

Monumento in granito rosso eretto dal Comune di Torino nel 2007, quarantennale della morte, nel luogo dove venne investito Gigi Meroni

La settimana dopo il funerale, il Torino affrontò la Juventus. Nel silenzio di entrambe le tifoserie, un elicottero inondò il campo di fiori, che furono raccolti sulla fascia destra, dove giocava Gigi Meroni.

Nestor Combin, compagno di Meroni nel reparto d'attacco granata e suo grande amico, insistette per giocare nonostante la febbre che lo aveva colpito pochi giorni prima; durante la partita segnò su punizione al 3º minuto, raddoppiò al 7º e firmò una tripletta al 15º della ripresa. In seguito venne segnato un quarto gol da Alberto Carelli, che aveva ereditato da Meroni la maglia numero 7. Questo resta ancora oggi il miglior risultato ottenuto dal Torino in un derby dal "dopo Superga" e vendicò, in senso sportivo, i 7 derby senza vittorie giocati da Meroni.

Il Torino chiese all'assicurazione di Romero un risarcimento per i danni causati dalla perdita del giocatore. All'epoca era un fatto quasi inedito e i precedenti tentativi (sempre del Torino dopo Superga) erano stati respinti dai giudici, che non riconoscevano il plusvalore rappresentato dall'investimento di una società sportiva in un giocatore di classe. La sentenza del 1971 dispose il risarcimento e marcò uno storico cambiamento di giurisprudenza in tema di risarcimenti per responsabilità civile nei sinistri stradali.

Due mesi dopo la morte del giocatore, il successivo 27 dicembre, la sua tomba nel Cimitero Monumentale di Como fu profanata, nottetempo, da Gianni Viti, un uomo di trentaquattro anni di Oleggio con problemi psichiatrici che non riusciva a superare il dolore della perdita. L'uomo aprì la bara, asportò il fegato del giocatore e lo consegnò di persona, alcuni giorni dopo, agli allibiti poliziotti della Questura locale.[11][12] Viti fu immediatamente rinchiuso in manicomio.

Nel marzo 1989 ignoti vandali profanarono nuovamente la tomba di Meroni, ritrovata aperta e con una scala lasciata all'interno[13].

Nel 2007, 40º anniversario della morte, il Comune di Torino collocò un monumento commemorativo sul luogo dell'incidente.[14]

Nella cultura di massa[modifica | modifica wikitesto]

A Meroni sono stati dedicati vari libri, tra cui La farfalla granata di Nando dalla Chiesa, diverse canzoni, come Chi si ricorda di Gigi Meroni? degli Yo Yo Mundi e Gigi Meroni di Filippo Andreani, la poesia Omaggio a Gigi Meroni di Franco Trincale di Ermanno Eandi.[15] A suo nome sono intitolati diversi club sportivi.

Nel 2013 la Rai ha trasmesso il film TV La farfalla granata, per la regia di Paolo Poeti, con Alessandro Roja nel ruolo di Meroni.[16]

Statistiche[modifica | modifica wikitesto]

Presenze e reti nei club[modifica | modifica wikitesto]

Stagione Squadra Campionato Coppe nazionali Coppe continentali Altre coppe Totale
Comp Pres Reti Comp Pres Reti Comp Pres Reti Comp Pres Reti Pres Reti
1960-1961 Bandiera dell'Italia Como B 1 0 CI 1 0 - - - - - - 2 0
1961-1962 B 24 3 CI 0 0 - - - - - - 24 3
Totale Como 25 3 1 0 - - - - 26 3
1962-1963 Bandiera dell'Italia Genoa A 15 1 CI 3 1 - - - - - - 18 2
1963-1964 A 27 6 CI 1 0 - - - - - - 28 6
Totale Genoa 42 7 4 1 - - - - 46 8
1964-1965 Bandiera dell'Italia Torino A 34 5 CI 3 0 CdC 9 3 - - - 46 8
1965-1966 A 34 7 CI 0 0 CdF 1 0 - - - 35 7
1966-1967 A 31 9 CI 3 0 - - - CdA 2 0 36 9
1967-1968 A 4 1 CI 1 0 - - - Int. 0 0 5 1
Totale Torino 103 22 7 0 10 3 2 0 122 25
Totale carriera 170 32 12 1 10 3 2 0 194 36

Cronologia presenze e reti in nazionale[modifica | modifica wikitesto]

Cronologia completa delle presenze e delle reti in nazionale ― Italia
Data Città In casa Risultato Ospiti Competizione Reti Note
19-3-1966 Firenze Italia Bandiera dell'Italia 0 – 0 Bandiera della Francia Francia Amichevole - Ingresso al 46’ 46’
14-6-1966 Bologna Italia Bandiera dell'Italia 6 – 1 Bandiera della Bulgaria Bulgaria Amichevole 1 Ingresso al 46’ 46’
18-6-1966 Milano Italia Bandiera dell'Italia 1 – 0 Bandiera dell'Austria Austria Amichevole -
22-6-1966 Torino Italia Bandiera dell'Italia 3 – 0 Bandiera dell'Argentina Argentina Amichevole 1 Ingresso al 46’ 46’
29-6-1966 Firenze Italia Bandiera dell'Italia 5 – 0 Bandiera del Messico Messico Amichevole -
16-7-1966 Sunderland Unione Sovietica Bandiera dell'Unione Sovietica 1 – 0 Bandiera dell'Italia Italia Mondiali 1966 - 1º turno -
Totale Presenze 6 Reti 2

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Gigi Meroni - La storia, su gigimeroni.com. URL consultato il 10 giugno 2017.
  2. ^ Dario Olivero, Calciatore, artista, poeta in mostra i quadri di Gigi Meroni, su repubblica.it, 9 settembre 2005. URL consultato il 20 gennaio 2020.
  3. ^ Toro, Agroppi: “Vi racconto Gigi Meroni, il nostro George Best” [collegamento interrotto], su Toro News, 12 ottobre 2017. URL consultato il 20 gennaio 2020.
  4. ^ Gigi Meroni insegna il dribbling, "Alè Toro", 1964, su reocities.com. URL consultato il 6 ottobre 2013 (archiviato dall'url originale il 12 novembre 2013).
  5. ^ Gian Paolo Ormezzano, articolo su la Stampa del 20/10/2002, p. 27
  6. ^ È morto il calciatore Meroni, travolto ieri sera da un'auto, su archiviolastampa.it, lastampa.it, 16 ottobre 1967. URL consultato il 30 novembre 2014.
  7. ^ Prima pagina de La Gazzetta dello Sport, 16 ottobre 1967
  8. ^ John Foot, Calcio. 1898-2007 Storia dello sport che ha fatto l'Italia, Milano, Rizzoli Storica, 2007.
  9. ^ Fulvia Caprara, articolo su La Stampa del 20 ottobre 2002, p. 27 e La Stampa del 25 febbraio 2003, p. 32.
  10. ^ La Diocesi di Torino si oppose poi al funerale religioso perché Gigi conviveva come ' peccatore pubblico' con Cristina, su ildubbio.news.
  11. ^ Gian Paolo Ormezzano, articolo su La Stampa dell'11 novembre 1995, p. 17.
  12. ^ Luca Mattioli, articolo su Corriere di Novara del 19 ottobre 2015, p. 23
  13. ^ PROFANATA DI NUOVO LA TOMBA DI MERONI - la Repubblica.it, su Archivio - la Repubblica.it. URL consultato il 3 dicembre 2021.
  14. ^ Sebastiano Vernazza, L'ultima partita di Gigi Meroni, in La Gazzetta dello Sport, 7 ottobre 2007.
  15. ^ Ermanno Eandi, Dedicato a... Gigi Meroni, su eandiermanno.it. URL consultato il 29 aprile 2012 (archiviato dall'url originale il 9 febbraio 2015).
  16. ^ “La Farfalla Granata”: il film tv su Gigi Meroni arriva a ottobre, velvetcinema.it, 28 settembre 2013

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Nando dalla Chiesa, La farfalla granata. La meravigliosa e malinconica storia di Gigi Meroni il calciatore artista, Limina, 1995. ISBN 88-86713-00-2
  • Peroni-Cecchetti, Gigi Meroni, il ribelle Granata, Padova, Beccogiallo, 2011
  • Pierluigi Comerio, Gigi Meroni, una vita a tutto campo, Carlo Pozzoni Fotoeditore, 2013, ISBN 978-88-905849-8-5

Videografia[modifica | modifica wikitesto]

Altri progetti[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]