XXV della campagna romana

I XXV della campagna romana furono un sodalizio di artisti italiani attivo fra il 1904 e il 1930, quando il gruppo fu sciolto dal regime fascista.[1][2]

Filippo Anivitti, Ponte Nomentano
Onorato Carlandi, Paesaggio della campagna romana
Carlo Montani, Paesaggio di Rocca di Papa con gregge al pascolo

Il gruppo era formato da venticinque artisti accomunati dal gusto di ritrarre dal vero la natura e che decisero di creare un nuovo sodalizio artistico, senza manifesti programmatici, senza regole condizionatrici, senza gerarchie oltre al Capoccetta a vita (il presidente) e a un Guitto (il segretario). La loro attività sociale era rappresentata dalla gita domenicale in aperta campagna - armati di tele e di pennelli - che si concludeva allegramente in trattoria, dove il dipinto più bello era premiato col rimborso del viaggio e del pranzo e con l'omaggio di un ferro di cavallo.

Quando un artista moriva o abbandonava il sodalizio, era rimpiazzato da un altro che doveva avere il placet di tutti gli altri. Dai 25 originari alla fine si arrivò a 46, ma il nome rimase immutato.[1]

Storia[modifica | modifica wikitesto]

Giulio Aristide Sartorio, Buoi all'aratro

Una sera, il 24 maggio 1904, siedono a tavola al "Pozzo di San Patrizio" - trattoria tipica sulla via Nomentana - un gruppo di artisti diversi per età, provenienza e scuola, ma tutti contrari alla pittura da cavalletto e uniti dalla passione di ritrarre dal vero le figure e i paesaggi della campagna romana.[3] Essi creano il primo nucleo di un sodalizio che decidono di chiamare "I Vassalli della campagna romana". Questi artisti in parte appartengono alla società In arte libertas, nata nel 1886 per iniziativa di Giovanni Costa detto "Nino", per opporsi all'arte di maniera. Ma dopo la morte del maestro, In arte libertas langue. Quella sera, a cena in trattoria sono in sei:

Adalberto Cencetti, monumento a Luigi Galvani, Bologna

Quella sera stessa sono associati, per diritto e per acclamazione:

Giulio Aristide Sartorio, Camposanto di Ostia Antica, 1904

Dai 13 ai 25 artisti[modifica | modifica wikitesto]

Al primitivo gruppo aderiscono nei giorni successivi altri artisti:

Ettore Ferrari, monumento a Giordano Bruno a Campo dei Fiori
Giulio Aristide Sartorio, Il Circeo, 1909

Il sodalizio è ora composto da 25 artisti. Dopo discussioni lunghe e animate, Onorato Carlandi suggerisce (o impone)[senza fonte] il nome: i XXV della campagna romana.

Dai 25 ai 46 artisti[modifica | modifica wikitesto]

Gli artisti trovano l'appoggio culturale e finanziario del conte e pittore Napoleone Parisani, detto "Cane levriero" che, imparentato con i Bonaparte e con i Primoli e grande collezionista di opere d'arte, si aggrega al sodalizio. Si aggiungono altri artisti, in tempi diversi:

Napoleone Parisani, Paesaggio
Luigi Petrassi, Pini di Roma da Prima Porta
Giovanni Costa, Donne che portano fascine a Porto d'Anzio

La gita sociale[modifica | modifica wikitesto]

Alcuni di questi artisti entrati in un periodo successivo avevano aderito alla associazione In arte libertas, fondata nel 1886 e chiusa nel 1903 per la morte del fondatore Giovanni Costa. Alcuni avevano anche fatto parte della precedente associazione di Costa: la Scuola Etrusca.[1][2]

La domenica i pittori sono all'aria aperta, a dipingere e a scattare fotografie negli spazi ampi e luminosi della campagna romana. Partono da Roma con «cavalletti ombrelloni e tavolozze in spalla – tanto da essere scambiati in più di un'occasione per cacciatori, civettari, pescatori, cinematografari intenti a girare qualche esterno di un film – per una determinata località della Campagna Romana, alla ricerca di motivi ispiratori direttamente dal vero e nella loro vera luce».[4]

Qualche volta prendono il treno, oppure il tram dei Castelli e dopo poche stazioni sono già in aperta campagna. Se non si dirigono a sud, risalgono in treno lungo la costa, a fianco dell'Aurelia. Altre mete abituali e preferite sono: Settecamini, Bagni di Tivoli, Sette Bagni, Marcigliana, Prima Porta, Appia Antica, Appia Pignatelli, Sacrofano, Isola Sacra e Ponte Mammolo.

Giulio Aristide Sartorio, Campagna Romana

Immancabile è la sosta in trattoria, dove gli artisti portano i loro dipinti e li espongono alle pareti della sala, oppure sull'erba del cortile. L'opera migliore è premiata con il rimborso del viaggio e del pranzo al suo autore; si aggiunge il premio simbolico di un ferro da cavallo che passa, di settimana in settimana, da un vincitore all'altro.

Singoli artisti scelsero anche altre mete, secondo il loro gusto personale: la costa laziale dalle colline della Tolfa a Terracina, con Anzio e Fiumicino; le Paludi Pontine e quelle di Maccarese; paesini arroccati sui monti, come Saracinesco, Anticoli Corrado[5] e Ninfa. I pittori arrivarono anche sui tratturi d'Abruzzo.

In questo gruppo di 45 gli artisti sono anziani e affermati, oppure giovani ma già noti, oppure adolescenti portati in gita domenicale dal padre o dal fratello maggiore: questa modalità spiega perché la consuetudine della pittura all'aria aperta, in campagna o sulle rive del mare, sia durata così a lungo tra gli artisti di area romana.

Nelle campagne romane il lavoro di butteri e pecorai proseguiva secondo le antiche tradizioni: pecore e bufali erano parte integrante del paesaggio, caratterizzato da grandiose vestigia di epoca romana e da torri, ponti e casali. Gli artisti rappresentavano le feste di questa società così diversa culturalmente, descrivendo nei dipinti passi di danza e gesti dei suonatori.

Le cariche sociali dei XXV consistevano nel Capoccetta a vita e nel Guitto, cioè il segretario factotum che convocava gli associati, organizzava il viaggio domenicale e fissava il posto all'osteria. Coleman fu il primo Capoccetta e Carlandi il primo Guitto. Alla morte di Coleman, Carlandi ne prese il posto, lasciando la segreteria a Enrico Ortolani. Quando un associato abbandonava il sodalizio, oppure moriva, il suo posto veniva rimpiazzato da un nuovo artista, che doveva ottenere il placet da tutti gli altri.

Il vecchio sonetto di Cesare Pascarella Er fattaccio, riproduce l'atmosfera di quelle scampagnate romane:

«Erimo venticinque in compagnia
De li soni. Fu un pranzo prelibato.
Dopo pranzo fu fatta un'allegria
Tutti a panza per aria immezzo ar prato
A l'aria aperta, e dopo avè ballato,
Ritornassimo in giù all'avemaria.»

I XXV della campagna romana furono sciolti il 12 novembre 1930, per infiltrazioni massoniche di cui era accusato Ettore Ferrari, gran Maestro 33, e con questa scusa: «Da XXV a 33: il passo è breve.»[6]

Alcuni di questi artisti, tra cui Giovanni Costantini, Vittorio Grassi, Raniero Aureli, Maurizio Barricelli e Camillo Innocenti, aderirono anche alla Secessione romana.

Dopo lo scioglimento del gruppo nel 1930, alcuni artisti si sono ispirati alla pittura dal vero dei XXV della campagna romana: tra altri, Rinaldo Caressa e Giuseppe Malagodi. Nel 2004, in occasione del centenario della nascita del gruppo, l'Accademia di San Luca ha organizzato una mostra.

La mal'aria[modifica | modifica wikitesto]

In una famosa fotografia di Oreste Sgambati si vedono, seduti nell'Omnibus del Caffè Greco, Cesare Bertolla, Carlo Ferrari, Enrico Coleman, Cesare Biseo, Alessandro Morani, Onorato Carlandi, Vincenzo Cabianca, Cesare Pascarella e Alessandro Coleman. Sgambati accompagnava sovente il gruppo dei pittori nelle loro gite domenicali, nell'Agro Romano e nella Campagna romana. Si meritò il soprannome "cornacchiolo" e, per essere chirurgo, anche "archiatra". Sgambati era pure il fotografo che seguiva il peregrinare, nelle zone paludose intorno a Roma, del dottor Angelo Celli e del giornalista Giovanni Cena. Nel 1904 il dottor Angelo Celli aveva fondato la "Società per gli studi contro la malaria", come aiuto alla distribuzione del chinino di Stato attraverso gli spacci per sale e tabacchi. Seguì la creazione dell'ente nazionale Le Scuole per i Contadini dell'Agro Romano e le Paludi Pontine. Un opuscolo di Celli[7] aveva mosso l'interesse della stampa, soprattutto del giornalista Giovanni Cena che iniziò a battersi per l'alfabetizzazione dell'Agro Pontino e per la lotta alla malaria. Al progetto aderì Duilio Cambellotti, che decorò le mura di una scuola elementare rurale.

Aspetti di povertà estrema nelle campagne intorno a Roma ed effetti tragici della malaria entrarono nell'ottica di alcuni artisti tra i XXV della campagna romana. In particolare, s'interessarono a temi sociali e sanitari Giulio Aristide Sartorio, Cesare Bertolla e Giuseppe Raggio, autore di quadri che erano denunce di mala sanità e di lavoro disumano. Si deve a questi e ad altri artisti la diffusione di conoscenze sui drammatici aspetti sociali e sanitari nelle campagne.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b c I XXV della Campagna Romana, su visitlazio.com. URL consultato il 20 luglio 2020 (archiviato dall'url originale il 17 agosto 2017).
  2. ^ a b Venticinque nell'Enciclopedia Treccani, su treccani.it. URL consultato il 17 agosto 2017 (archiviato il 17 agosto 2017).
  3. ^ Lando Scottoni, Definizione geografica della campagna romana, in Atti dell'Accademia nazionale dei Lincei, Classe di Scienze morali, storiche e filologiche, Rendiconti, Roma, serie: 9, vol. 4, fasc. 4 390 (1993), SBN IT\ICCU\TO0\0188657.
  4. ^ Mammucari 2005.
  5. ^ Il Civico museo di arte moderna di Anticoli Corrado, creato nel 1935 per raccogliere opere di artisti che hanno visitato e illustrato il paese, conta oggi circa 200 opere, di artisti italiani e stranieri.
  6. ^ Le circostanze sono state ampiamente raccontate, in più occasioni, da Renato Mammucari che raccolse anche le testimonianze di Virgilio Simonetti - l'ultimo dei "25" - al quale si deve anche il ricordo di molti dei soprannomi. Nel raccontare quelle vicende della sua giovinezza, afferma Mammuccari, Virgilio Simonetti si commuoveva.
  7. ^ Angelo Celli, Come vive il campagnolo nell'agro romano: note ed appunti illustrati con fotografie, Roma, Società editrice nazionale, 1904, SBN IT\ICCU\CUB\0178068.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • G. Tomasetti, Archivio della R. Società romana di storia patria, XXX, Roma, 1907, SBN IT\ICCU\RML\0008666.
  • Carlo Galassi Paluzzi, I XXV della campagna romana, Roma, Alfieri e Lacroix, 1922, SBN IT\ICCU\NAP\0140300. Prefazione di Federico Hermanin
  • Ercole Metalli, Usi e costumi della campagna romana, Bologna, A. Forni, 2ª ed., 1976, SBN IT\ICCU\SBL\0593942. Con disegni originali di Duilio Cambellotti.
  • Renato Mammucari, I 25 della Campagna Romana, Albano Laziale, Vela, 1984, SBN IT\ICCU\RML\0083813. Prefazione di Paolo Emilio Trastulli.
  • Renato Mammucari e Rigel Langella, I pittori della mal'aria. Dalla campagna romana alle Paludi Pontine: vedute e costumi dell'Agro attraverso i dipinti degli artisti italiani e stranieri che ne lasciarono memoria prima della radicale trasformazione dell'ambiente e del territorio, Roma, Newton & Compton, 1999, SBN IT\ICCU\NAP\0225567.
  • Renato Mammucari (a cura di), I 25 della campagna romana: 1904-2004, Marigliano, LER, 2ª ed., 2005, SBN IT\ICCU\BVE\0372474. Introduzione Claudio Strinati.

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

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