Calmaggiore

Calmaggiore, sguardo verso nordovest
Calmaggiore, sguardo verso sud-est

Il Calmaggiore, che viene definito erroneamente via Calmaggiore, è la strada principale del centro storico di Treviso. Collega piazza del Duomo a piazza dei Signori.

Note urbanistiche[modifica | modifica wikitesto]

La via, identificata come cardo massimo della Tarvisium romana[1], mantiene per tutto il suo tracciato direzione nord ovest-sud est. L'antica direttrice proseguiva a nord fino al ponte di San Chiliano (nell'attuale via Antonio Canova)[2] e, dal lato opposto, lungo le odierne via Indipendenza e via Santa Margherita, fino al ponte di Santa Margherita.

Si ritiene che il decumano sia invece da identificare nell'attuale via Martiri della Libertà; il punto di incrocio era dunque nei pressi della loggia dei Cavalieri.

Nel Medioevo la strada collegava simbolicamente i due centri del potere, la cattedrale, sede del potere spirituale, e il palazzo della Signoria (affiancato dalla Domus Nova Communis, "il nuovo palazzo comunale", oggi noto come palazzo dei Trecento), centro del potere temporale.

Toponomastica[modifica | modifica wikitesto]

Calmaggiore deriva quasi sicuramente dal latino callis maior (strada maggiore), dicitura più tarda di cardo maximus.

Edifici e oggetti storici[modifica | modifica wikitesto]

All'inizio del Calmaggiore, all'interno del palazzo Pretorio, si trovava fin dal 1559 la famosa fontana delle Tette, oggi rimossa e collocata sotto la loggia di palazzo dei Trecento. Una copia funzionante è stata invece posta nel cortile di una piccola galleria che collega il Calmaggiore con la piazzetta della Torre e alla calle del Podestà.

In entrambi i lati numerosi sono i palazzi affrescati sia nelle facciate che all'interno dei portici che si susseguono per tutta la lunghezza della strada[3].

Lato nord[modifica | modifica wikitesto]

Resti della strada romana[modifica | modifica wikitesto]

Dagli scantinati del primo negozio a destra dell'omonima galleria è possibile accedere ad una piccola area archeologica ipogea nella quale sono visibili i resti della strada di epoca romana.

Lato sud[modifica | modifica wikitesto]

Chiesa di San Giovanni[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Chiesa di San Giovanni Battista (Treviso).

L'attuale battistero di San Giovanni, di epoca poco precedente a quella dell'antico duomo romanico, si presume fosse in origine una chiesa: i battisteri coevi sono infatti in genere caratterizzati da una pianta rotonda o comunque centrale mentre l'edificio è a pianta rettangolare ad una navata.

Sulle sue pareti esterne spiccano alcuni elementi di epoca romana recuperati, com'era d'uso, da edifici romani abbandonati.

Più avanti, tra la zona absidale e il campanile, è visibile un'arca marmorea di epoca paleocristiana (V-VI secolo) decorata con una croce a rilievo e con copertura a volta. Il corredo rinvenuto all'interno (una crocetta pettorale, un pettine e dei fili di broccato che ornavano una piccola veste) hanno fatto supporre si trattasse della sepoltura di una nobile bambina longobarda. Rinvenuta nel 1950 in via Tomaso da Modena è stata qui collocata in epoca contemporanea.

Scuola del Santissimo[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Scuola del Santissimo Sacramento.

La costruzione in laterizio intonacato sorge tra il campanile del duomo e il tergo del battistero, inglobandone in parte l'abside. Nel lato tra il duomo e la chiesetta di San Giovanni è ancora parzialmente visibile l'affresco di Tiziano Vecellio rappresentante forse un Cristo risorto (1517).

Campanile del duomo[modifica | modifica wikitesto]

La tozza mole del campanile, contiguo al Battistero deve la sua incompletezza, secondo la tradizione, all'opposizione dei dogi di Venezia onde impedire che potesse superare in altezza quello della basilica di San Marco.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Adriano Augusto Michieli, Storia di Treviso, p. 35
  2. ^ Filippo Boscolo e Franco Luciani (a cura di) Venetia et Histria. Tarvisium in Supplementa Italica. Nuova serie, Unione Accademica Nazionale, Roma, 2009; estratto 24, p. 122 academia.edu.
  3. ^ Luigi Coletti, Catalogo delle cose d'arte e di antichità di Treviso, Libreria dello Stato, Roma, 1935; pp. 58-60.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Luigi Coletti, Catalogo delle cose d'arte e di antichità di Treviso, Libreria dello Stato, Roma, 1935; pp. 58–60.
  • Giovanni Netto, Guida di Treviso, Edizioni LINT, Trieste, 1988.

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