Emanuele Notarbartolo

Emanuele Notarbartolo
Emanuele Notarbartolo di San Giovanni

Sindaco di Palermo
Durata mandato28 settembre 1873 –
30 settembre 1876
PredecessoreDomenico Peranni
SuccessoreFrancesco Paolo Perez

Dati generali
Suffisso onorificoMarchese di San Giovanni
Partito politicoDestra storica

Emanuele Notarbartolo di San Giovanni (Palermo, 23 febbraio 1834Termini Imerese, 1º febbraio 1893) è stato un banchiere e politico italiano.

Esponente della destra storica in carica come Sindaco di Palermo dal 1873 al 1876, nonché direttore generale del Banco di Sicilia, è noto per essere stato la prima vittima eccellente di cosa nostra in Italia.[1][2][3]

È sepolto nel Cimitero di Santa Maria dei Rotoli a Palermo.[3]

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

Le origini[modifica | modifica wikitesto]

Il marchese di San Giovanni nasce da una famiglia aristocratica palermitana, i Notarbartolo (il nonno Francesco Paolo era principe di Sciara), ma presto rimane orfano di entrambi i genitori (don Leopoldo e donna Teresa Vanni). Cresciuto in Sicilia, nel 1857 si trasferisce prima a Parigi, poi in Inghilterra, dove conosce Michele Amari e Mariano Stabile, due esuli siciliani che lo influenzeranno molto. Avvicinatosi all'economia e alla storia, diventa sostenitore del liberalismo conservatore (quindi vicino alla Destra storica).

L'impegno militare e politico[modifica | modifica wikitesto]

Arruolatosi nel 1859 nell'armata sarda, si aggrega nel giugno 1860 alla spedizione dei Mille con Giuseppe Garibaldi dove prese parte alla battaglia di Milazzo e al termine rimase come ufficiale nel regio esercito. Nel 1865 diventa assessore alla polizia urbana a Palermo, con Antonio Starrabba, marchese di Rudinì, come sindaco[4]. L'insurrezione della città nel 1866 travolge l'intera classe dirigente e la conseguente sconfitta elettorale allontana per un periodo Notarbartolo dalla politica. Dal 1870 al 1873 è responsabile dell'ospedale.

Il 26 ottobre 1873 viene eletto sindaco di Palermo. Rimane in carica fino al 30 settembre 1876. Durante il suo governo, attua varie opere urbanistiche ed è tra i promotori della costruzione del Teatro Massimo di Palermo; soprattutto si impegna nel debellare il fenomeno della corruzione alle dogane.

L'attività al Banco di Sicilia[modifica | modifica wikitesto]

Raffaele Palizzolo, imputato per l'omicidio di Notarbartolo

Nel febbraio 1876 è nominato dal governo Minghetti direttore generale del Banco di Sicilia, cercando con la sua autorità di riorganizzare il sistema bancario siciliano, scosso dopo l'Unità d'Italia.[5] Il Banco di Sicilia è infatti sull'orlo del fallimento, e l'operato di Notarbartolo è orientato a evitare il collasso dell'economia siciliana.[6] Crea una rete capillare di agenzie e opera una stretta sulle erogazioni di credito, da sempre effettuate senza garanzie e sulla base di principi clientelari, inimicandosi pertanto molti speculatori.[7]

Il consiglio d'amministrazione del Banco è composto principalmente da politici, molti dei quali legati alla mafia locale.[6] È affiancato in particolare dal parlamentare Raffaele Palizzolo, con il quale ha già avuto non pochi screzi a causa delle speculazioni avventate da lui messe in atto[6][8]. C'è addirittura il sospetto che sia il mandante del sequestro messo in atto ai danni del marchese nel 1882 mentre si trova nei suoi possedimenti a Caccamo, per il quale Notarbartolo è costretto a pagare un riscatto di 50 000 lire.[9]

Nel 1889 Notarbartolo provò a denunciare questa situazione in due lettere inviate al ministro dell’Agricoltura e del Commercio Luigi Miceli che però vennero trafugate dal tavolo del ministro e ricomparvero misteriosamente nelle mani di Palizzolo, il quale le mostrò agli altri consiglieri d'amministrazione: Notarbartolo fu sfiduciato e il governo Crispi lo dimissionò dalla direzione del Banco nel febbraio 1890[10][11]. Al suo posto fu nominato il duca Giulio Benso della Verdura, fervente crispino e azionista della Navigazione Generale Italiana (al pari di Palizzolo), il quale inaugurò una stagione di operazioni finanziarie spericolate,[12] venute alla luce grazie ad un'ispezione del Ministero del Tesoro (secondo alcuni, ispirata dalle denunce di Notarbartolo nello stesso periodo in cui stava emergendo il celebre scandalo della Banca Romana), tanto che, caduto Crispi e con l'alternarsi dei governi Di Rudinì e Giolitti, si parlò di un ritorno di Notarbartolo alla direzione del Banco, cosa che non avvenne mai a causa della sua uccisione[10][11].

L'omicidio[modifica | modifica wikitesto]

Il 1º febbraio 1893, durante il tragitto in treno tra Termini Imerese e Trabia, fu ucciso con 27 colpi di pugnale da Matteo Filippello e Giuseppe Fontana, entrambi mafiosi di Villabate, e il suo cadavere gettato giù dalla carrozza all'altezza del ponte Curreri, in agro di Trabia.[5]

I processi[modifica | modifica wikitesto]

Le prime indagini portarono a sospettare della complicità di due ferrovieri e di un boss della cosca mafiosa di Villabate, Giuseppe Fontana, ma al termine della prima istruttoria furono rinviati a giudizio solo i due ferrovieri presenti sulla carrozza al momento dell’uccisione e quindi ritenuti correi degli assassini.[11]

Nel 1899 si aprì quindi il primo processo che, per legittima suspicione, si celebrò a Milano. Durante lo svolgimento delle prime udienze nella città lombarda, Leopoldo Notarbartolo, il figlio della vittima, accusò pubblicamente in aula l'onorevole Raffaele Palizzolo di aver ordinato l'omicidio del padre. Subito, la Camera dei deputati, su pressione del Presidente del Consiglio Luigi Pelloux, concesse all'unanimità l'autorizzazione a procedere contro Raffaele Palizzolo, che venne dunque arrestato dal questore di Palermo Ermanno Sangiorgi insieme a Giuseppe Fontana, che stava trascorrendo la latitanza presso le tenute agricole del principe Pietro Mirto Seggio, dove svolgeva la mansione di campiere.[5][10][11]

Nel 1900 il secondo processo si aprì presso la Corte d'Assise di Bologna e furono chiamati a deporre ben 503 testimoni e tra di essi figuravano ex ministri, deputati, senatori, prefetti, questori e funzionari di Pubblica sicurezza.[10] Le udienze vennero seguite con attenzione dai corrispondenti delle principali testate nazionali e colpirono profondamente l'opinione pubblica: per la prima volta si parlava apertamente di delitto di mafia, delle sue implicazioni politiche e dei tentativi di depistare le indagini, circostanze che furono pubblicamente denunciate dai deputati Napoleone Colajanni e Giuseppe de Felice Giuffrida con interrogazioni parlamentari e pamphlet polemici.[5][11] Nel luglio 1902 Palizzolo e Fontana vennero giudicati colpevoli e condannati a 30 anni di reclusione, ma la Cassazione annullò la sentenza di Bologna per vizi di forma.[5] Lo scandalo assunse proporzioni tali che si costituì addirittura un "Comitato Pro-Sicilia", cui aderirono intellettuali quali Giuseppe Pitrè e Federico De Roberto, il quale mirava a difendere l’isola offesa dalle accuse lanciate nel processo, negando addirittura l'esistenza della mafia, ritenuta un'invenzione dei settentrionali per diffamare la Sicilia.[10][11] Nel nuovo processo che si tenne a Firenze venne convocato un solo importante testimone nuovo, Matteo Filippello, un sicario di mafia il quale si era deciso a confessare il delitto e ad accusare l'ex compagno Fontana e il mandante Palizzolo ma venne trovato impiccato prima di testimoniare, ufficialmente suicida.[10] Perciò nel luglio 1904 Palizzolo e Fontana vennero assolti dalla Corte d'assise di Firenze per insufficienza di prove.[5]

Onorificenze[modifica | modifica wikitesto]

Gran Cordone dell'ordine della Corona d'Italia - nastrino per uniforme ordinaria
«Sulla proposta del Ministro di Agricoltura, Industria e Commercio»
— 16 febbraio 1890[13]

Citazioni e riferimenti[modifica | modifica wikitesto]

Busto di Emanuele Notarbartolo

È ricordato con una statua realizzata dallo scultore Antonio Ugo, con un piedistallo dell'architetto Ernesto Basile, nell'atrio del Palazzo delle Finanze a Palermo. L'opera fu inaugurata nel 1900.[14]

La vicenda del delitto Notarbartolo è al centro del romanzo Il cigno, dello scrittore Sebastiano Vassalli, Einaudi, Torino, 1993.

L'assassinio di Emanuele Notarbartolo è raccontato nella miniserie televisiva del 1980 Il delitto Notarbartolo, di Alberto Negrin, in cui il politico siciliano venne interpretato da Ivo Garrani.

Nel 1994 il Teatro Stabile di Catania ha messo in scena Il caso Notarbartolo di Filippo Arriva, con protagonista Ilaria Occhini, in scena al Teatro Verga. Lo spettacolo viene presentato lo stesso anno al Teatro Valle di Roma.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ La prima vittima eccellente di mafia, dopo l'Unità d'Italia, fu il gentiluomo Mario Pancari di Vittoria nel 1871 (v. Relazione sull'ordine pubblico in provincia di Siracusa, del Prefetto Tiberio Berardi al Ministro, nel 1876).
  2. ^ Emanuele Notarbartolo, su Archivio biografico comunale. URL consultato il 30 aprile 2018 (archiviato dall'url originale il 3 maggio 2009).
    «Il suo fu il primo delitto eccellente compiuto dalla mafia.»
  3. ^ a b Tommaso Romano, Una Grande Famiglia: i Notarbartolo, su tradizionedifamiglie.blogspot.it, Tradizione di famiglie, 8 aprile 2017. URL consultato il 30 aprile 2018 (archiviato il 1º maggio 2018).
    «è il primo vero martire ucciso dalla mafia»
  4. ^ Copia archiviata, su treccani.it. URL consultato il 12 novembre 2015 (archiviato il 16 novembre 2015).
  5. ^ a b c d e f Paolo Mieli, Mafia e politica, il connubio: nel 1893 la prima vittima eccellente, su Corriere della Sera, 11 ottobre 2019. URL consultato il 18 maggio 2022.
  6. ^ a b c Colajanni, p. 18
  7. ^ L’omicidio Notarbartolo, quando il mondo scoprì la mafia, su palermoviva.it, 11 febbraio 2021. URL consultato il 12 febbraio 2021.
  8. ^ Samuele Schirò, Via Emanuele Notarbartolo | www.palermoviva.it, su palermoviva.it. URL consultato il 13 gennaio 2020 (archiviato il 13 gennaio 2020).
  9. ^ Giovanni Tessitore Il nome e la cosa: quando la mafia non si chiamava mafia FrancoAngeli Editore, 1997 pag. 145, su books.google.it. URL consultato l'8 giugno 2015 (archiviato il 16 novembre 2015).
  10. ^ a b c d e f Salvatore Lupo, Tra banca e politica: il delitto Notarbartolo (PDF). Rivista Meridiana
  11. ^ a b c d e f NOTARBARTOLO di San Giovanni, Emanuele in "Dizionario Biografico", su treccani.it. URL consultato il 16 maggio 2022.
  12. ^ IL DUCA DELLA VERDURA, SINDACO DELLE, su Archivio - la Repubblica.it. URL consultato il 20 maggio 2022.
  13. ^ Ordine della Corona d'Italia, in Gazzetta ufficiale, 24 marzo 1890. URL consultato il 9 settembre 2017 (archiviato il 9 settembre 2017).
  14. ^ Rosario Lentini, Un busto, un personaggio, una storia dimenticata, in PER n. 40, settembre-dicembre 2014, pp. 26-28

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

Altri progetti[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

Predecessore Sindaco di Palermo Successore
Domenico Peranni 1873-1876 Francesco Paolo Perez
Controllo di autoritàVIAF (EN47564443 · ISNI (EN0000 0000 3133 6261 · SBN PALV020259 · LCCN (ENn93004798 · GND (DE119113872 · WorldCat Identities (ENlccn-n93004798