Elegie romane (Goethe)

Elegie Romane
Titolo originaleRömische Elegien
Dettaglio da Goethe nella campagna romana, di Johann Heinrich Wilhelm Tischbein
AutoreJohann Wolfgang von Goethe
1ª ed. originale1790
Generepoesia
Lingua originaletedesco

Le Elegie romane sono un ciclo di ventiquattro poesie di Johann Wolfgang von Goethe, originariamente intitolato Erotica Romana, composte tra il 1788 e il 1790, di ritorno dal suo viaggio in Italia, durato dal 1786 al 1788. In esse Goethe rievoca il suo soggiorno romano appena trascorso, ispirandosi alle elegie d'amore dei poeti dell'età classica, come Catullo, Ovidio, Properzio e Tibullo.

Contenuto[modifica | modifica wikitesto]

(Tedesco)

«Saget Steine mir an, o sprecht, ihr hohen Paläste.
Straßen redet ein Wort! Genius regst du dich nicht?
Ja es ist alles beseelt in deinen heiligen Mauern
Ewige Roma. [...]»

(IT)

«Ditemi, o pietre! parlatemi, eccelsi palagi!
Date una voce, o vie! Né tu ti scuoti, o genio?
Sí, qui un'anima ha tutto, fra queste divine tue mura,
eterna Roma! [...]»

Ritratto di Goethe nella campagna romana (dettaglio)

L'opera unisce l'entusiasmo per la Roma antica alla passione d'amore provata dal poeta per una giovane fanciulla di nome Faustina, la cui identità non è ben definita. Si trattava presumibilmente di Faustina Antonini, figlia di un oste dell'«Osteria alla Campana» in vicolo Monte Savello.[1][2]

C'è anche chi ha visto in lei una figura idealizzata, sul modello delle donne della classicità pagana, o l'immagine di Christiane Vulpius che Goethe avrebbe sposato di lì a poco.[3] Nel suo Viaggio in Italia, peraltro, Goethe racconta soltanto di aver incontrato una «graziosissima romana» di cui non fa il nome,[4] mentre nelle Elegie il suo nome ricorre una sola volta: «[...] Per questo Faustina mi rende felice! / Ella è fedele, e lieta partecipa al mio letto».[5]

Con le Elegie Goethe si immerge nell'atmosfera dell'antichità pagana e augustea, celebrando la sensualità e il vigore della cultura classica e italiana.

(Tedesco)

«Rhea Sylvia wandelt, die fürstliche Jungfrau, der Tyber
Wasser zu schöpfen hinab, und sie ergreifet der Gott.
So erzeugte sich Mars zwey Söhne! – die Zwillinge tränket
Eine Wölfinn, und Rom nennt sich die Fürstin der Welt.»

(IT)

«Rea Silvia al Tebro s'avvia, la vergin regale,
per attinger de l'acqua, e la sorprende il Nume.
Cosi Marte s'avea figliuoli! Una lupa i gemelli
nutre, e si chiama Roma la sovrana del mondo.»

Goethe ritratto da Tischbein nel 1787 alla finestra del suo appartamento a Roma, in via del Corso 18

Nella quinta elegia Goethe esprime il connubio tra l'avventura erotica e il viaggio di istruzione:

(Tedesco)

«Froh empfind' ich mich nun auf klassischem Boden begeistert,
Lauter und reizender spricht Vorwelt und Mitwelt zu mir.
Ich befolge den Rath, durchblättere die Werke der Alten
Mit geschäftiger Hand täglich mit neuem Genuß.
Aber die Nächte hindurch hält Amor mich anders beschäftigt.»

(IT)

«Lieto e ispirato or qui sul classico suolo mi sento,
con forza piú gentile parlanmi qui due mondi.
Qui seguo il consiglio, a l'opre mi do dei maggiori
con premurosa mano, sempre con nuova gioja
Però le notti amore mi tiene altrimenti occupato.»

Se l'amore per Faustina lo priva delle ore del giorno dedicate al culto delle antiche vestigia, lo ricompensa però di notte rendendogli una doppia gioia.

Tra i vari episodi riportati, nella XV elegia il poeta descrive come, ad un banchetto, Faustina utilizzi del vino caduto da un bicchiere per scrivere con le dita l'orario di un appuntamento amoroso, eludendo così la sorveglianza dello zio e della madre. Nella XVI Goethe scambia uno spaventapasseri in una vigna con lo zio di Faustina, piuttosto sospettoso nei loro riguardi, trattenendosi così dal recarsi nel luogo concordato con lei.

Le elegie variano notevolmente in lunghezza l'una dall'altra. Sono scritte in distici come gli antichi modelli da cui traggono spunto: agli esametri e ai pentametri il poeta affida il segreto di «com'ella i dí m'allegri, le notti mi feliciti».[6]

Composizione[modifica | modifica wikitesto]

«Sì, io posso dire che solamente a Roma ho sentito che cosa voglia dire essere un uomo. Non sono mai più ritornato ad uno stato d'animo così elevato, né a una tale felicità di sentire. Confrontando il mio stato d'animo di quando ero in Roma, non sono stato, da allora, mai più felice.»

Le Elegie romane segnarono un punto di svolta nella vita di Goethe: sono una testimonianza dell'emancipazione personale del poeta della ristrettezza delle condizioni in cui si trovava a Weimar, facendo rinascere in lui lo spirito creativo e il desiderio di bellezza, sia artistica che sentimentale.

(Tedesco)

«O wie fühl ich in Rom mich so froh! Gedenk ich der Zeiten,
Da mich ein graulicher Tag hinten im Norden umfing,
Trübe der Himmel und schwer auf meinen Scheitel sich neigte,
Farb' und gestaltlos die Welt um den Ermatteten lag,
Und ich über mein Ich, des unbefriedigten Geistes
Düstre Wege zu spähn, still in Betrachtung versank.»

(IT)

«Come lieto mi sento qui in Roma! Ripenso quel tempo,
in cui laggiú, nel norte, grigio opprimeami il giorno.
Torbido il cielo e grave sul capo pesavami, e muto
di colore e di forma stendeasi intorno il mondo.
Ed io su me spiando de l'animo ognora scontento
la fosca via, cadevo muto sui miei pensieri.»

Delle ventiquattro elegie, Goethe all'inizio ne scartò quattro per il loro contenuto esplicitamente erotico, che verranno pubblicate parzialmente solo nel 1896, e integralmente nel 1914 insieme agli Epigrammi veneziani scritti durante il suo secondo e più breve viaggio in Italia compiuto nel 1790. Già alla loro prima apparizione nel 1795, peraltro, avvenuta sul mensile Die Horen diretto da Schiller, le venti Elegie romane che Goethe fece stampare furono giudicate troppo licenziose dalla critica.

In Italia furono rese note grazie a una traduzione dello scrittore e poeta Luigi Pirandello del 1896.

Traduzioni[modifica | modifica wikitesto]

  • Elegie romane e Idilli, trad. Andrea Maffei, Le Monnier, Firenze 1875
  • Elegie romane, trad. Luigi di S. Giusto, Roux, Torino 1893; Paravia, Torino 1924
  • Elegie Romane Archiviato il 3 aprile 2016 in Internet Archive., tradotte da Luigi Pirandello, illustrate da Ugo Fleres, Livorno, Giusti editore, 1896; nuova ed. con le quattro elegie censurate a cura di Ginevra Latini, Roma, Arbor Sapientiae, 2015
  • Elegie romane, trad. Giulio D. Leoni, Polemica, Faenza 1932
  • Elegie romane, trad. latina di Luigi Illuminati, prefazione di Guido Mazzoni, Degli Orfini, Genova 1939
  • Elegie Romane, trad. Anselmo Turazza, saggio introduttivo di Sergio Solmi, Ricciardi, Milano-Napoli 1974
  • Elegie romane, trad. Roberto Fertonani, Milano, Mondadori, 1979
  • Elegie romane ed epigrammi veneziani, trad. Andrea Landolfi, Roma, Elliott, 2017

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Le passioni romane di Goethe.
  2. ^ Le antiche osterie romane Archiviato il 10 agosto 2013 in Internet Archive., pag. 30.
  3. ^ Tra classico ed erotico: le Elegie romane di Goethe,
  4. ^ Johann Wolfgang von Goethe, Poesie d'amore, Newton Compton Editori, 2011.
  5. ^ J. W. Goethe, dall'elegia XVIII, vv. 9-10, trad. it. di Luigi PirandelloDarum macht mich Faustine so glücklich, sie theilet das Lager / Gerne mit mir und bewahrt Treue dem Treuen genau».
  6. ^ J.W.Goethe, XX elegia, vv. 21-22 («Dir Hexameter, dir Pentameter sey es vertrauet / Wie sie des Tags mich erfreut, wie sie des Nachts mich beglückt»).
  7. ^ Citato in Attilio Brilli, Viaggi in corso, pag. 16, Il Mulino, 2004.

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

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