Carlo Borsani

Carlo Borsani
Carlo Borsani
NascitaLegnano, 29 agosto 1917
MorteMilano, 29 aprile 1945
Cause della morteEsecuzione tramite colpo di pistola alla nuca
Dati militari
Paese servitoBandiera dell'Italia Regno d'Italia
Bandiera della Repubblica Sociale Italiana Repubblica Sociale Italiana
Forza armataRegio Esercito
ArmaFanteria
Reparto3º Battaglione, 7º Reggimento, 6ª Divisione fanteria "Cuneo"
Anni di servizio1939-1941
GradoSottotenente di complemento
GuerreSeconda guerra mondiale
CampagneCampagna italiana di Grecia
BattaglieBattaglia delle Alpi Occidentali
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Carlo Borsani (Legnano, 29 agosto 1917Milano, 29 aprile 1945) è stato un militare, giornalista, poeta e attivista italiano, decorato con la medaglia d'oro al valor militare durante la seconda guerra mondiale e personalità di spicco della Repubblica Sociale Italiana.

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

Carlo Borsani (sulla sinistra) e Benito Mussolini
Carlo Borsani (sulla sinistra) e Niccolò Nicchiarelli

Nacque a Legnano il 29 agosto 1917,[1] figlio di Raffaele,[2] un operaio della Franco Tosi Meccanica. Rimasto orfano di padre, morto per un incidente sul lavoro, in giovane età visse per molto tempo in condizioni di povertà. Con grandi sacrifici della madre, Maria Pizzi, riuscì dapprima a compiere gli studi liceali presso il Collegio Vescovile di Lodi e poi ad iscriversi alla Facoltà di Lettere dell'Università Statale di Milano.[1]

Frequentò il Corso Allievi Ufficiali di complemento a Salerno, da cui uscì con il grado di sottotenente il 12 marzo 1939. Mentre compiva il servizio di prima nomina nel 7º Reggimento fanteria di Milano, il 10 giugno 1940 l'Italia entrò nella seconda guerra mondiale. Il suo reparto fu subito trasferito a Limone Piemonte, in vista dell'inizio delle operazioni belliche contro la Francia.[1]

Con l'inizio della Campagna di Grecia, il 28 ottobre 1940, la 6ª Divisione fanteria "Cuneo" fu trasferita in Albania,[3] e il 7º Reggimento sbarcò a Valona il 22 dicembre. Insieme al 3º battaglione fu temporaneamente aggregato alla 33ª Divisione fanteria "Acqui" e il 4 gennaio 1941 rimase ferito durante un combattimento a Mai Skukarit, oltre il Passo Logora.[1]

Il 9 marzo, durante un combattimento sulle pendici del Monte Mussarit, fu colpito alle gambe da un proiettile di mitragliatrice e, mentre lo trasportavano verso le retrovie su di una barella, una granata di mortaio gli cadde vicino, uccidendo tre dei barellieri e ferendolo gravemente alla testa.[4]

Creduto morto, mentre lo stavano seppellendo qualcuno si accorse che muoveva una mano e fu subito trasportato presso l'ospedale da campo di Krionero dove lo operarono salvandogli la vita. Rimasto completamente cieco, a causa di questo episodio fu decorato, dapprima con una medaglia d'argento al valor militare, successivamente trasformata in medaglia d'oro, e dichiarato mutilato e grande invalido di guerra.[5]

Ristabilitosi dalla grave ferita riprese gli studi, nel marzo 1942 pubblicò per Garzanti le sue prime poesie, nel giugno dello stesso anno si laureò[5] in letteratura italiana[6] e il 21 ottobre si unì in matrimonio con la signorina Franca Longhitano, una studentessa sedicenne che lo aveva aiutato a studiare.[7][8]

Dopo l'armistizio dell'8 settembre 1943 aderì alla Repubblica Sociale Italiana,[5] ricoprendo l'incarico di presidente dell'Associazione nazionale mutilati e invalidi di guerra; in RSI otterrà l'erogazione della pensione anche per gli invalidi del lavoro. Il 23 gennaio 1944 assunse il posto di direttore di un nuovo quotidiano, La Repubblica Fascista,[9] una direzione affidatagli direttamente da Mussolini.[10] Affiancato dal suo capo redattore Sebastiano Caprino rimase sei mesi al posto di direttore, poi i suoi appelli a superare gli odii fratricidi gli valsero l'ostilità del tandem oltranzista Farinacci-Pavolini[5] che ne chiese la testa[11] a Mussolini.[9]

Durante il periodo della Resistenza si adoperò per salvare vite, ebree e non, come - per esempio e come riportato da Gariwo - Suor Enrichetta Alfieri, membro della Resistenza e staffetta partigiana, nota come l'Angelo di San Vittore.

Tomba di Carlo Borsani nel Campo X del Cimitero Maggiore di Milano

Il 10 luglio 1944 uscì il suo ultimo articolo di fondo su La Repubblica Fascista, prima di essere licenziato e sostituito nell'incarico da Enzo Pezzato.[9] Aveva come titolo "Per incontrarci": un'apertura di dialogo con chi stava dall'altra parte, rivolto agli antifascisti. In seguito collaborò con i fondatori del Partito Nazionale Repubblicano Socialista, autorizzato il 13 febbraio 1945, e il 15 aprile fu tra i manifestanti convocati dal Sottosegretario di Stato alla Marina Repubblicana Bruno Gemelli nelle vie di Milano.

Carlo Borsani durante un comizio

Trascorse la sera del 25 aprile 1945 con i Marò della Decima MAS e la notte all'Albergo Nord in Piazza della Repubblica a Milano, dove, al mattino, rifiutò l'offerta di Junio Valerio Borghese di un espatrio. Si rifugiò all'Istituto Oftalmico, ma il 27, a seguito di una delazione, fu rinchiuso nei sotterranei del Palazzo di Giustizia. Nel pomeriggio del 29 aprile,[5] insieme a don Tullio Calcagno, direttore della rivista Crociata Italica, venne condotto nelle Scuole di Viale Romagna e da lì in Piazzale Susa, dove fu ucciso da un gruppo partigiano comunista con un colpo alla nuca.

Il suo cadavere, gettato su un carretto della spazzatura,[5] dopo aver girato per le vie dell'Ortica, Monluè e Città Studi, con al collo il cartello "ex medaglia d'oro", giunse all'obitorio. Da lì fu portato e sepolto al cimitero di Musocco. Il suo portafogli e la sua medaglia non furono mai più ritrovati.

Già padre di Raffaella, bimba di poco meno di un anno e mezzo, quasi 5 mesi dopo la sua morte nacque il secondogenito, chiamato anch'egli Carlo, che diverrà assessore alla sanità della Regione Lombardia.[7]

Nel 2005 venne proposto a Gabriele Nissim di ricordare Carlo Borsani con un albero nel Giardino dei Giusti che sorge a San Siro per aver usato «la sua autorità, la sua posizione non secondaria nel Regime, per chiedere al capo della polizia di Milano di impedire che alcune persone fossero deportate. Un intervento dettato dalla coscienza: Borsani, come Pešev, considerava fondamentale la vita umana»; Gabriele Nissim rispose: «Non mi sottraggo. Il merito di una persona che ha agito indipendentemente dal proprio credo politico va riconosciuto, io credo che a San Siro si possa piantare un albero per ricordare "il fascista" Carlo Borsani. Perché i buoni non stanno da una parte sola, e chi non lo riconosce è solo accecato dall'ideologia»: la proposta non ebbe poi seguito[12]. A Carlo Borsani sono stati dedicati un piazzale nella natia Legnano, e una via a Bari e una a Goito.

Opere[modifica | modifica wikitesto]

Onorificenze[modifica | modifica wikitesto]

Medaglia d'oro al valor militare - nastrino per uniforme ordinaria
«Ferito tre volte durante tenace difesa per mantenere il possesso di delicata posizione, ancora degente all'ospedale, chiedeva e otteneva di partecipare col proprio reparto a nuovo cimento. Assunto volontariamente il comando di un plotone moschettieri arditi, guidava i suoi fanti all'assalto di munita posizione nemica tenacemente difesa. Benché ferito alle gambe da una raffica di mitragliatrice, non desisteva dalla lotta e, nel generoso tentativo di spingersi ad ogni costo sull'obiettivo assegnato, restava più gravemente ferito al viso, agli occhi ed in varie parti del corpo da schegge di bombe da mortaio. Ricoverato in gravissime condizioni, conscio ormai che la vista era irrimediabilmente perduta, esprimeva solo il rammarico di dover desistere dalla lotta, confermando la sua fede e la sua piena dedizione alla Patria.»
— Quota 1252 di Allonaqiti (Fronte greco), 9 marzo 1941.[17]
Medaglia d'argento al valor militare - nastrino per uniforme ordinaria
«Volontario comandante del plotone moschettieri arditi, guidava i suoi fanti su munita posizione tenacemente difesa. Ferito, continuava ad incitare i più audaci all'azione e a dare ordini per una migliore sistemazione del reparto fatto segno a violenta reazione nemica. Ferito ancor più gravemente in varie parti del corpo da schegge di bombe da mortaio, esprimeva soltanto il rammarico di non poter terminare l'azione. Già distintosi in precedenti combattimenti per audacia e sprezzo del pericolo.»
— Quota 1252 di Allonaqiti (Fronte greco), 9 marzo 1941.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b c d Giorgio Vecchio, Nicoletta Bigatti, Alberto Centinaio, Giorni di guerra. Legnano 1939-1945, Eo Ipso, Legnano, 2009, pag.168-174.
  2. ^ Suo padre ricoprì l'incarico di segretario della locale sezione del Partito Socialista Italiano.
  3. ^ Aveva appena scritto l'inno del suo reggimento quando l'unità fu inviata in Albania.
  4. ^ Il colpo di mortaio gli scoperchiò letteralmente il cranio.
  5. ^ a b c d e f Salfi 2014, p. 50.
  6. ^ Con una tesi intitolata: Gli aspetti della poesia classica nei confronti di quella moderna.
  7. ^ a b CARLO BORSANI, su carloborsani.blogspot.it. URL consultato il 15 aprile 2017 (archiviato dall'url originale il 10 aprile 2018).
  8. ^ La coppia avrà due figli, Raffaella (4 novembre 1943) e Carlo jr. (26 settembre 1945).
  9. ^ a b c Rossi 2003, p. 103.
  10. ^ Una volta Mussolini ebbe a definirlo Un falso fascista.
  11. ^ A loro si unì anche Mezzasoma, in quanto Borsani era critico verso il problema razziale e i primi articoli su quel tema apparvero sulla rivista La Repubblica fascista solo sotto la direzione di Pezzato.
  12. ^ Nissim: 'Io dico sì Lo merita chi salvò delle vite umane
  13. ^ PALIO DI LEGNANO: UNA POESIA DI CARLO BORSANI, su legnanonews.com. URL consultato il 15 aprile 2017.
  14. ^ a b Borsani, la dolorosa eredità di un onesto repubblichino, in ilGiornale.it. URL consultato il 16 aprile 2017.
  15. ^ Eroi senza medaglia, su mymilitaria.it. URL consultato il 16 aprile 2017 (archiviato dall'url originale il 12 settembre 2016).
  16. ^ 29 aprile 2016 – I recitativi | Sergio Ramelli, su sergioramelli.it. URL consultato il 16 aprile 2017.
  17. ^ BORSANI Carlo. Medaglia d'oro al valor militare, su quirinale.it.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Giorgio Almirante e Carlo Borsani jr., Carlo Borsani, Roma, Ciarrapico Editore, 1979.
  • Carlo Borsani jr., Carlo Borsani. Una vita per un sogno. 1917-1945, Milano, Ugo Mursia Editore, 1995, ISBN 978-88-425-1819-8.
  • Gianni Rossi, La destra e gli ebrei: una storia italiana, Soveria Mannelli, Rubbettino Editore, 2003.
  • Benedetta Borsani e Luciano Garibaldi, Un'altra storia, Roma, M&B Publishing, 2007, ISBN 88-7451-047-0.
  • Giorgio Vecchio, Nicoletta Bigatti e Alberto Centinaio, Giorni di guerra. Legnano 1939-1945, Marnate, Eo Ipso Editore, 2009, pp. 168-174.
  • Vincenzo Salfi, Il mondo dissolto: Autoritratto della Rsi, Roma, Edizioni Nuova Cultura, 2014, ISBN 88-6812-281-2.

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

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