Trimarcisia

Trimacisia[1] è un termine militare di origine celtica, già traslitterato in greco come τριμαρκισία. Il vocabolo indicava una particolare tattica militare della cavalleria celtica, comportante l'avvicendamento in battaglia di tre cavalieri. La tattica è descritta da Pausania che la riferisce ai Galati, durante le spedizioni celtiche nei Balcani[2].

Etimologia[modifica | modifica wikitesto]

L'etimologia della parola non è nota con certezza. Secondo Pausania[2], il termine derivava derivava dall'unione del numerale tri (tre) con la parola marka (μάρκαν), quest'ultimo il termine con cui i Celti avrebbero indicato, nella loro lingua, il cavallo. Quest'ultima circostanza, in effetti, troverebbe una corrispondenza nella radice *mark-os di parole per "cavallo da sella": la radice è attestata nelle lingue celtiche e germaniche ma non in altri idiomi indoeuropei, così che l'etimologia della radice stessa rimane incerta ed è stata oggetto di numerose ipotesi[3] Antoine Meillet lo riteneva un antico prestito celto-germanico di origine sconosciuta[4].

Descrizione[modifica | modifica wikitesto]

Nella trimarcisia ogni cavaliere era spalleggiato da due servitori, entrambi abili cavalieri, e muniti ciascuno di un proprio cavallo, che stazionavano in seconda fila in attesa di intervenire: nel caso in cui il loro signore fosse stato disarcionato, a seguito del ferimento o dell'uccisione dall'animale, potevano rifornirlo di un cavallo di riserva. Uno dei due poteva invece sostituirlo in battaglia, in caso di ferimento o morte, mentre l'altro schiavo poteva riaccompagnare il ferito al campo[2].

Ne conseguiva che il numero dei cavalieri realmente impegnati nei combattimenti di cavalleria era un terzo degli effettivi disponibili.[2]

Origine[modifica | modifica wikitesto]

La tattica, secondo Pausania,[2] era ispirata a quella utilizzata dai Diecimila immortali del Gran Re di Persia, con una sostanziale modifica: mentre i Persiani rimpiazzavano le perdite al termine della battaglia, i Celti reintegravano il numero di guerrieri nel vivo del combattimento.[2]

Utilizzo[modifica | modifica wikitesto]

Si ha menzione del suo utilizzo durante l'invasione celtica di Macedonia e Grecia che minacciò il recinto sacro di Apollo a Delfi nel 279 a.C. In quel caso, ad esempio il numero totale dei cavalieri era di 61.200, mentre quelli effettivamente impegnati in contemporanea ammontavano a 20.400[2]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Altre forme d'uso alternative sono: trimarkisia, trimarchisia, trimarrisia.
  2. ^ a b c d e f g Pausania, Periegesi della Grecia, X.19 (testo greco e versione inglese su Perseus project).
  3. ^ Hildegard L. C. Tristram (a cura di), The Celtic Languages in Contact. Papers from the Workshop within the Framework of the XIII International Conference of Celtic Studies. Bonn, 26–27 luglio 2007, Universitätsverlag Potsdam, 2007, pp. 4–5.
  4. ^ Antoine Meillet, Caractères généraux des langues germaniques, Librairie Hachette, 1926 (p. 229)

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]