Teatro Tordinona

Teatro Tordinona
Roma, via degli Acquasparta, sede moderna del teatro Tor di Nona.
Ubicazione
StatoBandiera dell'Italia Italia
LocalitàRoma
IndirizzoVia degli Acquasparta 16, 00186 Roma
Dati tecnici
TipoTre sale
Realizzazione
CostruzioneXVII secolo
Inaugurazione1671
ArchitettoCarlo Fontana, (primo stabile) - Felice Giorgi, (secondo stabile) -
Sito ufficiale

Il Teatro Tordinona è un teatro di Roma.

Conosciuto anche come Sala Pirandello, porta il nome di uno dei più importanti teatri romani distrutto nel 1888 che era conosciuto anche come teatro Apollo-Tordinona, Tordinona-Apollo o solamente Apollo.

Storia[modifica | modifica wikitesto]

Il teatro sorse nel 1670 per volere della sovrana Cristina di Svezia che pregò il proprio segretario, il conte Giacomo d'Alibert, di intercedere presso il papa Clemente IX per la cessione di un immobile, precedentemente di proprietà della famiglia Orsini, sito dove ora sono gli argini del Tevere, sull'attuale lungotevere Tordinona, adibito fino al 1657 a carcere e, successivamente, a locanda.

Il primo teatro (1670 - 1697)[modifica | modifica wikitesto]

Dopo la costruzione delle Carceri Nove in via Giulia, lo stabile era stato abbandonato dai detenuti ed affidato in enfiteusi ad una confraternita di frati, che ne ricavò una locanda, destinata a fallire nel 1663 a causa della scarsa sicurezza della zona.[1] Un primo tentativo di trasformazione dello stabile in teatro c'era già stato da parte della Confraternita, ma il diniego del papa Alessandro VII, all'epoca regnante dello Stato Pontificio ed avverso all'arte teatrale, ne aveva reso impossibile l'attuazione. Nonostante ciò, alcuni documenti riportano la data 1660 come nascita del teatro.[2]

I lavori per adattare lo stabile a teatro vennero affidati a Carlo Fontana, architetto della Confraternita, che rimaneva proprietaria dello stabile affittandolo al prezzo di duecentocinquanta scudi l'anno al d'Alibert.[3] La sala, di circa 16x22 metri, era ad "U" nella tradizione del teatro all'italiana,[4] composta da sei ordini di palchi.[5] La costruzione lignea era decorata, negli interni, dai pittori Magno e Jovanelli,[6] ed era accessibile sia da terra che dal fiume. L'inaugurazione avvenne nella primavera del 1670 con uno spettacolo di Tiberio Fiorilli, a cui venne affidata l'intera stagione teatrale.

Poiché le rappresentazioni erano permesse unicamente nel periodo di carnevale, d'Alibert rimase seccato nel sapere che Filippo Acciaiuoli, frequentatore del salotto dell'Arcadia di Cristina di Svezia, aveva ottenuto il permesso da parte del nuovo pontefice, Clemente X, di rappresentare spettacoli al di fuori del periodo deputato: per questo motivo, per rendere possibili gli allestimenti, il teatro Tordinona passò nelle mani dell'Acciaiuoli che lo rilevò in affitto per milleduecentocinquanta scudi l'anno.[7]

Sotto la "direzione artistica" dell'Acciaiuoli il palcoscenico fu calcato da donne, precisamente dal 1671 al 1674.[8] Nel 1671 ebbero la prima assoluta Amanti, che credete e Chi mi conoscera di Alessandro Stradella, Il novello Giasone e Scipione Africano di Acciaiuoli, nel 1672 O ve', che figurace di Stradella e nel 1673 L'amor per vendetta, overo L'Alcasta di Bernardo Pasquini.

Successivamente la direzione passò a Marcello De Rosis. Nel 1675 il teatro venne chiuso per i festeggiamenti del Giubileo, e rimase in disuso per sedici anni. Riaperto nel 1690 e completamente rinnovato negli interni, con la costruzione della sala a ferro di cavallo, venne demolito nel 1697 per ordine di Innocenzo XII, pontefice avverso all'arte teatrale.

Il secondo teatro (1733 - 1781)[modifica | modifica wikitesto]

Solo l'intervento del papa Clemente XII permise la ricostruzione dello stabile, ad intere spese dello Stato Pontificio: la nuova pianta era quasi circolare, con un ridotto numero di palchi (quattro, rispetto ai sei precedenti) e l'inaugurazione avvenne il 12 gennaio 1733 con l'opera il Coralbo. (Valesio, Diario di Roma, tomo XIX, 1733, c. 2r).

Nel 1735 avvenne la prima assoluta di L'Olimpiade di Giovanni Battista Pergolesi.

La programmazione, che aveva subito un calo qualitativo nel tempo,[9] non inficiò la frequenza degli spettatori, che frequentarono il Tordinona fino alla chiusura, per restauri, del 1762. La riapertura avvenne nel 1764, e nel 1768 nuovi lavori modificarono l'aspetto complessivo della sala. Il 29 gennaio 1781, tuttavia, un incendio incenerì l'intera struttura, che era completamente costruita in legno.[10]

Il terzo teatro (1795 - 1888)[modifica | modifica wikitesto]

Memoria del Teatro Apollo, demolito nel 1888. La stele commemorativa si trova sul lungotevere Tor di Nona

Il progetto per la ricostruzione fu affidato a Natale Marini e successivamente a Giuseppe Tarquini, che disponeva di mezzi finanziari per l'operazione. Il crollo della struttura in fase di realizzazione, a causa della scarsa qualità dei materiali impiegati, fece sì che venisse scelto Felice Giorgi per la progettazione: il nuovo teatro, ribattezzato Teatro Apollo, fu pronto nel 1795, cambiando però proprietario diverse volte, dal principe Francesco Publicola Santacroce al principe Giovanni Torlonia, che nel 1820 rinnovò nuovamente lo stabile. Nel 1795 avvenne la prima assoluta di La sposa polacca di Marcello Bernardini, nel 1796 di I viaggiatori amanti di Valentino Fioravanti e nel 1805 di La vedova contrastata di Pietro Carlo Guglielmi. Il 24 febbraio 1821 avviene la prima assoluta di Matilde di Shabran di Gioachino Rossini diretta da Niccolò Paganini ed il successivo 26 dicembre di La capricciosa ed il soldato o sia Un momento di lezione di Michele Carafa.

Il 1831 vide un ulteriore rifacimento del Tordinona-Apollo[11], con l'acquisizione di una facciata disegnata da Giuseppe Valadier e commissionata dal proprietario di allora, Alessandro Torlonia. Il nuovo prospetto, in stile neoclassico, si componeva di una facciata divisa in due da una balconata, sulla quale si aprivano tre archi a tutto tondo, separati da colonne[12], nei quali trovavano posto tre grandi porte finestre rettangolari. Alla sommità dell'arco centrale, campeggiava la scritta "Teatro di Apollo". La nuova veste del teatro permise il cambio della programmazione dalla prosa all'opera: vi si produssero opere di Vincenzo Bellini, Gaetano Donizetti, Giuseppe Verdi, mentre la direzione del teatro passò dagli impresari Lanari e Camusi a Vincenzo Jacovacci e poi a Nicola Carnevali. Nel 1831 avviene la prima assoluta di Il corsaro di Giovanni Pacini e nel 1839 di Furio Camillo di Pacini con Carolina Ungher.

L'11 febbraio 1841 avviene la prima assoluta di Adelia (opera) di Donizetti con Lorenzo Salvi, Ignazio Marini e Giuseppina Strepponi e nel 1845 di Virginia di Nicola Vaccai. Il 19 gennaio 1853 avviene la prima assoluta di Il trovatore di Giuseppe Verdi con Giovanni Guicciardi, Rosina Penco ed Emilia Goggi. Il 17 febbraio 1859 avviene la prima assoluta di Un ballo in maschera con Gaetano Fraschini e Leone Giraldoni, nel 1860 di Stefania di Raffaele Gentili, nel 1861 di Il mulattiere di Toledo di Pacini e nel 1866 di Caterina Howard di Errico Petrella.

Il teatro riabilitò il proprio nome, divenendo teatro di prima categoria: nel 1870 vi fu aggiunto il palco reale, in onore al re d'Italia Vittorio Emanuele II di Savoia. Nel 1882 avviene la prima assoluta di Le duc d'Albe di Donizetti con Leone Giraldoni e nel 1887 di Giuditta di Stanislao Falchi. Nonostante il successo, i lavori per la costruzione degli argini del Tevere, le cui continue inondazioni minavano la sicurezza della città e dei suoi abitanti, resero necessaria la demolizione, nel 1888, dell'intero teatro, che affacciava sul fiume. Solo nel 1925 venne costruita una stele commemorativa, con un'epigrafe di Fausto Salvatori, dove sorgeva una volta il teatro.

L'attuale teatro[modifica | modifica wikitesto]

Dopo la distruzione dello stabile, l'Istituto Autonomo Case Popolari si prese carico della ricostruzione dello stesso nelle immediate adiacenze della vecchia ubicazione del teatro Tordinona, promettendo di perpetuarne il nome e la fama: nei primi anni trenta del XX secolo il Teatro Tordinona riaprì i battenti in via degli Acquasparta, nel retro dell'immobile di Calza Bini destinato a sede dell'Istituto Autonomo Case Popolari.

La frequentazione del teatro da parte del drammaturgo siciliano Luigi Pirandello, tuttavia, gli valse il cambio di nome da Teatro Tordinona a Teatro Pirandello[13] dalla fine degli anni quaranta fino al 1968, quando venne ripristinato l'antico nome. Attualmente il teatro è diretto da Renato Giordano e dispone di tre sale: una dedicata alle mostre, la seconda intitolata a Pirandello e la terza a Lee Strasberg.

Dal 2007 il teatro rischia la chiusura per mancato rinnovo del contratto di locazione all'associazione diretta da Giordano.[14]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Stefania Severi. I teatri di Roma. Roma, Newton & Compton, 1989, pag. 94.
  2. ^ La data sembra essere ricavata da un testo di Felice Giorgi del 1795, chiamato Descrizione istorica del Teatro Tordinona. Il Giorgi si occupò di studiare i diversi progetti del teatro quando fu incaricato di ricostruirlo, nel 1795.
  3. ^ Paolo Guzzi. Il teatro a Roma. Tre millenni di spettacolo. Roma, Rendina Editori, 1998, pag 99.
  4. ^ Pianta del teatro, nel progetto del Fontana.
  5. ^ Guzzi sostiene ve ne fossero sette o otto. Op. cit., pag. 100. Una ricostruzione del Giorgi, del 1795, ne fa vedere sei.
  6. ^ Stefania Severi, op. cit., pag. 95.
  7. ^ Guzzi, op. cit., pag. 101.
  8. ^ Willy Pocini, basandosi su un diario dell'abate Benedetti, sostiene che le prime donne a calcare i palchi a Roma furono Susanna Banchieri, Maria Concetta Matrilli e Anna Priori, ma nel 1798. In Willy Pocini, Le curiosità di Roma, Roma, Newton & Compton, 1985, pag. 394.
  9. ^ Stefania Severi, op. cit., pag. 96
  10. ^ Giuseppe Carletti scrisse, nello stesso anno, un poema chiamato L'incendio di Tordinona. Poema eroicomico, Venezia, 1781, in commemorazione del fatto.
  11. ^ Nonostante il nome ufficiale fosse Apollo, nella memoria dei romani rimase Tordinona. A testimonianza di ciò, valgano come esempio i numerosi sonetti di Giuseppe Gioacchino Belli, che sono dedicati al Tordinona o che lo citano con tale nomenclatura nonostante questi si chiamasse effettivamente Apollo
  12. ^ Le due colonne, in marmo cipollino, provenivano dagli scavi condotti dal Nibby alla tenuta di Romavecchia (Villa dei Quintili), nel 1828-29.
  13. ^ Dal sito ufficiale del teatro
  14. ^ Rischia la chiusura il teatro di Pirandello di Carlotta De Leo, dal Corriere della Sera del 3 aprile 2007

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Paolo Guzzi, Il teatro a Roma. Tre millenni di spettacolo, Roma, Rendina Editori, 1998, ISBN 88-86698-16-X.
  • Willy Pocino, Le curiosità di Roma, Roma, Newton & Compton, 1985, ISBN 88-541-0340-3.
  • Stefania Severi, I teatri di Roma, Roma, Newton & Compton, 1989.

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Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

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