Storia del Pakistan

La storia del Pakistan come Stato indipendente ha inizio il 14 agosto 1947, tuttavia essa si intreccia con la comune storia di tutto il subcontinente indiano e con quella della civiltà indiana civiltà bharatiana. Inoltre anche dopo il 1947 la storia pakistana è rimasta nel bene e nel male legata a filo stretto al resto del subcontinente specialmente all'India, con cui ha combattuto tre guerre, ed al Bangladesh che nacque in seguito all'indipendentismo dal Pakistan.

Localizzazione del Pakistan.

Le origini[modifica | modifica wikitesto]

Le prime popolazioni: i proto-australoidi[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Munda (popolazione).
Bhimbetka, una pittura rupestre.

Scavi archeologici hanno trovato le tracce di vari ominidi di cui però la data storica è sconosciuta e incalcolabile. I primi uomini capaci di sviluppare una certa civiltà, seppur primitiva, nell'area bharatiana sembrano essere popolazioni proto-australoidi organizzate in piccoli gruppi a loro volta uniti in tribù e che vivevano di caccia e raccolta nella foresta. I loro discendenti sono quelli che i sanatani chiamano adivasi. Presso queste antiche tribù pare vigesse il matriarcato, come testimoniato da leggende presenti nel poema epico Mahabharata diffusosi nelle tradizioni delle epoche successive. I culti di queste popolazioni erano basati sull'animismo e su un continuo rapporto con la natura. Questi primi abitanti, che parlavano una lingua di tipo Munda, furono scacciati dagli invasori successivi e si ritirarono nelle foreste e sulle montagne dove vivono ancora oggi, lasciando comunque un'importante influenza sulle successive civiltà.

La seconda civiltà indiana: i dravidi[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Dràvida e Civiltà della valle dell'Indo.
Un "Re sacerdote", statua della civiltà della valle dell'Indo.
Il simbolo più sacro del giainismo è la svastica orientata a destra.

A partire dal 4000 a.C. un popolo brachicefalo, di colore scuro, capelli neri e lisci, parlante lingue agglutinanti si diffuse nell'aria indiana accanto alle popolazioni munde: i dravidi. Queste popolazioni, appartenenti alla civiltà mediterranea, penetrarono nel subcontinente indiano da ovest e si stanziarono nella zona del bacino dell'Indo, del Gange e fino a tutta l'India centrale. A loro si deve nel III millennio a.C. lo sviluppo della cosiddetta civiltà della valle dell'Indo, di cui le città di Mohenjo-daro e Harappa (situate nel territorio dell'attuale Pakistan) sono le rappresentanti di cui abbiamo più testimonianze. Poco infatti è sopravvissuto alla successiva invasione ariana di questa cultura tanto che fu dimenticata fino ai primi scavi estesi sui siti di Harappa e di Mohenjo-Daro intorno al 1920.

Ci fu lo sviluppo dell'agricoltura, dell'uso della scrittura e dell'urbanizzazione con il sorgere di svariate città in mattoni, cotti o crudi. Frequenti furono i rapporti culturali e commerciali con la Mesopotamia e l'Antico Egitto. I testi sumeri ed accadici si riferiscono ripetutamente a un popolo con cui ebbero attivi scambi commerciali, chiamato Meluhha, che sarebbe da identificare con la civiltà della valle dell'Indo. La principale religione dravidica si fonda sul culto per la Dea Madre, per il dio Shiva, per gli alberi sacri, per alcuni animali quali la vacca e il cobra, e per i simboli sessuali (specie la venerazione del fallo) intesi come continuità del genere umano; l'altra importantissima religione era il jainismo, spesso erroneamente ritenuto di epoca molto più tarda, da cui provengono la teoria del Karma, della reincarnazione e quella della non-violenza da cui deriva per i jaina il vegetarismo. L'ascetismo jaina influenzerà moltissimo il buddhismo.

Verso il 1900 a.C., alcuni segni mostrano la comparsa dei primi problemi e, intorno al 1800 a.C., la maggior parte delle città erano state del tutto abbandonate. Una delle cause di questa rapida fine potrebbe essere stata un cambiamento climatico importante: alla metà del III millennio sappiamo che la valle dell'Indo era una regione verdeggiante, ricca di foreste e di animali selvatici, molto umida, mentre intorno al 1800 a.C. il clima si modificò, diventando più freddo e più secco. Il fattore principale fu la probabile sparizione della rete idrografica del fiume Sarasvati, citato nel Rig Veda, dovuto ad una catastrofe tettonica. La carenza improvvisa di risorse idriche portò a carestie che indebolirono a tal punto questa civiltà da renderla vulnerabile ai continui attacchi delle più primitive ma molto belligeranti tribù arie.

Nel 1300 a.C. assistiamo al consolidamento del dominio degli arii in tutto il nord-ovest indiano e progressivamente sul Panjab, sulla valle del Gange e nel 1000 a.C. fino al Gujarat. L'influenza dravidica continuerà ad essere egemone sul sud dell'India dove sorgeranno vari regni molto evoluti, principalmente il regno dei Chola, quello dei Chera, quello dei Pandya e in seguito i Pallava spesso in guerra fra loro ma che manterranno l'indipendenza da domini stranieri per più di 2000 anni.

Tuttavia le invasioni non fecero scomparire definitivamente i Dravida e la loro civiltà. Infatti nel nord gli arii dopo aver determinato, o almeno accelerato, la fine della civiltà dell'Indo finirono per acquisire e fare propria buona parte della superiore tradizione e cultura dravidica: i vinti militarmente e politicamente risultarono vincitori culturalmente. Nel sud invece, dove perdurò l'egemonia dravica, continuò fino al primo secolo dell'era cristiana la tradizione dei Sangham di cui si ha traccia[1] fin dal 9990 a.C. I Sangham erano in pratica delle riunioni di poeti che partecipavano alla stesura di grandi opere collettive che tanto hanno influenzato l'antica letteratura indiana e tamil.

La terza civiltà indiana: gli Arii[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Arii.
  • 1600-1000 a.C. l'India fu invasa da tribù di Arya, che introdussero un'antica lingua colta: il sanscrito. Da tale ceppo sono derivate le lingue parlate dalla maggior parte degli odierni abitanti dell'India: lo hindo, il bihari, il bengali ecc.
  • 1000-900 a.C.: introduzione del ferro.

L'età dei grandi imperi[modifica | modifica wikitesto]

Impero achemenide[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Impero achemenide.
L'Impero achemenide nel suo apogeo, sotto il regno di Dario il Grande.

I territori che compongono il Pakistan hanno visto sorgere l'impero persiano achemenide (540 a.C.-331 a.C.), fondato da Ciro il Grande nel 550 a.C. e poi durato fino alla conquista di Alessandro Magno. Per le sue conquiste, l'impero achemenide è il più esteso della storia antica;[2] sul finire del VI secolo a.C.; arrivò a comprendere ad est la valle dell'Indo, a nord la parte meridionale del lago d'Aral e del mar Caspio fino alla Crimea e a ovest l'Europa, a sud l'Egitto, la Mesopotamia e i monti Zagros, fra cui le terre del Punjab del Pakistan di oggi, dalle rive del Gandhara fino Mar Arabico. Tutto l'impero era saldamente controllato dal Gran Re, a cui sottostavano i satrapi.

L'epoca medioevale[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Storia dell'India.

La dominazione britannica[modifica | modifica wikitesto]

Nel 1877, Syed Ameer Ali (Sayyid Amīr ʿAlī) aveva formato la Central National Muhammadan Association per il progresso politico dei musulmani indiani, che avevano sofferto gravemente nel 1857, all'indomani della fallita rivolta dei Sepoy contro la Compagnia britannica delle Indie Orientali. I Britannici erano visti come invasori stranieri[3]. Ma l'organizzazione declinò verso la fine del XIX secolo.

Nel 1885, fu fondato il Congresso Nazionale Indiano, che divenne rapidamente un partito atto a promuovere la causa nazionalista[4]. Sebbene il Congresso avesse tentato di includere la comunità musulmana nella lotta per l'indipendenza dal British Raj, anche a causa della forte attività di alcuni membri musulmani, la maggioranza dei leader musulmani non si fidava del partito.

Una svolta avvenne nel 1900, quando l'amministrazione britannica nelle Province unite di Agra e Oudh aderì alle richieste e rese l'Hindi lingua ufficiale. Il proselitismo condotto nella regione dal movimento Ārya-Samāj, una sorta di neo-induismo politicamente imperniantesi sul nazionalismo antimusulmano, suscitò preoccupazioni e diffidenza nei musulmani, che temevano per i loro diritti dopo la partenza dei Britannici.

Lega Musulmana[modifica | modifica wikitesto]

La Lega Musulmana Panindiana fu fondata da Shaiiq-e-Mustafa nel 30 dicembre 1906, all'indomani di spartizione del Bengala, a margine dell'annuale All India Muhammadan Educational Conference a Shahbagh.[5] All'incontro parteciparono tremila delegati, presieduti dal NawwābViqar-ul-Mulk. Fu affrontata la questione della salvaguardia degli interessi dei musulmani e stilato un programma. La Costituzione e i principi della Lega erano contenuti nel "Libro verde", scritto da Maulana Mohammad Ali.
Gli obiettivi, in questa fase, non prevedevano la creazione di uno Stato islamico indipendente, ma piuttosto erano concentrati sulla protezione delle libertà e dei diritti dei musulmani, promuovendo l'intesa tra la comunità musulmana e gli altri gruppi indiani, educando la comunità musulmana e indiana in generale alle azioni del governo e scoraggiando la violenza.

Malgrado ciò, diversi eventi, fra cui l'aumento della violenza settaria, portarono a una nuova valutazione degli obiettivi della Lega nei trent'anni successivi[6][7].

Nel 1907, un gruppo di oltranzisti del Congresso Nazionale Indiano si separò da esso e iniziò a perseguire apertamente un movimento filo-induista. Questo gruppo era guidato dal trio chiamato Lal-Bal-Pal - da Lala Lajpat Rai, Bal Gangadhar Tilak e Bipin Chandra Pal, rispettivamente delle province del Punjab, di Bombay (Maharashtra) e del Bengala. La loro influenza si diffuse rapidamente tra l'altro come nazionalismo pakistano, diventando motivo di seria preoccupazione fra i musulmani.

La Lega divenne gradualmente il principale organo rappresentativo dei musulmani indiani. Muhammad Ali Jinnah ne divenne presidente nel 1916 e negoziò il patto di Lucknow con il leader del Congresso, Bal Gangadhar Tilak, che riconosceva da parte dal Parlamento britannico una rappresentanza alla comunità musulmana nel Congresso[8]. Jinnah ruppe con il Congresso nel 1920, quando il suo leader, Mahatma Gandhi, promosse una legge che contraddiceva il Movimento di Non-Cooperazione contro i Britannici.

Nel 1927, i Britannici proposero una costituzione per l'India, ma non riuscirono a riconciliare tutte le parti. Nel 1928 fu convocato un congresso di tutti i partiti a Delhi, dove si concordò di scrivere una Costituzione. Il leader del Congresso, Motilal Nehru, era a capo del comitato costituzionale che includeva due musulmani, Syed Ali Imam e Shoaib Quereshi; il figlio di Motilal, Jawaharlal Nehru, era il suo Segretario. La Lega, tuttavia, respinse la relazione della commissione, il cosiddetto "Rapporto Nehru", sostenendo che non dava sufficiente rappresentanza ai musulmani, dal momento che la Lega aveva richiesto almeno un terzo di rappresentanza nella legislatura.
Jinnah annunciò una "separazione delle strade" dopo aver letto il rapporto, e le relazioni tra il Congresso e la Lega si deteriorarono. In sintesi le due parti - quella islamica e quella induista - cominciarono a dividersi.

Risoluzione del 1940[modifica | modifica wikitesto]

Nel 1935, il governo britannico propose di conferire un potere maggiore alle province indiane, con elezioni legislative indette nel 1937[9]. Dopo le elezioni, la Lega si insediò nel Bengala e nel Punjab, ma il Congresso ottenne l'incarico nella maggior parte delle altre province, rifiutando di delegare potere alla Lega in province con grandi minoranze musulmane.

Nel 1940, Jinnah convocò un congresso generale della Lega Musulmana a Lahore per discutere della situazione che era sorta a causa dello scoppio della seconda guerra mondiale e del governo indiano che si era unito alla guerra senza consultare i leader indiani. L'incontro era anche finalizzato ad analizzare le ragioni che hanno portato alla sconfitta della Lega Musulmana nelle elezioni generali del 1937 nelle province a maggioranza musulmana. Nel suo discorso, Jinnah criticò il Congresso indiano ed i nazionalisti, e sposando la teoria delle due nazioni[10]. Dal congresso nacque il testo di una risoluzione che rifiutava in modo inequivocabile il concetto di India unita, a causa dell'aumento della violenza interreligiosa, raccomandando la creazione di due stati indipendenti[11]. La risoluzione venne adottata il 23 marzo 1940 dal congresso, supportata da Shere-Bangla, un nationalista del Bengala, AKF Haq, Chief Minister del Bengala, da Chaudhry Khaliquzzaman e altri leader[12].

Il secondo dopoguerra e l'indipendenza[modifica | modifica wikitesto]

Il Pakistan dal 1947 al 1971

All'indipendenza del 14 agosto 1947 si caratterizza sempre di più per la sua identità islamista. Per la prima volta i confini tra Stato e fede religiosa combaciano, seppure restino alte le tensioni ideologiche, contrasti regionali e subentri la crisi economica. Dopo la morte di Jinnah nel 1948, l'esercito sembra emergere come unica forza in grado di dare stabilità, con alla guida il generale Liaquat Ali Khan, che progressivamente accentra il potere su di sé fino al golpe del 1958 che segna una svolta repressiva e centralistica.

Cronologia[modifica | modifica wikitesto]

Legenda

  • TRAD = secondo la tradizione indiana
  • MOD = secondo gli storici moderni

Le origini

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Vedi Alain Daniélou, Storia dell'India (tradotto da Alessandra Strano). Astrolabio-Ubaldini Editore, Roma, 1984 , Astrolabio, Roma
  2. ^ (EN) David Sacks, Oswyn Murray e Lisa R. Brody, Encyclopedia of the ancient Greek world, Infobase Publishing, 2005, p. 256, ISBN 978-0-8160-5722-1.
  3. ^ (EN) Christopher Hibbert, The Great Mutiny : India 1857, Londra, Allen Lane, 1988.
  4. ^ (EN) Bipan Chandra, Amales Tripathi e Barun De, Freedom struggle, Nuova Delhi, National Book Trust, India, 1972.
  5. ^ (EN) Ayesha Jalal, The sole spokesman : Jinnah, the Muslim League, and the demand for Pakistan, Cambridge (UK); New York, Cambridge University Press, 1985, ISBN 978-0-521-24462-6.
  6. ^ (EN) Ian Talbot, Pakistan: a modern history, Nuova Delhi; New York, Oxford University Press, 1999, ISBN 978-0-19-565073-0.
  7. ^ (EN) Peter R. Blood, Pakistan: a country study, Washington, D.C., Federal Research Division, Library of Congress, 1995, pp. 28–29, ISBN 978-0-8444-0834-7.
  8. ^ (EN) Hermann Kulke e Dietmar Rothermund, A History of India, Totowa, Barnes & Noble, 1986, pp. 272–273, ISBN 978-0-389-20670-5.
  9. ^ (EN) The Communal Award | MacDonald announced on August 16, 1932., in Story Of Pakistan, 1º giugno 2003. URL consultato il 26 febbraio 2018.
  10. ^ (EN) Stanley A. Wolpert, Jinnah of Pakistan, Oxford University Press, 1984, ISBN 9780195034127, OCLC 9757799.
  11. ^ (EN) Malik, Muhammad Aslam, The making of the Pakistan resolution, Ameena Saiyid, Oxford University Press, 2001, ISBN 9780195795387, OCLC 48713122.
  12. ^ (EN) 23rd MARCH ' Pakistan Resolution Day', su jang.com.pk, 19 febbraio 2008. URL consultato il 26 febbraio 2018 (archiviato dall'url originale il 19 febbraio 2008).

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • AA.VV., Pakistan, Paesi nabbi asiatici, Editalia, Roma
  • Ahmad Ejaz, Pakistan, Edizioni Pendragon, Bologna, 1998
  • Alain Daniélou, Storia dell'India (tradotto da Alessandra Strano), Astrolabio-Ubaldini Editore, Roma, 1984
  • BONAZZI, Eros, Storia del Bengala e del Bangladesh, Azeta Fastpress, 2011. ISBN 978-88-8998-230-3
  • (EN) Bory J.B., Cook S.A. e Adcock F.E., Cambridge History of India, Cambridge University Press, Londra 1963
  • (EN) Ananda Coomaraswamy, History of Indian and Indonesian Art, Majumdar Sastri, Londra, 1927

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

Altri progetti[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

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