Progetti di aggregazione di comuni italiani ad altra regione

La presente voce raccoglie i progetti di aggregazione di comuni italiani ad altra regione diversa da quella d'appartenenza.

La procedura di distacco-aggregazione è prevista dall'art. 132 della Costituzione italiana. Esso contempla l'intervento delle popolazioni interessate con referendum, quello dei Consigli regionali con un parere, e infine quello del Parlamento con legge ordinaria.[1] Sono coinvolti nell'iter anche i Consigli comunali, ai quali spetta la deliberazione della richiesta di referendum.[2] I procedimenti di distacco-aggregazione completati sono quelli dell'Alta Valmarecchia[3] e dei comuni di Montecopiolo e Sassofeltrio dalle Marche all'Emilia-Romagna e quello del comune di Sappada dal Veneto al Friuli-Venezia Giulia.

Storia[modifica | modifica wikitesto]

Regno d'Italia[modifica | modifica wikitesto]

Il primo progetto regionalista in Italia si deve, già all'indomani dell'unificazione, ai ministri dell'interno dei Governi Cavour, Farini e Minghetti,[4] che progettavano di attuare un decentramento amministrativo tramite l'istituzione di un ente intermedio tra la provincia e lo Stato.[5] Il troppo progressista[5] disegno di legge Minghetti, tuttavia, incontrò l'opposizione di chi temeva lo sfaldamento dell'ancor fragile unità nazionale[6] e fu ritirato dal Governo Ricasoli il 22 dicembre 1861.[4][5] In tutta l'esperienza storica del Regno d'Italia, le regioni furono dunque puri compartimenti statistici basati sulla ripartizione compiuta da Correnti e Maestri nei primi anni dell'Italia unita.[7][8]

La svolta autoritaria e accentratrice fascista, oltre a sopprimere le già deboli autonomie locali,[5] stravolse a piacimento il territorio delle province[8] e di riflesso modificò anche i compartimenti statistici, che furono accolti come raggruppamenti delle province medesime nel censimento del 1936.[7]

Repubblica italiana[modifica | modifica wikitesto]

Le regioni previste dalla Costituzione[modifica | modifica wikitesto]

La ripartizione regionale ottocentesca fu comunque sostanzialmente mantenuta e pervenne così nella Costituzione repubblicana[8] integrata da un criterio storico.[9] Riconosciute tuttavia l'arbitrarietà e l'obsolescenza dei criteri adottati,[9] il legislatore costituente introdusse la possibilità di modificare il territorio delle regioni mediante il procedimento descritto dall'art. 132 della Costituzione,[1] sentite le popolazioni interessate, o eccezionalmente con la sola legge costituzionale. Questa seconda opzione, prevista dall'XI disposizione transitoria e finale della Costituzione, era ammessa entro un termine quinquennale dall'entrata in vigore della Costituzione, ma esso fu prorogato fino al 31 dicembre 1963,[10] consentendo così l'istituzione del Molise, popolato da meno di un milione di abitanti e senza referendum, per distacco dagli Abruzzi e Molise.[11]

Se il Molise, pur prospettato a fasi alterne nei lavori della Costituente,[12] trovò attuazione tardiva e divenne effettivo come regione ordinaria solo nel 1970, miglior sorte toccò al Friuli-Venezia Giulia. La nuova regione, non compresa nel riparto geografico tradizionale in quanto formata da una parte del Veneto statistico (Friuli) e da un territorio annesso solo nel 1919 e in gran parte perduto (Venezia Giulia), fu dapprima esclusa e poi finalmente introdotta nelle bozze preparatorie della Costituzione.[12] Trovò attuazione nel 1963, otto anni dopo la riunione di Trieste all'Italia, come regione a statuto speciale.[13] Alla regione non fu aggregato però il territorio dell'ex mandamento di Portogruaro, legato al Friuli fino al 1797 ma unito a Venezia dall'Austria in seguito al Trattato di Campoformio e non più restituito,[14] né alla provincia di Udine come chiesto dalla Camera di commercio locale nel 1946,[15] né in seguito alla costituenda provincia di Pordenone. L'istituzione del Molise fu dunque l'unica variazione territoriale delle regioni italiane dal 1948 al 2009.

In una bozza furono inseriti, ma non trovarono realizzazione, anche l'Emilia lunense o appenninica e il Salento. Altre regioni proposte in Assemblea costituente furono la Daunia, la Romagna, il Sannio e l'Umbria-Sabina.[12]

La legge sul referendum[modifica | modifica wikitesto]

Il nodo principale dell'art. 132 della Costituzione stava nella definizione delle «popolazioni interessate» legittimate a chiedere il referendum per l'aggregazione ad altra regione. L'art. 42 L. 352/1970 previde che la consultazione referendaria si svolgesse su richiesta

  • dei consigli comunali degli enti da distaccare e riaggregare
  • di tanti consigli comunali che rappresentassero almeno un terzo della popolazione della regione da cui si chiedeva il distacco
  • di tanti consigli comunali che rappresentassero almeno un terzo della popolazione della regione a cui si chiedeva l'aggregazione.[2]

Dispose inoltre che il referendum dovesse tenersi in entrambe le regioni.[16] Sia nella fase dell'iniziativa sia in quella della consultazione, dunque, la legge pretendeva l'intervento di popolazioni interessate solo indirettamente o dei loro rappresentanti. Ciò comportava a carico delle comunità locali un onere oltremodo gravoso e in grado di frustrare l'esercizio del diritto di autodeterminazione: soprattutto la chiamata a referendum di entrambe le regioni poteva inquinare l'accertamento della volontà popolare.[17]

I comuni del portogruarese che aspiravano all'aggregazione al Friuli-Venezia Giulia, mancata sia quando fu istituita la regione (1963) sia quando fu scorporata da Udine la provincia di Pordenone (1968), tennero nel 1991 alcune consultazioni informali della popolazione. Esse registrarono un'elevata partecipazione (a San Michele al Tagliamento votò il 75% degli aventi diritto)[18] e il risultato in tutti i comuni fu favorevole al distacco-aggregazione.[19]

Anche la parte bellunese della Ladinia,[20] reiterando una richiesta già presentata a più riprese (1947, 1964, 1973, 1974), approvò nel 1991 una deliberazione in favore del referendum per l'aggregazione alla provincia di Bolzano, nella quale i comuni interessati non erano entrati all'epoca della sua istituzione (1927) perché scorporati dal Trentino in un precedente riordino amministrativo operato dal regime fascista (1923).[21][22]

Nel 1992 a Trieste si costituì l'Unione Comuni italiani per cambiare Regione,[23] associazione senza scopo di lucro che si propone di semplificare la procedura, sia sensibilizzando l'opinione pubblica sul tema sia promuovendo specifiche iniziative legislative.[23]

La riforma costituzionale[modifica | modifica wikitesto]

La riforma del Titolo V della Costituzione, confermata dal referendum costituzionale del 2001, rese esplicita nell'art. 132 della Costituzione una nozione più restrittiva delle «popolazioni interessate» (direttamente) al referendum,[24] aprendo la strada a una pronuncia di incostituzionalità. Nel frattempo, il 6 marzo 2003, la Camera approvò il disegno di legge Fontanini inteso a limitare l'iniziativa e la chiamata a referendum ai soli comuni direttamente interessati,[25] ma il testo fu respinto dal Senato.

La pronuncia della Corte costituzionale[modifica | modifica wikitesto]

Il comune di San Michele al Tagliamento presentò quindi all'Ufficio centrale per il referendum presso la Corte di cassazione la deliberazione del proprio consiglio non corredata delle altre deliberazioni previste dall'art. 42 L. 352/1970. L'Ufficio, di fronte a una richiesta che avrebbe dovuto essere respinta, ritenne rilevante e non manifestamente infondata la questione di costituzionalità e la rimise alla Corte costituzionale.[26]

Con la sentenza 334 del 2004 la Corte dichiarò la norma illegittima nella parte in cui prevedeva l'obbligo di allegare anche la richiesta dei consigli comunali non direttamente interessati.[26] In conseguenza della pronuncia si ritiene superato anche il disposto dell'art. 44 L. 352/1970: il referendum pertanto non deve più svolgersi in entrambe le regioni, ma solo nei comuni direttamente interessati al distacco-aggregazione.[27]

Nel 2005 San Michele al Tagliamento fu il primo comune a votare, respingendola, una proposta di distacco-aggregazione in un referendum a norma dell'art. 132 della Costituzione.[28] In precedenza si erano svolti soltanto referendum consultivi, ovvero semplici sondaggi.[19]

Diversa sorte ebbe la procedura di distacco-aggregazione dell'Alta Valmarecchia,[3] che condusse nel 2009 alla prima variazione territoriale di due regioni italiane dal 1963.[29] Il ricorso delle Marche contro il passaggio dei sette comuni interessati all'Emilia-Romagna fu respinto dalla Corte costituzionale.[30] Il territorio interessato aveva votato, per la prima volta nella storia,[31] in un referendum a esito unificato, che tenesse conto cioè dei suffragi complessivi senza distinguere il risultato comune per comune.

Voto estero[modifica | modifica wikitesto]

Il referendum per il distacco-aggregazione è approvato se vota a favore la maggioranza degli aventi diritto (non è sufficiente quindi la maggioranza dei votanti).[32] Se respinto non può essere riproposto prima di cinque anni.[32] Il corpo elettorale comprende ovviamente sia i cittadini residenti in Italia sia quelli residenti all'estero registrati all'AIRE.[16][33]

Nel secondo caso, trattandosi di consultazioni referendarie locali, non c'è predisposizione di seggi elettorali nei consolati, ma solo l'invio di una cartolina-avviso affinché il cittadino rientri in Italia per esercitare il voto.[34] Se il comune ha un'alta percentuale di emigrati all'estero, e questi non rientrano in Italia per votare, ciò può riflettersi sull'esito del referendum, appunto perché la maggioranza è calcolata sul totale degli elettori e non su quello dei partecipanti alla consultazione.

Regioni e comuni interessati[modifica | modifica wikitesto]

Abruzzo[modifica | modifica wikitesto]

Campania[modifica | modifica wikitesto]

Lazio[modifica | modifica wikitesto]

Lombardia[modifica | modifica wikitesto]

Marche[modifica | modifica wikitesto]

Piemonte[modifica | modifica wikitesto]

Veneto[modifica | modifica wikitesto]

Comuni chiamati a referendum[modifica | modifica wikitesto]

La tabella riepiloga i referendum a norma dell'art. 132 della Costituzione tenuti dal 2005.[28]

  Distacco-aggregazione in vigore.

Data Comune o territorio Distacco Aggregazione Elettori[37] % Esito
29-30 maggio 2005 San Michele al Tagliamento Veneto Friuli-Venezia Giulia (PN) 10 892 4 844 44,47%  No
30-31 ottobre 2005 Lamon Veneto Trentino-Alto Adige (TN) 4 151 2 377 57,26% Si 
26-27 marzo 2006 Cinto Caomaggiore Veneto Friuli-Venezia Giulia (PN) 2 994 1 790 59,79% Si 
26-27 marzo 2006 Gruaro Veneto Friuli-Venezia Giulia (PN) 2 642 1 214 45,95%  No
26-27 marzo 2006 Pramaggiore Veneto Friuli-Venezia Giulia (PN) 3 756 1 675 44,60%  No
26-27 marzo 2006 Teglio Veneto Veneto Friuli-Venezia Giulia (PN) 2 097 911 43,44%  No
11-12 giugno 2006 Savignano Irpino Campania Puglia (FG) 1 411 555 39,33%  No
8-9 ottobre 2006 Noasca Piemonte Valle d'Aosta 180 95 52,78% Si 
8-9 ottobre 2006 Sovramonte Veneto Trentino-Alto Adige (TN) 1 925 1 246 64,73% Si 
17-18 dicembre 2006 Alta Valmarecchia[3][38] Marche Emilia-Romagna (RN) 16 410 9 911 60,40% Si 
18-19 marzo 2007 Carema Piemonte Valle d'Aosta 634 432 68,14% Si 
6-7 maggio 2007 Altopiano di Asiago[36][38] Veneto Trentino-Alto Adige (TN) 20 864 12 404 59,45% Si 
24-25 giugno 2007 Montecopiolo Marche Emilia-Romagna (RN) 1 124 651 57,92% Si 
24-25 giugno 2007 Sassofeltrio Marche Emilia-Romagna (RN) 1 273 645 50,67% Si 
28-29 ottobre 2007 Ladinia[20][38] Veneto Trentino-Alto Adige (BZ) 6 828 3 847 56,34% Si 
9-10 marzo 2008 Mercatino Conca Marche Emilia-Romagna (RN) 965 474 49,12%  No
9-10 marzo 2008 Monte Grimano Terme Marche Emilia-Romagna (RN) 1 216 520 42,76%  No
9-10 marzo 2008 Pedemonte Veneto Trentino-Alto Adige (TN) 811 414 51,05% Si 
9-10 marzo 2008 Sappada Veneto Friuli-Venezia Giulia (UD) 1 199 860 71,73% Si 
21-22 settembre 2008 Magasa Lombardia Trentino-Alto Adige (TN) 174 99 56,90% Si 
21-22 settembre 2008 Valvestino Lombardia Trentino-Alto Adige (TN) 241 126 52,28% Si 
30 novembre-1 dicembre 2008 Leonessa Lazio Umbria (TR) 2 290 926 40,44%  No
30 novembre-1 dicembre 2008 Meduna di Livenza Veneto Friuli-Venezia Giulia (PN) 2 667 1 023 38,36%  No
10-11 febbraio 2013 Arsiè Veneto Trentino-Alto Adige (TN) 3 732 1 197 32,07%  No
10-11 febbraio 2013 Canale d'Agordo Veneto Trentino-Alto Adige (TN) 1 219 515 42,25%  No
10-11 febbraio 2013 Cesiomaggiore Veneto Trentino-Alto Adige (TN) 4 666 1 542 33,05%  No
10-11 febbraio 2013 Falcade Veneto Trentino-Alto Adige (TN) 2 128 917 43,09%  No
10-11 febbraio 2013 Feltre Veneto Trentino-Alto Adige (TN) 18 843 5 682 30,15%  No
10-11 febbraio 2013 Gosaldo Veneto Trentino-Alto Adige (TN) 942 403 42,78%  No
10-11 febbraio 2013 Rocca Pietore Veneto Trentino-Alto Adige (TN) 1 365 628 46,01%  No
21-22 aprile 2013 Pieve di Cadore Veneto Friuli-Venezia Giulia (PN) 3 555 701 19,72%  No
21-22 aprile 2013 Taibon Agordino Veneto Trentino-Alto Adige (TN) 1 806 944 52,27% Si 
30 marzo 2014 Comelico Superiore Veneto Trentino-Alto Adige (BZ) 2 416 844 34,93%  No
31 agosto 2014 Auronzo di Cadore[39] Veneto Trentino-Alto Adige (BZ) 3 114 1 112 35,71%  No
31 agosto 2014 Voltago Agordino[39] Veneto Trentino-Alto Adige (TN) 972 510 52,47% Si 
8 marzo 2020 Valle Castellana[40] Abruzzo Marche (AP) 1 063 236 22,20%  No

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b Costituzione della Repubblica Italiana, articolo 132.
  2. ^ a b Legge 25 maggio 1970, n. 352, articolo 42.
  3. ^ a b c d Comuni di Casteldelci, Maiolo, Novafeltria, Pennabilli, San Leo, Sant'Agata Feltria e Talamello.
  4. ^ a b Spagna Musso, p. 787.
  5. ^ a b c d Rusticali, pp. 18-21.
  6. ^ Onida-Pedrazza Gorlero, p. 386.
  7. ^ a b Muscarà-Scaramellini-Talia, pp. 25-28.
  8. ^ a b c Palombelli, pp. 9-12.
  9. ^ a b Rolla, pp. 49-51.
  10. ^ Legge costituzionale 18 marzo 1958, n. 1.
  11. ^ Legge costituzionale 27 dicembre 1963, n. 3.
  12. ^ a b c Muscarà-Scaramellini-Talia, pp. 29-33.
  13. ^ Legge costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1.
  14. ^ Ratto Trabucco, p. 51.
  15. ^ I fratelli di San Michele, su ricerca.gelocal.it, Messaggero Veneto, 25 maggio 2005. URL consultato il 26 maggio 2015.
  16. ^ a b Legge 25 maggio 1970, n. 352, articolo 44.
  17. ^ Gorlero, pp. 98-99.
  18. ^ Autonomie locali: Illy con il comitato per il referendum di San Michele, su regione.fvg.it, Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia, 31 marzo 2005. URL consultato il 27 maggio 2015.
  19. ^ a b Unione Comuni italiani per cambiare Regione, risultati Archiviato il 26 gennaio 2011 in Internet Archive. dei referendum consultivi del 1991 in Veneto.
  20. ^ a b c Comuni di Cortina d'Ampezzo, Colle Santa Lucia e Livinallongo del Col di Lana.
  21. ^ Le ragioni del referendum ladino a Cortina, Colle Santa Lucia e Livinallongo del Col di Lana, su uniongenerela.it, Union Generela di Ladins dla Dolomites. URL consultato il 27 maggio 2015.
  22. ^ Disegno di legge 3444 d'iniziativa del senatore Divina (PDF), su senato.it, Senato della Repubblica, XVI legislatura, 6 agosto 2012. URL consultato il 27 maggio 2015.
  23. ^ a b Unione Comuni italiani per cambiare Regione, atto costitutivo e statuto Archiviato il 17 marzo 2015 in Internet Archive. dell'associazione.
  24. ^ Legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3.
  25. ^ Disegno di legge 2085 d'iniziativa dei deputati Fontanini e altri (PDF), su senato.it, Senato della Repubblica, XIV legislatura, 6 marzo 2003. URL consultato il 27 maggio 2015.
  26. ^ a b Sentenza n. 334 del 2004 della Corte costituzionale.
  27. ^ Consales et al., p. 185.
  28. ^ a b Unione Comuni italiani per cambiare Regione, risultati Archiviato il 18 ottobre 2016 in Internet Archive. dei referendum a norma dell'art. 132 Cost. dal 2005.
  29. ^ Legge 3 agosto 2009, n. 117.
  30. ^ Sentenza n. 246 del 2010 della Corte costituzionale.
  31. ^ Disegno di legge 1723 d'iniziativa del senatore Ripamonti (PDF), su senato.it, Senato della Repubblica, XV legislatura, 18 luglio 2007. URL consultato il 31 maggio 2015.
  32. ^ a b Legge 25 maggio 1970, n. 352, articolo 45.
  33. ^ Decreto del presidente della Repubblica 20 marzo 1967, n. 223, articolo 4.
  34. ^ Guida per gli italiani all'estero, su servizidemografici.interno.it. URL consultato il 30 maggio 2015.
  35. ^ Marino Pagano, Borghi tra Puglia e Irpinia, in Borghi magazine. URL consultato il 23 ottobre 2018 (archiviato dall'url originale il 24 ottobre 2018).
  36. ^ a b Comuni di Asiago, Conco, Enego, Foza, Gallio, Lusiana, Roana e Rotzo.
  37. ^ Aventi diritto al voto.
  38. ^ a b c Referendum a esito unificato.
  39. ^ a b Il referendum per il passaggio al Trentino. Il flop ad Auronzo, boom di sì a Voltago, su corrieredelveneto.corriere.it, Corriere del Veneto, 1º settembre 2014. URL consultato il 27 maggio 2015.
  40. ^ Valle Castellana, al voto con le mascherine, resta in Abruzzo e in provincia di Teramo: flop referendum con 273 votanti, su ekuonews.it, 8 marzo 2020. URL consultato il 1º agosto 2021 (archiviato dall'url originale il 1º agosto 2021).

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

Altri progetti[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]