Platycarpheae

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Platycarpheae
Platycarphella parvifolia
Classificazione APG IV
DominioEukaryota
RegnoPlantae
(clade)Angiosperme
(clade)Mesangiosperme
(clade)Eudicotiledoni
(clade)Eudicotiledoni centrali
(clade)Superasteridi
(clade)Asteridi
(clade)Euasteridi
(clade)Campanulidi
OrdineAsterales
FamigliaAsteraceae
SottofamigliaVernonioideae
TribùPlatycarpheae
V.A.Funk & H.Rob., 2009
Classificazione Cronquist
taxon non contemplato
Generi

Platycarpheae V.A.Funk & H.Rob., 2009 è una tribù di piante angiosperme dicotiledoni della famiglia delle Asteraceae.[1][2]

Etimologia[modifica | modifica wikitesto]

Il nome della tribù deriva dal suo genere tipo (Platycarpha) il cui nome è composto due parole greche: "platys" (= piatto o grande) e "carpha" (= frutto), e si riferisce al largo frutto delle specie di questo genere.[3]

Il nome scientifico della tribù è stato definito per la prima volta dai botanici contemporanei Vicki Ann Funk (1947 - 2019) e Harold Ernest Robinson (1932 - 2020) nella pubblicazione "Compositae Newsletter. Stockholm" (47: 26) del 2009.[4][5]

Descrizione[modifica | modifica wikitesto]

Infiorescenza
Platycarphella parvifolia

Le specie di questo genere sono piante perenni con portamenti erbacei, perenni e acauli (alcune piante formano delle dense stuoie). Sono presenti sia strutture rizomatose che stolonifere, queste ultime si dipartono dalla base della corona delle rosette basali. Non è presente nessuna linfa lattiginosa (latice).[2][6][7][8][9][10]

In genere sono presenti foglie basali spesso allungate e prostrate possono formano delle rosette o corone che si irradiano attraverso 2 - 6 anelli di foglie; le più vecchie si trovano negli anelli più bassi e più grandi. La forma della lamina varia da obovata a oblanceolata o ellittica o lineare; i bordi possono essere da interi, dentati fino a pennatosetti. La faccia adassiale è verde e glabra; quella abassiale è ricoperta da un denso tomento bianco. Le stipole e le spine sono assenti. Dimensioni delle foglie: larghezza 0,5-11 cm; lunghezza 1-35 cm.

Le infiorescenze sono composte da capolini sessili raccolti al centro delle rosette. Sono presenti delle infiorescenze secondarie (sinflorescenze) con una struttura complessa costituita da capolini plurimi con un ricettacolo secondario di 2-10 cm di diametro. I capolini, discoidi, sono formati da un involucro a forma da cilindrica a subglobosa composto da brattee (o squame) all'interno delle quali un ricettacolo fa da base ai fiori. Le brattee, da 7 a 40, disposte in 3 - 5 serie in modo embricato e scalato hanno delle forme da lanceolate a lineari (generalmente glabre); quelle esterne sono grandi 6-20 x 1-5 mm, mentre quelle interne diventano sempre più piccole e sottili. Il ricettacolo, a forma piatta o più o meno conica, può essere ricoperto da pagliette oppure, più raramente, è nudo. Diametro dei capolini: 3-25 mm.

I fiori, da 3 a 60, sono tetra-ciclici (ossia sono presenti 4 verticilli: calicecorollaandroceogineceo) e pentameri (ogni verticillo ha 5 elementi). Sono tubulosi (actinomorfi), ermafroditi (bisessuali) e feritili.

*/x K , [C (5), A (5)], G 2 (infero), achenio[11]
  • Calice: i sepali del calice sono ridotti ad una coroncina di squame.
  • Corolla: la corolla dei fiori tubulosi ha un tubo lungo con 5 lobi; il colore varia dal porpora al rosa, o viola, malva o lilla, raramente è biancastra. la lunghezza è variabile da 8-23 mm.
  • Androceo: gli stami sono 5 con filamenti liberi, glabri o papillosi e distinti, mentre le antere (color porpora) sono saldate in un manicotto (o tubo) circondante lo stilo. Le antere in genere hanno una forma sagittata con base caudata oppure no, o speronata. L'endotecio è polarizzato e non è rinforzato lateralmente. Il polline normalmente è tricolporato a forma sferica o schiacciata ai poli.
  • Gineceo: lo stilo, snello (lungo 9-29 mm), è filiforme con due stigmi divergenti e corti. La parte apicale è leggermente ingrossata ed è ricoperta da corti peli specialmente sui bordi. L'ovario è infero uniloculare formato da 2 carpelli. L'ovulo è unico e anatropo.

I frutti sono degli acheni con pappo. La forma dell'achenio in genere è oblunga, prismatica (o turbinata) con 3 - 5 facce e con delle rugosità trasversali; il colore è scuro. Il pericarpo può essere di tipo parenchimatico, altrimenti è indurito (lignificato) radialmente; la superficie, specialmente alla base, è irsuta per peli arricciati o uncinati. Il carpoforo (o carpopodium - il ricettacolo alla base del gineceo) è anulare. I pappi, formati da una serie di 7 - 12 scaglie (o squame) lunghe 2-6 mm, persistenti, sono direttamente inseriti nel pericarpo o connati in un anello parenchimatico posto sulla parte apicale dell'achenio.[12]

Biologia[modifica | modifica wikitesto]

  • Impollinazione: l'impollinazione avviene tramite insetti (impollinazione entomogama tramite farfalle diurne e notturne).
  • Riproduzione: la fecondazione avviene fondamentalmente tramite l'impollinazione dei fiori (vedi sopra).
  • Dispersione: i semi (gli acheni) cadendo a terra sono successivamente dispersi soprattutto da insetti tipo formiche (disseminazione mirmecoria). In questo tipo di piante avviene anche un altro tipo di dispersione: zoocoria. Infatti gli uncini delle brattee dell'involucro si agganciano ai peli degli animali di passaggio disperdendo così anche su lunghe distanze i semi della pianta.

Distribuzione e habitat[modifica | modifica wikitesto]

Le specie di questo genere si trovano in Africa del sud: Botswana, Sudafrica e Namibia.[5]

In particolare la specie con l'areale più ampio è Platycarphella carlinoides, diffusa nel Sudafrica nord-occidentale (provincia del Capo Settentrionale), sugli altipiani centrali della Namibia e nel Botswana. Platycarphella parvifolia è endemica del Sudafrica (provincia del Nordovest, Free State e Mpumalanga) e così pure Platycarpha glomerata (provincia del Capo Orientale e KwaZulu-Natal).[2]

Le piante di questa tribù crescono dal livello del mare, nelle aree costiere del Sudafrica, sino ai 1800 m di altitudine, negli altipiani della Namibia. Prediligono i terreni rocciosi e sabbiosi, in piena luce.[13]

Tassonomia[modifica | modifica wikitesto]

La famiglia di appartenenza di questa voce (Asteraceae o Compositae, nomen conservandum) probabilmente originaria del Sud America, è la più numerosa del mondo vegetale, comprende oltre 23 000 specie distribuite su 1 535 generi[14], oppure 22 750 specie e 1 530 generi secondo altre fonti[15] (una delle checklist più aggiornata elenca fino a 1 679 generi)[16]. La famiglia attualmente (2021) è divisa in 16 sottofamiglie.[1][2][9]

Filogenesi[modifica | modifica wikitesto]

Thunberg nel 1800 descrisse la specie tipo di questo gruppo come Cynara glomerata. Lessing nel 1831 incluse la specie descritta da Thunberg in un genere a sé stante, Platycarpha. La collocazione del genere è stata a lungo incerta e nel corso degli anni è stata attribuita dapprima alla tribù delle Vernonieae, successivamente alle Arctotideae, in epoca più recente alle Mutisieae e alle Cardueae.[2]

Una revisione del 2007 includeva nuovamente Platycarpha nella tribù delle Arctotideae, etichettando come incertae sedis la sua collocazione sottotribale.[17] Al genere Platycarpha venivano attribuite 3 specie, Platycarpha glomerata, Platycarpha carlinoides e Platycarpha parvifolia.[18] Le ultime 2 sono state recentemente assegnate ad un genere a sé stante, Platycarphella e quindi all'istituzione della tribù di questa voce.[2]

I risultati di recenti studi molecolari hanno infine portato al riconoscimento delle Platycarpheae come una tribù monofiletica a sé stante all'interno, prima, della sottofamiglia Cichorioideae e in seguito alla sottofamiglia Vernonioideae. Insieme al clade Liabeae-Vernonieae formano un "gruppo fratello".[2][19]

I caratteri più indicativi della tribù sono:[10]

  • il portamento è relativo a erbe perenni acaulescenti (sono anche stolonifere);
  • le foglie sono allungate prostrate;
  • i capolini si presentano con complicate strutture secondarie.

I due generi della tribù sono molto diversi morfologicamente e si distinguono per l'habitus, le foglie, lo stilo e il polline.[10] I seguenti caratteri distinguono i due generi:[10]

  • le infiorescenza hanno dei capolini grandi e compatti;
  • i capolini contengono 60 – 100 fiori;
  • le corolle sono lunghe 20-23 mm;
  • i rami dello stilo sono lunghi 3-3,5 mm;
  • il polline intorno a colpi ha dei bordi a forma di "papillon";
  • i segmenti del pappo sono acuminati senza sovrapporsi.
  • le infiorescenza hanno capolini più piccoli, con 3 - 14 fiori;
  • le corolle sono lunghe 8-13 mm;
  • i rami dello stila sono lunghi 1 mm;
  • il polline è echinate e tricolporato, senza margini a forma di "papillon";
  • i segmenti del pappo sono tronchi e con i margini sovrapposti.

Composizione della tribù[modifica | modifica wikitesto]

La tribù Platycarpheae comprende 2 generi e 3 specie:[2]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b (EN) The Angiosperm Phylogeny Group, An update of the Angiosperm Phylogeny Group classification for the ordines and families of flowering plants: APG IV, in Botanical Journal of the Linnean Society, vol. 181, n. 1, 2016, pp. 1–20.
  2. ^ a b c d e f g h Funk & Susanna 2009, pag. 471.
  3. ^ SANBI - South African National Biodiversity Institute, su pza.sanbi.org. URL consultato il 1º settembre 2021.
  4. ^ The International Plant Names Index, su ipni.org. URL consultato il 1º settembre 2021.
  5. ^ a b Funk et al 2009.
  6. ^ Pignatti 1982, vol.3 pag.1.
  7. ^ Strasburger 2007, pag. 860.
  8. ^ Judd 2007, pag.517.
  9. ^ a b Kadereit & Jeffrey 2007, pag. 202.
  10. ^ a b c d Funk et al. 2009.
  11. ^ Judd-Campbell-Kellogg-Stevens-Donoghue, Botanica Sistematica - Un approccio filogenetico, Padova, Piccin Nuova Libraria, 2007, p. 520, ISBN 978-88-299-1824-9.
  12. ^ Funk & Susanna 2009, pag. 182.
  13. ^ Funk & Susanna 2009, pag. 475.
  14. ^ Judd 2007, pag. 520.
  15. ^ Strasburger 2007, pag. 858.
  16. ^ World Checklist - Royal Botanic Gardens KEW, su powo.science.kew.org. URL consultato il 18 marzo 2021.
  17. ^ Karis, P.O. in Kadereit J.W. & Jeffrey C., 2007, pp.200-202
  18. ^ Mabberley D.J., Mabberley's Plant-Book 3rd edition, Cambridge University Press, UK, 2008, ISBN 978-0-521-82071-4.
  19. ^ Susanna et al. 2020.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

Altri progetti[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

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