Palazzo Rivera

Palazzo Rivera
Palazzo Rivera durante i lavori di restauro successivi al sisma del 2009.
Localizzazione
StatoBandiera dell'Italia Italia
RegioneAbruzzo
LocalitàL'Aquila
Indirizzopiazza Santa Maria di Roio n. 9
Coordinate42°20′58.62″N 13°23′41.76″E / 42.349616°N 13.394934°E42.349616; 13.394934
Informazioni generali
CondizioniInagibile
CostruzioneXVI secolo
RicostruzioneXVIII secolo
Stilebarocco, rococò (facciata)
Realizzazione
ArchitettoLuigi Filippi
Proprietariofamiglia Rivera
Committentefamiglia Rivera

Palazzo Rivera è un palazzo storico dell'Aquila.

Storia[modifica | modifica wikitesto]

La storia del palazzo si intreccia con quella della famiglia Rivera, ritenuta originaria dalla stirpe dei Conti dei Marsi e stabilitasi in città fin dalla sua fondazione. A differenza di altri casati locali impegnati nel commercio della lana e dello zafferano, i Rivera acquisirono potere e prestigio — soprattutto a partire dal Cinquecento — grazie all'acquisizione di beni immobili,[1] ossia i palazzi cittadini e i ricchi pascoli circostanti.[2]

Il casato si insediò nel locale di Roio già nel XVI secolo e vi dimorò anche in seguito al terremoto dell'Aquila del 1703, almeno fino al 1712, prima della realizzazione del palazzo attuale.[3] Gli storici sono discordi sull'esatta datazione dell'edificio; alcune fonti fanno risalire l'edificio al 1746,[4] quando cioè la famiglia certamente vi abitava, tuttavia è possibile che i lavori continuarono anche nei decenni successivi, sino al 1769-1778.[3] Con ogni probabilità, il preesistente palazzo cinquecentesco non fu demolito bensì inglobato nella nuova struttura, così come già avvenuto nell'adiacente Palazzo Antonelli Dragonetti de Torres.[3] Il progetto viene attribuito a Luigi Filippi,[5] autore anche del palazzo Arcivescovile.

In seguito al terremoto dell'Aquila del 2009, il palazzo ha subito importanti danni alle strutture.[5]

Descrizione[modifica | modifica wikitesto]

Il palazzo occupa una porzione d'isolato tra la piazza Santa Maria di Roio, via Roio e via Monteluco, nel cuore del quarto di San Giovanni. Il complesso ed ampio isolato è completato ad est, verso la piazza del Duomo dal più noto Palazzo Antonelli Dragonetti de Torres. Si pone frontalmente alla chiesa di Santa Maria di Roio ed a lato di Palazzo Persichetti.

Il palazzo si configura come un ammodernamento della preesistente struttura cinquecentesca, soprattutto mediante la realizzazione della nuova testata che si configura come elemento riunificatore del complesso;[4] quest'ultima, databile alla seconda metà del XVIII secolo, è caratterizzata da un barocco neoclassicista con influenze rococò per quanto riguarda le decorazioni delle finestre. In alzato, presenta tre ordini con attico — similarmente al vicino Palazzo Persichetti e ai concittadini palazzi Ardinghelli, Antinori, Manieri e Rustici — sebbene la vistosa fascia marcapiano evidenzi soprattutto due ordini, di cui l'inferiore di notevole altezza.[3] Al marcapiano si collegano le finestre, in numero di 7 di cui 5 assemblate nella parte centrale, secondo uno schema che ricorda quello di Palazzo Fibbioni.[3] Il portale è inquadrata da due colonne a base quadrangolare e sormontato da un balconcino; la finestra sovrastante reca nel timpano lo stemma di famiglia. Gli angoli sono risolti con coppie di vistose lesene a spigolo aperto poggiate sui cantonali.[4]

L'impianto è assai complesso e si presenta articolato intorno a tre corti di varie dimensioni, di formazione rinascimentale,[4] collegate rispettivamente a tre ingressi — uno per ogni prospetto — e distribuito da tre scale.[3] La complessità della struttura, particolarmente disomogenea nell'ala su via Roio, testimonia le diverse fasi costruttive del palazzo, sviluppatesi nell'arco di oltre due secoli.[3] All'interno, il palazzo ospita saloni dipinti e decorati con stucchi.[5]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Silvia Mantini, p. 68
  2. ^ Alessandro Clementi, Elio Pirossi, p. 68
  3. ^ a b c d e f g Mario Moretti, Marilena Dander, p. 315
  4. ^ a b c d Stefano Brusaporci, Mario Centofanti, Il Disegno della città e le sue trasformazioni (PDF), su ing.univaq.it. URL consultato il 7 gennaio 2019.
  5. ^ a b c Regione Abruzzo, Palazzo Rivera (PDF) [collegamento interrotto], su regione.abruzzo.it. URL consultato il 7 gennaio 2019.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • AA.VV., L'Aquila. Una città d'arte da salvare - Saving an Art City, Pescara, Carsa, 2009.
  • Alessandro Clementi e Elio Piroddi, L'Aquila, Bari, Laterza, 1986.
  • Raffaele Colapietra, Mario Centofanti, Carla Bartolomucci e Tiziana Amedoro, L'Aquila: i palazzi, L'Aquila, Ediarte, 1997.
  • Silvia Mantini, L'Aquila spagnola, Roma, Aracne, 2008.
  • Mario Morelli e Marilena Dander, Architettura civile aquilana dal XIV al XIX secolo, L'Aquila, Japadre, 1974.
  • Touring Club Italiano, L'Italia - Abruzzo e Molise, Milano, Touring Editore, 2005.

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

Altri progetti[modifica | modifica wikitesto]

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