Ordine di Santo Stefano papa e martire

Disambiguazione – Se stai cercando l'ordine della corona ungherese, vedi Ordine reale di Santo Stefano d'Ungheria.
Ordine di Santo Stefano papa e martire
Insigne sacro e militare ordine di Santo Stefano papa e martire
L'insegna dell'Ordine

Granducato di Toscana
TipologiaOrdine religioso-cavalleresco
Statusconcesso come ordine dinastico
Capoin disputa
IstituzioneFirenze, 15 marzo 1561
(approvato da Pio IV il 1º ottobre 1561)
Primo capoCosimo I de' Medici
GradiCavaliere di Gran Croce
Commendatore
Cavaliere
Precedenza
Ordine più alto-
Ordine più bassoOrdine del Merito sotto il Titolo di San Giuseppe
Nastro dell'ordine
Ferdinando II de' Medici con le vesti di Gran Maestro dell'Ordine

L'Ordine di Santo Stefano papa e martire (anche noto come Insigne sacro e militare ordine di Santo Stefano papa e martire) appartiene agli ordini religiosi cavallereschi di fondazione pontificia (Bolla His quae del 1º febbraio 1562 di Pio IV), con doppia personalità giuridica, cioè canonica (Associazione pubblica di fedeli di fondazione pontificia) e civile.

Fu di collazione del Granducato di Toscana, così come l'Ordine del Merito sotto il titolo di San Giuseppe e l'Ordine del merito civile e militare.

Storia[modifica | modifica wikitesto]

Fondazione[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Marina del Granducato di Toscana.
Statuti, e constitutioni dell'Ordine de' Cavalieri di Santo Stefano, 1566

Dopo vari tentativi di Cosimo de' Medici duca di Firenze e di Siena, fu solo con l'ascesa al soglio papale di papa Pio IV, favorevole alla casa dei Medici, che poté essere fondato l'Ordine di Santo Stefano papa e martire, consacrato sotto la regola benedettina, in memoria della vittoria riportata sui francesi del maresciallo Strozzi del 2 agosto 1554 contro Siena, festa di santo Stefano papa e martire, per altri dal giorno della vittoria di Cosimo nella battaglia di Montemurlo del 2 agosto 1537. Fu lo stesso papa Pio IV che con la solenne bolla His quae del 1º febbraio 1562 ne decretò la costituzione ("perpetuo erigimus ac instituimus") e ne approvò lo Statuto ("statuimus ac ordinamus"), dando il gran magistero ("ufficio ecclesiastico") "in affidamento" ("perpetuo constituimus et deputamus") a Cosimo de' Medici duca di Firenze e poi Granduca di Toscana e ai suoi successori, cosicché l'Ordine fu definito una quasi religio. Il primo gran maestro fu quindi Cosimo e poi i suoi successori, i granduchi di Toscana prima di casa Medici e poi di casa Asburgo-Lorena (il passaggio del Gran Magistero ai Lorena fu confermato da papa Benedetto XIV con il breve "Praeclara Militiae" dell'8 giugno 1748).

La prima sede dell'Ordine fu Portoferraio nell'isola d'Elba, poi Pisa in via definitiva. La piazza dei Cavalieri prende il nome proprio da quest'ordine, così come la chiesa di Santo Stefano dei Cavalieri. Le insegne dell'ordine sono la croce rossa a otto punte bordata d'oro in campo bianco, accantonata da gigli d'oro. I suoi cavalieri erano "nobili, militari, cavalieri di giustizia, serventi e fratelli d'armi" e per essere ammessi dovevano dimostrare quattro gradi di nobiltà paterna e materna.

Diffusione[modifica | modifica wikitesto]

Il successo dell'ordine fu notevole e si estese anche fuori dai confini della Toscana, tra gli altri stati italiani ed esteri, lasciando una eccellente fama. La sua missione era di liberare il Mediterraneo dai pirati musulmani e i cristiani dalla schiavitù ottomana.

Nel 1587, con bolla papale e su sollecitazione del granduca di Toscana, subentrò nei beni del soppresso Ordine di San Giacomo d'Altopascio, detto anche dei cavalieri del Tau, ordine religioso cavalleresco nato intorno al 1050. "Con la incorporazione da parte della Santa Sede dell'Ospedale di S. Jacopo dell'Altopascio, eretto in Religione nel 1239 (anche se la comunità esisteva fin dal 952), nell'Ordine di S. Stefano si ribadiva la qualità di quest'ultimo come ente canonico e si dava allo stesso una maggiore patente d'antichità, perché come successore dell'Altopascio poteva affondare le sue radici legali al XIII secolo" (Neri Capponi)[indicare la pubblicazione in nota].

Campagne militari[modifica | modifica wikitesto]

Il palazzo dei Cavalieri a Pisa
Bandiera delle galee dell'Ordine di Santo Stefano, 1562-fine XVIII secolo

Le campagne militari possono essere riassunte in tre fasi:

  1. la prima (anni verso il 1570) vide l'Ordine schierato a fianco della Spagna contro gli Ottomani, con la difesa di Malta (1565), la battaglia di Lepanto (1571) partecipandovi con dodici galee e la presa di Bona in Algeria;
  2. la seconda, dopo il riconoscimento delle qualità aggressive dell'Ordine, contro turchi e barbareschi lungo le coste del Mediterraneo; risalgono a questo periodo una serie di incursioni sulle isole dell'Egeo tenute dai turchi, le campagne in Dalmazia e Negroponte e la guerra di Corfù;
  3. la terza (attorno al 1640) con una diminuzione dell'attività militare in favore di compiti di rappresentanza e di difesa della costa; risale a questo periodo un aiuto ai veneziani contro gli ottomani (guerra di Candia).

L'ultima azione militare risale al 1719: il granduca Pietro Leopoldo I alla fine del Settecento ne promosse una riorganizzazione interna, eliminandone la componente militaresca e riciclandolo come l'istituto per la preparazione della classe dirigente toscana: ad esempio, fra i membri di quest'epoca si ricorda Giorgio Viviano Marchesi Buonaccorsi, celebre soprattutto per le opere di carattere storico. La legge sulla riorganizzazione della nobiltà toscana e dei feudi del 1749 si ispirò proprio agli statuti e ai principi dell'Ordine cavalleresco.

Un tentativo di soppressione si ebbe in epoca napoleonica, il 9 aprile 1809, ma Ferdinando III di Lorena lo ripristinò il 22 dicembre 1817 con alcune modifiche statutarie. Alla vigilia dell'Unità d'Italia l'Ordine era composto da 23 Balivi, 34 Priori, 49 Cavalieri con commenda familiare, 177 Cavalieri per Giustizia, 187 Cavalieri collatarii di commende di Grazia e 12 Collatarii autorizzati senza commenda per un totale di 482 membri oltre il Gran Maestro, e i Cavalieri di Gran Croce. Tra gli ultimi esponenti illustri del periodo granducale si ricordano il Principe Colloredo-Mansfeld, i Marchesi Malaspina, Emanuele Fenzi, il principe Andrea Corsini, Stanislao Grottanelli De Santi, i Principi Poniatowski, il Conte Francesco De Larderel, Alessandro Carega, i Conti della Gherardesca, l'avvocato Ubaldo Maggi, il Conte Demetrio Finocchietti, Cosimo Ridolfi, Giovanni Baldasseroni, Guglielmo De Cambray Digny, l'avvocato Primo Ronchivecchi, il Conte avvocato Luigi Fabbri.

Un nuovo tentativo di soppressione dell'Ordine avvenne nel 1859, con l'unificazione della Toscana al Regno di Sardegna, ma ebbe valenza solo agli effetti patrimoniali, perché l'Ordine di Santo Stefano, quale ordine religioso fondato "in perpetuo" direttamente da un papa, può essere soppresso solo con bolla papale e quindi è a tutt'oggi pienamente operante.

Il 20 dicembre 1866 Ferdinando IV ed i suoi figli rientrarono nella Casa Imperiale e la Casa di Toscana smise di esistere come casa reale autonoma, venendo riassorbita da quella imperiale austriaca; a Ferdinando fu permesso di mantenere la sua fons honorum vita natural durante, mentre i figli divennero solo Principi Imperiali (Arciduchi/Arciduchesse d'Austria) e non più principi/principesse di Toscana. Nel 1870 Ferdinando IV abdicò ai diritti dinastici al Granducato di Toscana a favore dell'imperatore Francesco Giuseppe I d'Austria[1][2][3][4] e pertanto anche i suoi discendenti persero ogni diritto dinastico sulla Toscana.[5] Il Gran Magistero dell'Ordine di Santo Stefano cessò invece con la morte di Ferdinando IV.[6] L’imperatore Francesco Giuseppe I aveva infatti proibito, dopo la morte del granduca Ferdinando IV, avvenuta nel 1908, di assumere i titoli di granduca o di principe o principessa di Toscana.[7]

Obiettivi[modifica | modifica wikitesto]

Nato a somiglianza degli Ordini religiosi cavallereschi e di quelli spagnoli, si proponeva come scopo la difesa della fede cattolica e la lotta agli ottomani e alla pirateria barbaresca nel Mediterraneo, soprattutto nel mar Tirreno, dove Cosimo aveva da poco promosso il nuovo porto di Livorno. Inoltre egli desiderava che l'Ordine raccordasse la nobiltà toscana da poco riunita sotto la sua corona (in particolare quella senese e pisana) e voleva dare un forte segno di appoggio alla chiesa romana, minacciata dal pericolo turco e quello protestante. A un livello più generale si può riassumere che il fine ultimo di Cosimo non era altro che quello di rafforzare la sua autorità e il prestigio interno ed esterno al Granducato.

Organizzazione interna[modifica | modifica wikitesto]

Dettaglio del Palazzo della Carovana, con lo stemma dei Medici e dell'Ordine e la statua di Cosimo I

Inizialmente l'Ordine fu generosamente finanziato dal Granduca, poi grazie a oculati acquisti di tenute agricole, accrebbe il proprio patrimonio diventando tra i maggiori produttori e mercanti di grano della Toscana.

Tre erano le categorie di partecipanti all'Ordine, ciascuna divisa in due sottocategorie: militi (conventuali e commendatori), sacerdoti (conventuali e d'obbedienza) e serventi (d'arme e di stallo, questi ultimi in realtà non appartenenti all'ordine); ciascun livello richiedeva dei precisi requisiti: solo coloro che potevano dimostrare quattro quarti di nobiltà (cioè nobiltà di tutti i nonni, materni e paterni) potevano accedere alle cariche di cavaliere milite o sacerdote conventuale, così com'è attualmente. I cavalieri militi erano tenuti a profferire i tre voti di castità coniugale, carità e obbedienza e tali voti sono sempre rimasti nei vari Statuti dell'Ordine, fino all'attuale; era tuttavia facoltà del gran maestro dispensare dai voti. Erano previsti altri riconoscimenti al merito e altre classificazioni gerarchiche legate all'organizzazione interna dell'ordine (Priori, Balì, ecc.).

Prima di venire arruolati nell'Ordine si dovevano seguire tre anni di noviziato, durante i quali venivano impartite nozioni di geometria, cosmografia, aritmetica, disegno, cartografia, storia, pratica delle armi da punta e da fuoco; veniva inoltre provato l'imbarco su una galea dell'Ordine.

La carica di gran maestro era stata affidata dal papa erigente l'Ordine al capo della famiglia granducale di Toscana. Il governo interno era retto da un capitolo generale, cioè l'assemblea di tutti i cavalieri tenuta a scadenza triennale, da un consiglio provinciale (presto dimesso) e dal consiglio dei cavalieri composto inizialmente di dodici membri (poi ridotto alle cinque grandi cariche). Nella pratica però l'autorità si concentrava nelle mani dell'auditore, scelto direttamente dal sovrano, e poi subordinatamente ai cavalieri di gran croce, i grandi dignitari dell'Ordine specializzati in vari settori organizzativi. Comprendeva inoltre le classi di cavaliere di gran croce, commendatore (che attribuivano nobiltà ereditaria), e cavaliere (nobiltà personale);

Cavaliere
Commendatore
Cavaliere di gran croce

Elenco di Priorati e Baliati storici[modifica | modifica wikitesto]

  • Priorati: Arezzo, Ascoli, Ancona, Austria, Castiglion Fiorentino, Cortona, Chiusi, Colle Valdelsa, Fano, Firenze, Grosseto, Livorno, Lombardia, Lucca, Lunigiana, Macerata, Mantova, Marche, Massa Marittima, Modena, Modigliana, Montepulciano, Napoli, Parma, Perugia, Pescia, Pienza, Pietrasanta, Pitigliano, Pisa, Pistoia, Prato, Roma, San Miniato, San Sepolcro, Siena, Treviso, Umbria, Urbino, Volterra.
  • Baliati: Arezzo, Bologna, Colle Valdelsa, Cortona, Fiesole, Firenze, Grosseto, Livorno, Lunigiana, Macerata, Modena, Montalcino, Montepulciano, Pienza, Pisa, Perugia, Pescia, Pistoia, Roma, San Miniato, San Sepolcro, Senigallia, Siena, Viareggio, Volterra.

Oggi[modifica | modifica wikitesto]

L'Ordine si distingue, a livello regionale, nazionale e internazionale, per la "croce rossa ottagona", concessa nel 1562 da papa Pio IV in sede di approvazione degli Statuti. In base al principio per cui prior in tempore potior in iure la croce rossa ottagona è ancor oggi di uso esclusivo dell'Ordine di S. Stefano P. e M. e come tale è tutelata nei confronti di chi ne facesse un indebito uso in ambito cavalleresco. A livello dell'Unione Europea l'insegna dell'Ordine (croce rossa ottagona) e la sua denominazione sono ufficialmente registrati presso l'Ufficio dell’Unione Europea per la Proprietà Intellettuale (EUIPO).

Nonostante quanto detto, relativamente alla Legge 178/51, l'Ordine è riconosciuto dallo Stato Italiano come "ordine dinastico non nazionale" legittimamente conferibile ed il suo uso sul territorio italiano è autorizzabile a domanda dal Ministero degli affari esteri[8]: ciò venne ottenuto soprattutto in base alle relazioni ed ai pareri di Alberto Lembo[9][10][11][12] e Aldo Pezzana Capranica del Grillo, membri della Commissione consultiva per gli ordini cavallereschi non nazionali istituita presso il Ministero degli affari esteri[13]. In tali pareri venne sostenuta l'erronea tesi della perduranza di una fons honorum, e quindi anche cavalleresca, nei discendenti dell'ultimo Granduca di Toscana Ferdinando IV[14][15][16]: Pezzana fu decorato della gran croce dell'Ordine di Santo Stefano Papa e Martire da Leopoldo d'Asburgo, figlio dall'autoproclamatosi gran maestro, nel 1972, Goffredo d'Asburgo.

Le conclusioni e le tesi sia di Alberto Lembo, come il Pezzana decorato dei massimi gradi degli ordini cavallereschi distribuiti da Goffredo d'Asburgo e dai suoi discendenti, sia dello stesso Pezzana, sia di altri autori che scrissero in precedenza sullo stesso argomento[17][18][19][20][21][22], ossia circa l'erronea tesi della persistenza di una fons honorum, e quindi della facoltà di concedere ordini cavallereschi, nei discendenti di Ferdinando IV, vennero ampiamente confutate senza che nessuno riuscisse a replicare.[23][24]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Bernd Braun: Das Ende der Regionalmonarchien in Italien. Abdankungen im Zuge des Risorgimento. In: Susan Richter, Dirk Dirbach (Hrsg.): Thronverzicht. Die Abdankung in Monarchien vom Mittelalter bis in die Neuzeit. Böhlau Verlag, Köln, Weimar, Wien 2010, pagg. 251–266
  2. ^ Benedikt, Heinrich, Kaiseradler über dem Apennin. Die Österreicher in Italien 1700 bis 1866. Vienna: Herold Verlag, 1964
  3. ^ Karl Vocelka, Lynne Heller: Die private Welt der Habsburger: Leben und Alltag einer Familie, Styria, 1998, pag. 253, colonna I
  4. ^ Das Haus Habsburg: Vorspann ; Register ; Quellen ; Das Haus Alt-Habsburg ; Das Haus Habsburg-Lothringen, Alois Jahn, Selbstverl, 2002, pag. 59, 65
  5. ^ Annuario della Nobiltà Italiana, XXXII edizione, 2014, parte I
  6. ^ Rivista Araldica, anno 1913, volume 11, pagina 381, Roma, Collegio Araldico: "Da informazione ufficiale assunta a Vienna togliamo quanto segue «A Sua Altezza I. R. il defunto Granduca Ferdinando IV di Toscana era stato permesso dall'Impero austro-ungarico e dagli Stati dell'Impero germanico, di conferire i tre Ordini toscani, inerenti alla Sovranità, che anche spodestato, rimase all'Augusto principe fino alla sua morte. Il titolo di Principe di Toscana fu solo autorizzato ai membri della famiglia granducale nati prima del 1866. Dopo la morte del Granduca (1908) tutti gli augusti figli del defunto dovettero solennemente rinunciare ad ogni qualsiasi diritto di cui personalmente ed eccezionalmente godeva il padre. Quindi il Gran Magistero dell'Ordine di S. Stefano per volontà di S. M. l'Imperatore e Re è terminato col defunto granduca, né più sarebbe accettato dagli augusti principi lorenesi"
  7. ^ SILVA TAROUCA, Adler, Vienna, 1954, p. 165
  8. ^ Gli ordini cavallereschi e la Legge 178/51
  9. ^ Alberto Lembo, Lo Stato italiano e gli ordini cavallereschi «non nazionali», in Gli ordini dinastici della I. e R. Casa Granducale di Toscana e della Reale Casa Borbone Parma. Atti del convegno, Pisa 14 settembre 2001, Pisa, ETS, 2002, pp. 11-37
  10. ^ Alberto Lembo, Gli Ordini "non nazionali" nell'Ordinamento italiano, in «Il Mondo del Cavaliere. Rivista Internazionale sugli Ordini Cavallereschi», IV (2004), pp. 11-25ref>
  11. ^ Alberto Lembo, La titolarità del Granducato di Toscana, in «Nobiltà. Rivista di Araldica, Genealogia, Ordini Cavallereschi», XXII (2015), pp. 239-250
  12. ^ Alberto Lembo, Vita e legittimità dell'Ordine del Merito di S. Giuseppe, in «Il Mondo del Cavaliere. Rivista Internazionale sugli Ordini Cavallereschi», XV (2015), pp. 39-45
  13. ^ Alessandro Scandola, Dottrina e giurisprudenza in materia di onorificenze cavalleresche: l'archivio Lembo, International commission for orders of chivalry, Serravalle (Repubblica di San Marino), 2018, 2 Voll
  14. ^ Andrea Borella (a cura di): Annuario della Nobiltà italiana (2015-2020), XXXIII edizione, vol. 1, parte I, Asburgo Lorena, Annuario della Nobiltà italiana foundation trust, Teglio, 2021, ISBN 978-88-94286-10-6
  15. ^ Maurizio Reina de Jancour: Gli ordini cavallereschi «non nazionali» nella legge 3 marzo 1951 n. 178, Milano, Jouvence, 2020, ISBN 978-88-7801-734-4
  16. ^ «Annuario della nobiltà italiana», XXXIII edizione (2015-2020), a cura di Andrea Borella, Teglio, Annuario della Nobiltà italiana foundation trust, 2021, ISBN 9788894286106, EAN: 9788894286106.
  17. ^ Guy Stair Sainty, The Imperial and Royal House of Habsburg-Lorraine
  18. ^ Rodolfo Bernardini, Il Sacro Militare Ordine di Santo Stefano Papa e Martire, Ordine dinastico-familiare della Casa Asburgo Lorena, Pisa, 1990
  19. ^ Fabrizio Ferri, Ordini Cavallereschi e Decorazioni in Italia, Modena, 1995
  20. ^ Pier Felice degli Uberti, Ordini Cavallereschi e Onorificenze, De Vecchi Editore, Milano 1993
  21. ^ Gregor Gatscher-Riedl, Mario Strigl, Die roten Ritter. Zwischen Medici, Habsburgern und Osmanen. Die Orden und Auszeichnungen des Großherzogtums Toskana. Vienna, Neue Welt Verlag 2014, ISBN 978-3-9503061-5-6
  22. ^ Commissione Internazionale Permanente per lo studio degli Ordini Cavallereschi - ICOC: REGISTER OF ORDERS OF CHIVALRY - REGISTRE DES ORDRES DE CHEVALERIE, con prefazione di degli Uberti, Pier Felice, pagina 35, YouCanPrint, 28 febbraio 2021, ISBN 979-12-20389-43-3
  23. ^ Maurizio Reina de Jancour, Gli ordini cavallereschi «non nazionali» nella legge 3 marzo 1951 n. 178, Milano, Jouvence, 2020, ISBN 978-88-7801-734-4
  24. ^ «Annuario della nobiltà italiana», XXXII edizione (2011-2014), a cura di Andrea Borella, Teglio, S.A.G.I., gennaio 2014, ISBN 9788895231082, EAN: 9788895231082.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • AA.VV. L'Ordine di Santo Stefano e l'amministrazione delle sue fattorie, Pisa, Ets, 1999.
  • AA.VV. Insigne Sacro Militare Ordine di Santo Stefano Papa e Martire, Ruolo e Statuto, Pisa, 2002.
  • AA.VV. Rivista Araldica, Roma, 1913
  • AA.VV. Adler, Vienna, 1954
  • Benedikt, Heinrich Kaiseradler über dem Apennin. Die Österreicher in Italien 1700 bis 1866", Vienna: Herold Verlag, 1964
  • Bernardini, Rodolfo Il Sacro Militare Ordine di Santo Stefano Papa e Martire, Ordine dinastico-familiare della Casa Asburgo Lorena, Pisa, 1990
  • Borella, Andrea Annuario della Nobiltà Italiana, XXXII edizione, S.A.G.I., Teglio, 2014
  • Borella, Andrea Annuario della Nobiltà Italiana, XXXIII edizione (2015-2020), Annuario della Nobiltà italiana foundation trust, Teglio, 2021, ISBN 978-88-94286-10-6
  • Braun, Bernd "Das Ende der Regionalmonarchien in Italien. Abdankungen im Zuge des Risorgimento". In: Susan Richter, Dirk Dirbach (Hrsg.): Thronverzicht. Die Abdankung in Monarchien vom Mittelalter bis in die Neuzeit. Böhlau Verlag, Köln, Weimar, Wien 2010, pagg. 251–266
  • Ciano, Cesare Santo Stefano per mare e per terra. La guerra mediterranea e l'Ordine dei Cavalieri di Santo Stefano dal 1563 al 1716 (edizione bilingue in italiano e inglese), Pisa, CLD Libri, 2020. ISBN 978-88-7399-386-5
  • Bernardini, Rodolfo Il Sacro Militare Ordine di Santo Stefano Papa e Martire, Ordine dinastico-familiare della Casa Asburgo Lorena, Pisa, 1990.
  • Cappelletti, Licurgo Storia degli Ordini Cavallereschi, ristampa anastatica, Sala Bolognese, 1981.
  • Cibrario, Luigi Descrizione storica degli ordini cavallereschi antichi e moderni, Napoli 1894.
  • Cuomo, Franco Gli Ordini cavallereschi nel mito e nella storia, Roma 1992.
  • Cuomo, Raffaele Ordini Cavallereschi Antichi e Moderni, vol. II, Napoli, 1894.
  • Degli Uberti, Pier Felice Ordini Cavallereschi e Onorificenze, De Vecchi Editore, Milano 1993.
  • Ferri, Fabrizio Ordini Cavallereschi e Decorazioni in Italia, Modena, 1995.
  • Gatscher-Riedl, Gregor e Strigl, Mario Die roten Ritter. Zwischen Medici, Habsburgern und Osmanen. Die Orden und Auszeichnungen des Großherzogtums Toskana. Vienna, Neue Welt Verlag 2014, ISBN 978-3-9503061-5-6.
  • Guarnieri, Gino L'ordine di Santo Stefano, Pisa, 1966.
  • Jahn, Alois " Das Haus Habsburg: Vorspann ; Register ; Quellen ; Das Haus Alt-Habsburg ; Das Haus Habsburg-Lothringen". Selbstverl, 2002
  • Lembo, Alberto Lo Stato italiano e gli ordini cavallereschi «non nazionali», in Gli ordini dinastici della I. e R. Casa Granducale di Toscana e della Reale Casa Borbone Parma. Atti del convegno, Pisa 14 settembre 2001, Pisa, ETS, 2002, pp. 11-37
  • Lembo, Alberto Gli Ordini "non nazionali" nell'Ordinamento italiano, in «Il Mondo del Cavaliere. Rivista Internazionale sugli Ordini Cavallereschi», IV (2004)
  • Lembo, Alberto La titolarità del Granducato di Toscana, in «Nobiltà. Rivista di Araldica, Genealogia, Ordini Cavallereschi», XXII (2015)
  • Libertini, Domenico Dagli antichi cavalieri agli attuali ordini cavallereschi, Città di Castello 2009.
  • Moroni,Gaetano Dizionario di erudizione storico-ecclesiastica, vol. LXX, Venezia 1854.
  • Reina de Jancour, Maurizio Gli ordini cavallereschi «non nazionali» nella legge 3 marzo 1951 n. 178, Milano, Jouvence, 2020, ISBN 978-88-7801-734-4
  • Sainty, 'Guy Stair 'The Imperial and Royal House of Habsburg-Lorraine ([1])
  • Scandola, AlessandroDottrina e giurisprudenza in materia di onorificenze cavalleresche: l'archivio Lembo, International commission for orders of chivalry, Serravalle (Repubblica di San Marino), 2018
  • Sodi, Stefano e Renzoni, Stefano La chiesa di Santo Stefano e la piazza dei Cavalieri, collana Mirabilia Pisana, edizioni Ets, Pisa 2003.
  • Viviano Marchesi, Giorgio La Galeria dell'Onore ove sono descritte le segnalate memorie del Sagr'Ordine Militare di S. Stefano P. e M. e de' suoi Cavalieri..., Fratelli Marozzi, Forlì 1735.
  • Vocelka, Karl e Heller, Lynne "Die private Welt der Habsburger: Leben und Alltag einer Familie ', Styria, 1998, pag. 253, colonna I
Statuti

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

Altri progetti[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

Controllo di autoritàVIAF (EN156663616 · J9U (ENHE987007449123305171