Nobiltà

La nobiltà è uno status di privilegio riconosciuto dall'autorità; indica anche una classe sociale costituita da individui, famiglie e dinastie dotate di particolari privilegi e ricchezze, che si trovano al di sotto del sovrano, il quale può conferir loro titoli nobiliari o incarichi precisi. Con riferimento a quest'ultima accezione, lo storico Marc Bloch definisce "nobiltà" la classe dominante che abbia uno statuto giuridico suo proprio, che confermi e materializzi la superiorità che essa pretende e che si perpetui per via ereditaria. Esiste tuttavia la capacità di acquisire titoli nobiliari da zero tramite il possesso di beni terrieri, l'esercizio della titolarità su istituzioni o enti e/o lo svolgimento di alte cariche pubbliche.[1]
Il termine nobile deriva dal latino nobilis, che significa "persona illustre". Per coloro che risultassero privi di un particolare titolo nobiliare, ma discendenti da famiglia aristocratica, venivano usati i termini nobiluomo o nobildonna.
Il governo retto dalla nobiltà è chiamato aristocrazia.
Storia[modifica | modifica wikitesto]
Una vera casta con privilegi si ebbe nell'Egitto, nell'India e in Persia. Nella Grecia di Omero alcune famiglie vantavano origine divina o eroica, che era vanto e stimolo ai discendenti[non chiaro]. A Roma, nei primi tempi, si ebbe in sostanza nella prima età feudale quella che è stata chiamata "nobiltà di fatto", legata alle funzioni di amministrazione del potere comunque delegato dal sovrano e i cui privilegi consistettero, in origine soprattutto, nella concessione di terre.
Una nobiltà di diritto si formò e si costituì tra i secoli XI e XIII: anche in questo caso la nobiltà fu legata a una funzione preminente e caratterizzante, quella militare, e a privilegi legati a modi di possesso di terre e territori; ma i modi di accesso a questo tipo di nobiltà furono regolati non solo da tradizioni consolidate, bensì anche da statuti giuridici (e molto più spesso dalla violenza).[senza fonte]
Uno dei più caratteristici privilegi della nobiltà cittadina fu l'ammissione dei soli nobili ai più prestigiosi collegi professionali (collegio dei giureconsulti, dei fisici, medici, ecc.). I privilegi più comuni della nobiltà furono normalmente d'ordine fiscale, cioè esenzioni totali o parziali da vari tipi di imposte, e d'ordine giudiziario: comunemente il nobile poteva essere giudicato solo da nobili, da suoi pari, molto spesso costituiti in tribunale speciale.
Il diritto nobiliare contemplò sempre anche i casi per i quali si perdeva la nobiltà: dovunque comportava perdita della nobiltà (e dei relativi privilegi) una condanna per crimini contro il sovrano o contro il proprio paese, in molti casi anche una condanna per delitti comuni di particolare gravità; era anche generalmente considerata motivo di perdita della nobiltà qualsiasi attività considerata "servile o meccanica" cioè legata a lavoro manuale[specificare meccanica o togliere].
La successione nei titoli nobiliari, normalmente disposta nell'atto di concessione del titolo da parte del sovrano o del capo dello stato, poteva avvenire per soli maschi primogeniti, in favore dei discendenti maschi, ma anche in favore di tutti i discendenti, maschi e femmine (per queste solo a titolo personale e comunque sempre senza trasmissione ai discendenti in linea femminile, con l'eccezione di casi rarissimi[non chiaro]). Il titolo nobiliare si trasmetteva ai soli figli legittimi, non agli adottati, né ai naturali, né ai legittimati per rescriptum principis, ma solo ai legittimati per subsequens matrimonium, salve sempre diverse statuizioni[scrivere in italiano chiaro ed enciclopedico] del sovrano.
In Francia nel 1789 l'Ancien Régime, dopo essere stato spazzato via dalla rivolta, era stato giuridicamente liquidato per decreto (l'"Assemblea nazionale" abolisce interamente il regime feudale")[2].
Dopo la Rivoluzione francese, anche nei paesi da essa non toccati ma nei quali si erano ormai affermati alcuni dei principi ideali da cui la Rivoluzione era nata, andò mutando la concezione dello Stato e definendosi una nuova idea di nazione: la nobiltà, persi ormai i privilegi di tipo feudale, vide ridursi ovunque e rapidamente sparire quasi dovunque anche gli altri privilegi tradizionali che nei confronti dello Stato la ponevano prima in rapporto diverso da quello dei non-nobili.
Se nel corso dei secoli ha spesso rappresentato la classe dirigente della società, oggi (soprattutto in un'Europa in cui in molti paesi i titoli nobiliari non sono più riconosciuti), la nobiltà si presenta talvolta come un ceto interessato a conservare le tradizioni ataviche e la memoria storica, anche con un certo attivismo in campo sociale e culturale.[senza fonte]
Dal XIII secolo in poi, gli Armoriali hanno rigorosamente documentato in Europa e negli Stati Uniti la nobile origine di famiglie, comunità locali, personalità della gerarchia ecclesiastica e della gerarchia militare.
Le stesse nobili famiglie erano solite far raffigurare e mostrare pubblicamente simboli e motti degli armoriali in vesti, opere d'arte, stemmi e bandiere: poiché in questo modo tutelavano l'immagine, il buon nome e i diritti ereditari del loro rango sociale. L'armoriale tracciava — o permette agli storici di ricostruire — la ramificazione geografica di una nobile famiglia, in quali località si stabiliva e con quali eventuali modifiche al cognome e all'arma.
In Scozia una legge e un registro specifici tutelano legalmente nome e origine della nobiltà.
In Italia la Costituzione repubblicana ha tolto ogni riconoscimento giuridico ai titoli nobiliari, in forza dell'articolo XIV delle Disposizioni transitorie e Finali.
Titoli nobiliari[modifica | modifica wikitesto]
I titoli di nobiltà non furono certo il più significativo fattore di distinzione fra i nobili, né in termini di prestigio né in termini di potere: contavano maggiormente l'antichità della discendenza, il suo lustro storico, l'importanza delle cariche ricoperte e dei ranghi riconosciuti, nonché le alleanze matrimoniali, l'ampiezza e la stabilità dei possessi fondiari[3]. I più antichi elenchi nobiliari in ordine gerarchico includevano soltanto tre titoli: Principe, Duca e Conte.
Di seguito, e in ordine gerarchico, i titoli più frequentemente usati in Europa:
- Imperatore (non più in uso in Europa, ancora in uso ad esempio in Giappone)
- Re
- Principe elettore
- Principe (in alcuni paesi Infante, quale figlio di un sovrano; in altri paesi il titolo di Principe è inferiore a quello di Duca)
- Arciduca (titolo specifico dei membri della famiglia imperiale austriaca)
- Granduca (o Gran Principe)
- Duca
- Marchese (o Margravio)
- Conte (o Langravio)
- Visconte (o Burgravio)
- Barone
- Patrizio (o Nobile)
- Signore
- Cavaliere ereditario ( o Baronetto)
- Cavaliere
Titoli nobiliari specifici della nobiltà sarda:[4]
Misura della nobiltà[modifica | modifica wikitesto]
I quarti di nobiltà[modifica | modifica wikitesto]
I "quarti di nobiltà" esprimono, nel sistema nobiliare, l'anzianità di nobiltà di una persona (a prescindere dal titolo) in funzione dell'appartenenza o meno dei propri antenati al ceto nobiliare. In altri termini, più alto è il numero di generazioni precedenti che potevano fregiarsi di un titolo nobiliare, e maggiore è la nobiltà della persona in questione, che viene misurata così in "quarti".
Il computo parte dai nonni: un nobile i cui nonni potessero fregiarsi ciascuno a buon diritto di un titolo nobiliare comunque acquisito (assegnato direttamente dal re o ricevuto per discendenza) è in possesso di 4/4 di nobiltà (un quarto per ciascuno dei quattro antenati). Risalendo ai bisnonni (4 coppie, maschi e femmine), se ciascuno di essi era nobile, il computo del "Quarti" consente al soggetto in questione di vantare 8/4 di nobiltà, a seguire 16/4 se erano nobili anche tutti i suoi trisavoli, e così via.[5]
Origini[modifica | modifica wikitesto]
È a partire dalla fine del medioevo che nell'Europa centrale compare l'uso di definire la nobiltà di una persona facendo il conto dei suoi "quarti di nobiltà".[6] Più precisamente furono i tedeschi ed i fiamminghi che per primi ricorsero a un tale tipo di misurazione, per risolvere il problema posto da un'eventuale assenza di nobiltà dal lato femminile.[6]
Furetière fa riferimento ai quarti di nobiltà per parlare di blasonatura delle arme: un quarto, egli dice, è uno stemma d'arme.
«Il faut seize quartiers pour prouver la noblesse de quatre races dans les Compagnies où on ne reçoit que les Nobles. Ce mot de « quartier », que l'on demande pour les preuves de Noblesse, vient de ce autrefois on mettoit sur les quatre coins d'un tombeau les Écus du père & de la mère, de l'aïeul & de l'aïeule du défunt. On voit en Flandres & en Allemagne des tombeaux où il y a 8, 16, & 32 quartiers de noblesse.»
«Occorrevano sedici quarti di nobiltà per entrare in organizzazioni che accoglievano solo nobili. Il termine "quarto", che viene richiesto per provare la propria appartenenza alla nobiltà, proviene dall'uso di porre ai quattro angoli della pietra tombale gli stemmi del padre, della madre, del nonno e della nonna. Si vedono in Fiandra ed in Germania tombe ove vi sono 8, 16, & 32 quarti di nobiltà»
Nobiltà in Europa[modifica | modifica wikitesto]
Attualmente in alcune nazioni europee, cioè nel Belgio, nella Gran Bretagna e nella Spagna, i diritti araldici e nobiliari sono riconosciuti e i sovrani elargiscono nuove concessioni, o fanno rivivere titoli vacanti.
Altrove, come accade in Danimarca, in Liechtenstein, in Lussemburgo, nel Principato di Monaco, in Norvegia, nei Paesi Bassi e in Svezia, vengono riconosciuti e sono concessi solo ai membri della famiglia sovrana. Così pure riconoscono i titoli nobiliari, senza fare nuove concessioni, la Santa Sede e la Repubblica di San Marino[8]. Le repubbliche di Finlandia, di Francia e d'Irlanda (quest'ultima con qualche eccezione[non chiaro]) riconoscono anch'esse i titoli nobiliari e permettono l'accertamento dei diritti relativi. Li vietano e li perseguono invece l'Austria e la Svizzera. In Germania, i titoli fanno parte integrante del cognome, mentre nel Portogallo non si dà rilevanza giuridica agli stessi.
Chi vuol far valere i propri diritti araldici genealogici nobiliari può rivolgersi a ordini cavallereschi nobiliari, a corpi di re d'armi di paesi dove ancora esiste giurisdizione nobiliare o ad associazioni araldico-nobiliari[Vedi discussione].[9]
Città del Vaticano, Santa sede e titoli pontifici[modifica | modifica wikitesto]
La nobiltà pontificia è, ai sensi dello stato Città del Vaticano, ancora de iure e de facto vigente. Gli attuali organismi per accertare i titoli pontifici sono i tribunali ecclesiastici di ogni ordine e grado che operano ai sensi del diritto canonico. Gli atti emessi sono atti statuali e godono (quando in forma di decreto) di valore di legge con efficacia impositiva e imperativa all'interno dello stato Città del Vaticano e dell'ordinamento ecclesiastico. I titoli nobiliari tutelati nel vigente diritto canonico sono i titoli concessi dalla Santa Sede (direttamente o, teoricamente, anche per delega) o concessi dall'Ordine di Malta che però non ha mai di fatto esercitato questo diritto da quando ha perso il possesso delle isole maltesi nel 1799.
Nell'articolo 42 del Concordato del 1929 era ammesso il riconoscimento, mediante decreto del capo dello Stato, dei titoli nobiliari conferiti dai pontefici anche dopo il 1870 e successivamente alla conclusione degli Accordi lateranensi[10].
Per quanto concerne i titoli nobiliari pontifici, dopo l'entrata in vigore della Costituzione italiana, esistevano due correnti dottrinarie opposte: la prima sosteneva che essi dovevano essere riconosciuti dalla Repubblica Italiana perché essendo state costituzionalizzate le norme del Concordato con la Santa Sede (1929), che li riconosceva, anch'essi sarebbero stati automaticamente costituzionalizzati; la seconda corrente invece sosteneva che ai titoli nobiliari pontifici andava riconosciuto solo il trattamento riservato ai titoli nobiliari nazionali italiani e quindi per essi esisteva esclusivamente (come per quelli nazionali) il diritto alla "cognomizzazione" del solo predicato.[??][senza fonte]
Nell'accordo di revisione del Concordato lateranense, firmato il 18 febbraio 1984, essendovi prevista l'abrogazione delle norme del Concordato del 1929 non riprodotte nel nuovo documento, ne risultò abrogato anche l'art. 42 che imponeva il riconoscimento dei titoli pontifici, i quali da quella data non sono perciò attualmente suscettibili di riconoscimento da parte dello Stato italiano.[senza fonte]
Di fatto, la Santa Sede non conferisce nuovi titoli nobiliari da alcuni decenni; l'ultimo di cui si hanno notizie certe fu conferito da papa Paolo VI[11]. Il Calendario Pontificio, edito annualmente dal 2016 per i tipi della Ettore Gallelli-edizioni, dietro supervisione dalla Segreteria di Stato Vaticana, pubblica nella IV parte le casate che nei secoli ricevettero dal romano Pontefice titoli nobiliari, quelle che ricevettero l'Ordine della Milizia Aurata o Speron d'Oro, in anni anteriori al 1841, quando tale milizia equestre era ancora il Titolo di rango e nobilitazione della Santa Sede, ovvero conferito su prove di nobiltà e conferente la nobiltà ereditaria, nonché casate facenti parte della corte Pontificia, e in ultimo le casate ricevute tra i Gentiluomini di Sua Santità, e tra i Parafrenieri-Sediari Pontifici di Sua Santità.
Sovrano militare ordine di Malta[modifica | modifica wikitesto]
Il Sovrano militare ordine di Malta, ordine religioso dipendente dalla Santa Sede, la cui sovranità è riconosciuta dalla Repubblica Italiana (discussa da una parte della dottrina e della giurisprudenza)[12] e da altri Stati[13] non effettua più nuove concessioni nobiliari, ma si limita a verificare (dopo un accurato esame dei documenti prodotti) i titoli nobiliari presentati dagli aspiranti che chiedono di essere ammessi in quelle classi che esigono ancora le prove di nobiltà (cavalieri di onore e devozione e cavalieri di grazia e devozione). Per gli aspiranti alla classe di giustizia (il cosiddetto "primo ceto" dell'ordine), in passato rigorosamente riservata ai nobili, la presentazione delle prove nobiliari è stata invece abrogata dalla Costituzione promulgata nel 1997.[14]
L'ammissione nell'ordine di Malta, dopo la riforma recentemente voluta dalla Santa Sede, non è più un'indiretta forma di riconoscimento di nobiltà.[15]
Repubblica di San Marino[modifica | modifica wikitesto]
L'ordinamento dello stato nobiliare della Repubblica di San Marino è regolato dalla legge del 29 settembre 1931 n. 15, e successive modifiche. In relazione agli sconvolgimenti istituzionali italiani, San Marino provvide all'abolizione dell'ordinamento nobiliare (1946), per ristabilirlo diversi anni dopo (1958), con limitazioni al riconoscimento della nobiltà non sammarinese (1969).
La concessione di nuovi titoli nobiliari, prevista nella legge del 1931, è stata vietata nel 1980.[16]
Italia[modifica | modifica wikitesto]
Nobiltà italiana
- Nobiltà fiorentina
- Nobiltà milanese
- Nobiltà romana
- Nobiltà del Regno napoleonico d'Italia
- Patriziato (Venezia)
- Nobiltà di Sicilia (alta aristocrazia), Parìa di Sicilia
- Nobiltà di Napoli (alta aristocrazia)
- Nobiltà del Regno di Sicilia Ultra (alta aristocrazia)
- Nobiltà del Regno di Sicilia Citra (alta aristocrazia)
- Nobiltà del Regno delle Due Sicilie (alta aristocrazia)
Altri Stati[modifica | modifica wikitesto]
- Nei paesi a regime monarchico, ma anche in alcune Repubbliche (come ad esempio la Repubblica del Sud Africa[17] in cui vi sono sia un "Heraldry Council" sia un "Bureau of Heraldry"), esiste un organo statale, dipendente spesso dalla Presidenza del consiglio o da un ministero, che è competente per il riconoscimento o la concessione di un titolo anche completamente nuovo. Altri ordinamenti, anche a carattere repubblicano, possono ugualmente prevedere forme di tutela giuridica dei titoli nobiliari e degli stemmi gentilizi come avviene, ad esempio, in Francia.
Nobiltà armena
Nobiltà austriaca
Nobiltà baltica
Nobiltà belga
Nobiltà boema
Nobiltà brasiliana
Parìa britannica
Nobiltà croata
Nobiltà danese
Nobiltà finlandese
Nobiltà francese
Nobiltà maltese
Nobiltà norvegese
Nobiltà olandese
Nobiltà polacca
Nobiltà portoghese
Nobiltà russa
Nobiltà spagnola
Nobiltà svedese
Nobiltà tedesca
Nobiltà ungherese
Nobiltà in Asia e America[modifica | modifica wikitesto]
Nobiltà cinese
Nobiltà del Bhutan
Nobiltà coreana
Nobiltà cubana
Nobiltà giapponese
Nobiltà messicana
Nobiltà tailandese
Note[modifica | modifica wikitesto]
- ^ AA.VV, Grande enciclopedia, volume XIII, Novara 1989, p. 551
- ^ AA.VV. Diritto Costituzionale, Giugliano (NA), luglio 2010, Edizioni Giuridiche Simone, p. 29
- ^ Marino Bon Valsassina "Titoli nobiliari", in Enciclopedia giuridica Treccani.
- ^ A.A.G.N.D.S. - Discorso Bibliografico
- ^ Carlo Mistruzzi di Frisinga, Trattato di Diritto Nobiliare Italiano, Milano, Giuffrè, 1961, 3 voll. (Queste regole sono tuttora in vigore per l'ammissione al Sovrano Militare Ordine di Malta)
- ^ a b Léon Poliakov, Ni juif ni grec, Walter de Gruyter, 1978, p. 116
- ^ Dictionnaire universel françois & latin, Pierre-François Giffart, 1732, p. 1209
- ^ Alessandro Gentili, I titoli nobiliari e cavallereschi sammarinesi, in Rivista Nobiliare n.2, pagg. 3 e ss., Accademia Araldica e Nobiliare Italiana, Firenze, 2017
- ^ Pier Felice degli Uberti "La storia della tua famiglia" Milano 1995 Giovanni De Vecchi Editore pag. 124
- ^ F. del Giudice-F. Mariani Diritto Ecclesiastico Edizioni Giuridiche Simone Pozzuoli (NA), XI edizione, giugno 2010, p. 109
- ^ La fons honorum dei Capi di Chiesa
- ^ Benedetto Conforti Diritto internazionale, Napoli 2002, p.31
- ^ Sito ufficiale del Sovrano militare ordine di Malta
- ^ Carta costituzionale del Sovrano Ordine di Malta
- ^ Pier Felice degli Uberti La storia della tua famiglia, Giovanni De Vecchi Editore, Milano 1995, p. 127
- ^ Alessandro Gentili, Titoli nobiliari e cavallereschi sammarinesi, in Rivista Nobiliare, n. 2, pp. 3 e ss., Accademia Araldica e Nobiliare Italiana, Firenze, 2017
- ^ Sito degli Archivi nazionali del Sud Africa
Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]
- Marc Bloch, La società feudale, Einaudi, Torino, 1984
- Alessandro Gentili, Titoli nobiliari e cavallereschi sammarinesi, in Rivista Nobiliare, n. 2, pagg. 3 e ss., Accademia Araldica e Nobiliare Italiana, Firenze, 2017
- G. Cansacchi, Predicati e titoli nobiliari, in "Novissimo Digesto Italiano" Torino 1984, appendice vol. V, pag.1133.
- Claudio Donati, L'idea di nobiltà in Italia: secoli XIV-XVIII, Roma - Bari, 1988.
- Enrico Genta, Titoli nobiliari, in AA. VV., "Enciclopedia del diritto", Varese 1992, vol. XLIV, pag. 674-684.
- Gian Carlo Jocteau: Nobili e nobiltà nell'Italia unita, Laterza (collana Quadrante Laterza) 1997
- Carlo Mistruzzi di Frisinga, Trattato di diritto nobiliare italiano, Milano 1961.
- Marco Consentino, Stefano Filippone-Thaulero, Cerimoniale, Gangemi, Roma, 2008.
- Libro d'Oro della Nobiltà Italiana-Gallelli editore.
- Annuario della Nobiltà Italiana- Borella editore.
Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]
- Araldica
- Aristocrazia
- Connubio (fenomeno sociale)
- Consulta araldica
- Falsi titoli di nobiltà
- Gentilizio
- Nobiltà di spada
- Nobiltà di toga
- Processi di nobiltà
Altri progetti[modifica | modifica wikitesto]
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Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]
- nobiltà, in Dizionario di storia, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 2010.
- (IT, DE, FR) Nobiltà, su hls-dhs-dss.ch, Dizionario storico della Svizzera.
- Diritto nobiliare, su dirittonobiliare.com.
- Annuario della Nobiltà italiana, su annuariodellanobilta.com.
- Libro d'Oro della Nobiltà Italiana - periodico, su collegio-araldico.it. URL consultato il 25 ottobre 2007 (archiviato dall'url originale il 3 marzo 2016).
- Albo d'Oro delle Famiglie Nobili e Notabili Europee - periodico, su genealogia.it.
- Corpo della Nobiltà sammarinese, su valdausa.tripod.com.
- Nobiltà spagnola, su numendigital.com.
- Nobili napoletani, su nobili-napoletani.it.
- Copia archiviata, su ilcerimoniale.it. URL consultato il 7 giugno 2018 (archiviato dall'url originale il 28 ottobre 2016).
- I Cani e la nobiltà, su https://monacoitaliamagazine.net/cani-corte-fedeli-compagni-famiglie-reali
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