Museo d'arte contemporanea Donnaregina

Museo Madre
Madre · Museo d'arte contemporanea Donnaregina, Napoli. Courtesy Fondazione Donnaregina per le arti contemporanee. Foto di Amedeo Benestante
Ubicazione
StatoBandiera dell'Italia Italia
LocalitàNapoli
Indirizzovia Luigi Settembrini, 79
Coordinate40°51′17.5″N 14°15′31.21″E / 40.85486°N 14.25867°E40.85486; 14.25867
Caratteristiche
TipoArte contemporanea
Istituzione11 giugno 2005
Apertura11 giugno 2005
Visitatori101 217 (2018)[1]
Sito web

Il Museo d'arte contemporanea Donnaregina (Madre) è ubicato nello storico Palazzo Donnaregina, in via Luigi Settembrini a Napoli.

Il museo ha una superficie complessiva di 7.200 m2 di cui 2660 m2 sono destinati alle aree espositive, è dotato di una libreria dedicata, una biblioteca, di laboratori didattici, un auditorium, un ristorante e una caffetteria.[2]

Storia[modifica | modifica wikitesto]

La nascita del Museo Madre è stata pianificata in base al “Patto per l'Arte Contemporanea” sottoscritto nel 2003 dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali[3], le Regioni, le Province Autonome di Trento e Bolzano, le Province, i Comuni e le Comunità Montane con il fine di:

«dare impulso alla promozione dell’arte contemporanea e incrementare il patrimonio pubblico in questo settore»

Tale patto ha permesso alla Regione Campania di costituire nel 2004, come socio unico, la Fondazione Donnaregina senza scopo di lucro con lo scopo di:

«promuovere, diffondere e favorire la fruizione e la preservazione delle opere di arte visiva contemporanea [...] istituire, promuovere e gestire musei, centri d’arte e di cultura nel territorio della Regione Campania [...]»

L'anno successivo la Giunta Regionale Campana ha quindi acquistato il Palazzo Donnaregina per adibirlo a primo museo regionale per l'arte contemporanea.

L'edificio si sviluppa su strutture settecentesche e ottocentesche intorno a due cortili e sovrasta un tratto di cinta muraria del V-IV a.C. visibile sotto il pavimento della biglietteria.[5]

Inaugurato (parzialmente) l'11 giugno 2005, il museo è stato finito completamente nel 2007 e sono stati ampliati gli spazi di esposizione ad opera dell'architetto portoghese Álvaro Siza.

Per quattro anni il museo ha ospitato mostre e retrospettive sotto la direzione di Eduardo Cicelyn e Mauro Codognato. Non sono mancate polemiche relative alla loro gestione, tra cui quella condotta dal gallerista napoletano Guido Cabib sulle colonne del portale Exibart, per i finanziamenti stanziati dalla Regione per la mostra Barock, ospitata nel museo dal 13 dicembre 2009 al 5 aprile 2010[6].

A marzo 2010, le elezioni regionali hanno visto un avvicendamento dei partiti politici, così la giunta fino a quel momento guidata da Antonio Bassolino (PD) è stata sostituita da una guidata da Stefano Caldoro (PDL). Il 16 febbraio 2011 il Consiglio di Amministrazione del Madre si è dimesso[7] e poco dopo alcune delle istituzioni e alcuni artisti che avevano concesso in prestito le opere ne hanno chiesto la restituzione[8].

Il Madre è retto dal Consiglio di amministrazione della Fondazione con la collaborazione di un comitato scientifico. Dei due organi hanno fatto parte Laura Valente, Maria Letizia Magaldi, Ferdinando Pinto, Oberdan Forlenza, Achille Bonito Oliva, Enrico Santangelo, Sylvain Bellenger, Bice Curiger, Hou Hanru, Gianfranco Maraniello, Massimo Osanna, Stefano Boeri. Alla direzione artistica si sono succeduti Eduardo Cicelyn, Andrea Viliani, Kathryn Weir. Dal 2021 la Fondazione è presieduta da Angela Tecce. Dal 2023 la direzione artistica è passata a Eva Elisa Fabbris.

Collezione[modifica | modifica wikitesto]

In origine, la collezione permanente del Madre era ospitata al secondo piano dell'edificio ed era formata da opere concesse in prestito a tempo indeterminato da collezioni nazionali ed internazionali (come la collezione Sonnabend di New York o la collezione Stein di Milano) o direttamente dagli artisti, come nel caso di Damien Hirst, Jannis Kounellis, Richard Long, Nino Longobardi, Giulio Paolini, Robert Rauschenberg e Jeff Wall.

La collezione ospitata dal 2006 al 2012 annoverava opere di: Carlo Alfano, Getulio Alviani, Carl Andre, Giovanni Anselmo, John Baldessari, Georg Baselitz, Bernd & Illa Becher, Joseph Beuys, Domenico Bianchi, Ashley Bickerton, Alighiero Boetti, Alberto Burri, Francesco Clemente, Enzo Cucchi, Hanne Darboven, Gino De Dominicis, Luciano Fabro, Dan Flavin, Lucio Fontana, Gilbert & George, Douglas Gordon, Andreas Gursky, Peter Halley, Damien Hirst, Donald Judd, Anish Kapoor, Anselm Kiefer, Yves Klein, Jeff Koons, Joseph Kosuth, Jannis Kounellis, Sol LeWitt, Roy Lichtenstein, Richard Long, Nino Longobardi, Piero Manzoni, Robert Mapplethorpe, Mario Merz, Marisa Merz, Robert Morris, Bruce Nauman, Claes Oldenburg, Luigi Ontani, Mimmo Paladino, Giulio Paolini, Giuseppe Penone, Gianni Pisani, Michelangelo Pistoletto, Robert Rauschenberg, Gerhard Richter, Thomas Ruff, Mario Schifano, Richard Serra, Julian Schnabel, Cindy Sherman, Haim Steinbach, Thomas Struth, Antoni Tàpies, Ernesto Tatafiore, Cy Twombly, Bill Viola, Jeff Wall, Andy Warhol e Gilberto Zorio[9]. A causa dei rovesci finanziari e politici del museo, alcune opere sono state restituite ai proprietari. Dopo il cambiamento di gestione, che ha visto la ricostituzione del Cda della Fondazione e del comitato scientifico e la nomina del direttore Andrea Viliani, la collezione è stata ricostituita.

Alla Collezione site-specific - con opere di: Domenico Bianchi, Francesco Clemente, Luciano Fabro, Rebecca Horn, Anish Kapoor, Jeff Koons, Jannis Kounellis, Sol LeWitt, Richard Long, Mimmo Paladino, Giulio Paolini e Richard Serra - dal 2013 si affianca il progetto in progress Per_formare una collezione dedicato dalla Fondazione Donnaregina per le arti contemporanee alla formazione progressiva della Collezione del museo Madre.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Dati visitatori 2018, su ilmattino.it. URL consultato il 20 gennaio 2019 (archiviato dall'url originale il 25 gennaio 2019).
  2. ^ Il museo, su madrenapoli.it, Museo MADRE. URL consultato il 5-11-2014.
  3. ^ Museo MADRE di Napoli, in 10Cose.it, 12 agosto 2016. URL consultato il 23 febbraio 2018.
  4. ^ a b Bollettino ufficiale n. 40 (PDF), su sito.regione.campania.it, Regione Campania, 4 settembre 2006. URL consultato il 5-11-2014.
  5. ^ AA.VV., Rapporto di attività 2007-2009 (PDF), su dies.uniud.it, Mondadori Electa, 2010. URL consultato il 5-11-2014 (archiviato dall'url originale il 6 novembre 2014).
  6. ^ Napoli, al Madre il Barock della discordia, su ilmattino.it. URL consultato il Visitato il 5 novembre 2014 (archiviato dall'url originale il 6 novembre 2014).
  7. ^ Madre nel caos, a Napoli lascia il Cda della Fondazione Donnaregina, su exibart.com. URL consultato il 5 novembre 2014.
  8. ^ Il Madre perde i suoi figli, su napoli.repubblica.it. URL consultato il Visitato il 5 novembre 2014.
  9. ^ Comunicato stampa di presentazione della collezione del Museo MADRE, su exibart.com. URL consultato il visitato il 5 novembre 2014.

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Altri progetti[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

Controllo di autoritàVIAF (EN155213344 · ISNI (EN0000 0001 1390 8649 · LCCN (ENno2006108099 · GND (DE10145170-2 · BNF (FRcb15632768j (data) · J9U (ENHE987007605787905171 · WorldCat Identities (ENlccn-no2006108099