Monte Cingla

Monte Cingla
Il monte Cingla e a sinistra il monte Bezplel ripresi dal monte Stino
StatoBandiera dell'Italia Italia
Regione  Lombardia
  Trentino-Alto Adige
Provincia  Brescia
  Trento
Altezza1 669 m s.l.m.
CatenaAlpi
Coordinate45°48′07.48″N 10°38′28.59″E / 45.802077°N 10.641274°E45.802077; 10.641274
Altri nomi e significatiSingla in dialetto locale
Mappa di localizzazione
Mappa di localizzazione: Italia
Monte Cingla
Monte Cingla
Mappa di localizzazione: Alpi
Monte Cingla
Dati SOIUSA
Grande ParteAlpi Orientali
Grande SettoreAlpi Sud-orientali
SezionePrealpi Bresciane e Gardesane
SottosezionePrealpi Gardesane
SupergruppoPrealpi Gardesane Sud-occidentali
GruppoGruppo del Pizzoccolo-Zingla-Manos
CodiceII/C-30.II-B.4

Il monte Cingla è una montagna delle Prealpi Bresciane e Gardesane appartenente gruppo del Pizzoccolo-Zingla-Manos e con le sue due cime raggiunge i 1.669 m.s.l.m.

Situato nel territorio comunale di Valvestino e di Bondone fa parte del Parco Alto Garda Bresciano e l'accesso alla vetta principale è considerato tra i più difficili tra tutte le vette del Parco.

Origine del nome[modifica | modifica wikitesto]

Il toponimo deriverebbe, secondo alcuni, dal latino "cingulum" che significa cintura o cingolo e identificherebbe così una striscia di terra che contorna una rupe o una cengia o ancora un ripiano erboso fra i dirupi. Dello stesso significato sono il monte Cingla a Vobarno, il monte Zingla situato più a sud, il monte Cingolo Rosso che sorge a sud ovest sul suo pendio[1], Cima Cingla in Val di Ledro alto 1655 m. e La Cingla nel comune di Caderzone Terme nel Parco dell'Adamello-Brenta sempre nel Trentino sud occidentale.

Descrizione[modifica | modifica wikitesto]

Il monte è costituito da un'aspra cresta rocciosa dolomitica con due cime della stessa altezza distanti fra loro poche decine di metri. Sulla cima posta a sud occidente è stata collocata una croce mentre su quella a nord est vi è infisso un palo con due assi incrociate[1]

Storia[modifica | modifica wikitesto]

La Grande Guerra. Il bastione fortificato della Val Vestino[modifica | modifica wikitesto]

Nel maggio del 1915 allo scoppio della prima guerra mondiale iniziò l'avanzata nella Valle delle Giudicarie del Regio esercito italiano e il giornalista Luigi Barzini, al seguito della truppa, scrisse che: "Il 62º Reggimento fanteria della Brigata Sicilia si diresse vo Bondone e Bocca di Valle, mentre il 7º Reggimento bersaglieri si insediava verso Bocca Cablone"[2]. Presidiato il territorio, nei mesi successivi 500 operai militari e civili agli ordini degli ufficiali del Genio militare iniziarono i lavori di fortificazione di tutto il sistema montuoso del gruppo Cingla-Tombea-Caplone che durarono fino al 1918. Da nord scendendo a sud, Bocca di Campei, Bocca di Cablone, Bocca di Valle e la vicina Bocca Cocca a Moerna, le quattro Bocche della Val Vestino, costituivano le zone di accesso della Terza Linea di Difesa arretrata del Regio esercito italiano con quella Valsabbina, ma in special modo dell'Alto Garda e delle Giudicarie, la Seconda e Prima linea di Difesa. A Bocca Cablone arrivava la carrareccia Militare da Magasa per Bondone che proseguiva sul ridosso della Cima Tombea per ridiscendere a Bocca Campei con tornanti vertiginosi verso Bocca di Lorina e il Tremalzo. Da Bocca Cablone partiva anche la rotabile verso i capisaldi di Cima Spessa e Dosso dell'Orso, posti a sentinella delle Giudicarie. Il Genio militare costruì una mulattiera attrezzata con passerelle e gallerie attraverso la cresta rocciosa del monte Cortina verso Bocca di Valle dalla lunghezza di 3,300 chilometri, larga 1,50 metri e del monte Cingla verso Bocca Cocca, per raccordarsi alla linea difensiva valsabbina del monte Stino e Valledrane ma non provvide al collegamento carrozzabile di Bocca di Valle con Bondone e Premaus, in quanto il Comando militare non lo ritenne di importanza primaria rispetto alle nuove esigenze strategiche della Terza linea di difesa arretrata. La mulattiera militare costituì una parte dello spalto fortificato del monte Cingla-monte Tombea-monte Caplone che comprendeva le quote più elevate dell'Alto Garda (Monte Caplone, 1976 m.) e costituiva un baluardo naturale lungo il quale furono dislocate numerose batterie di artiglieria protette da una cinta di trincee avvantaggiate dalla parete nord pressoché verticale. Tra il caposaldo del monte Cortina e la Bocca di Campei erano dislocate non meno di dieci batterie, supportate da quattro osservatori e appoggiate da riservette e appostamenti. Si stima una presenza di almeno 2-3000 uomini tra artiglieri, fanti e servizi logistici, con le conseguenti esigenze di approvvigionamento.

Oltre alla strada fu infatti realizzato uno dei più importanti tronconi di teleferica del settore che con uno sviluppo di circa 1300 m. valicava il dislivello dalla località Pelaster (1280 m) alla stazione blindata sul Dosso delle Saette (1880 m), il manufatto più notevole nel suo genere in tutto il settore gardesano. Lungo la strada, numerosi ricoveri ipogei conservano tracce delle armature in legname, mentre presso il crinale, raggiunto da bretelle carreggiabili ancora riconoscibili, si individuano i massicci terrapieni delle piazzole dei cannoni da 149 mm, dei mortai da 210 mm. e nidi di mitragliatrici[3].

Il Comando Militare fece anche iniziare i lavori per una carreggiabile Toscolano–Molino di Bollone. La costruzione di quest’ultima strada, che avrebbe potuto costituire un’importante stimolo per l’economia della valle, fu però affidata ai prigionieri di guerra e non fu completata. La necessità di costruire un nuovo sistema viario venne anche sfruttato dal Regno d'Italia con finalità politiche volte volte a fare dimenticare il relativo abbandono in cui erano state tenute fino ad allora le popolazioni locali dall'Impero austro-ungarico. In questa volontà già tenuta in considerazione dalle autorità militari, intervennero spesso i politici e le comunità locali che facevano pressione si progettisti del Genio militare dell'esercito per raggiungere un territorio più che un altro. Nella realizzazione della strada che doveva collegate Toscolano con Ponte Caffaro passando per la Val Vestino, per rifornire la Terza linea di difesa arrestata di Magasa, Valvestino e Capovalle le ingerenze politiche furono pressanti che alla fine il Comando militare richiamò al rispetto dei ruoli le autorità locali e operò in autonomia[4]. Nell'ultimo anno di guerra, nel 1918, si susseguirono gli avvicendamenti dei reparti, dal 28 marzo al 4 aprile, la Brigata "Lario" si spostò nella zona tra il lago d'Idro e quello di Garda; il 233º Reggimento fanteria si accantonò a Capovalle, Moerna, Storo e Tremalzo; il 234º Reggimento fanteria tra Sarmerio e Vesio a Tremosine, meno il II battaglione che si trasferì ad Anfo. In queste località i reggimenti atteserono alacremente a lavori di rafforzamento e mantenimento delle linee arretrate. Il 21 aprile il II Battaglione del 234º Reggimento si accantonò a Gardòla. Dal 23 al 27 la brigata si schierò in val di Ledro e la Brigata "Lario" assunse la difesa anche della zona di "Passo di Nota".

Natura[modifica | modifica wikitesto]

Le pendici del monte furono erborizzate nella metà dell'Ottocento dal botanico Pietro Porta e nel 1941 dal sacerdote Filiberto Luzzani. Difatti in questo luogo è stata rinvenuta nel 1853 la presenza della specie Daphne petraea Leybold, che appunto prende il nome dal botanico altoatesino Friedrich Leybold, suo scopritore. Il monte è ricco di risorse naturali costituite da boschi e prati che ricoprono tutti i versanti.

Accessi[modifica | modifica wikitesto]

Le due vette del monte, di uguale altezza, sono raggiungibili attraverso un sentiero per escursionisti esperti, a tratti esposto, che si snoda da est partendo da Bocca Cocca, sopra Moerna, o a sud dal Cingolo Rosso-Monte Calva salendo da Bondone.

Panorama[modifica | modifica wikitesto]

Nei giorni sereni si gode un panorama eccezionale; a nord il Monte Caplone, Monte Tombea, Monte Adamello, Presanella, Carè Alto, Dolomiti di Brenta; a est Cima Rest, Cima Gusaur, Monte Camiolo, Monte Baldo; a sud Monte Pizzocolo, Monte Vesta, Monte Carzen, Monte Manos; a ovest Monte Stino, Monte Guglielmo, le Piccole Dolomiti Bresciane, Cornone di Blumone, i laghi di Garda, d'Idro, di Valvestino e gli Appennini[1].

Galleria d'immagini[modifica | modifica wikitesto]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b c Fausto Camerini, Prealpi Bresciane, 2004.
  2. ^ Paolo Giacomel, "Tu col cannone, io col fucile: Curzio Malaparte e Alessandro Suckert nella grande guerra", Gaspari, 2003.
  3. ^ "La Grande Guerra in Lombardia", museo della guerra bianca-Temù, forte Montecchio nord-Colico, centro di documentazione e studio.
  4. ^ Davide Sigurtà, Montagne di guerra, strade in pace. La Prima Guerra Mondiale dal Garda all'Adamello: tecnologie e infrastrutturazioni belliche, 2017, pag. 50.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Fausto Camerini, Prealpi Bresciane, 2004.
  • Parchi e aree protette in Italia, 2003.
  • Lombardia: eccetto Milano e laghi, a cura del Touring club italiano, 1970.
  • Luigi Vittorio Bertarelli, Le tre Venézie, 1925.
  • Studi trentini di scienze naturali: Acta geologica, a cura del Museo tridentino di scienze naturali, 1982.