Michael Seifert (militare)

Michael Seifert
SoprannomeMischa
NascitaShyrokolanivka, 16 marzo 1924
MorteCaserta, 6 novembre 2010
Dati militari
Paese servito Germania nazista
Forza armata Schutzstaffel
UnitàCampo di transito di Bolzano
Anni di servizio1943 - 1945
GradoSS-Rottenführer (Caporal maggiore)
GuerreSeconda guerra mondiale
CampagneCampagna d'Italia
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Michael Seifert, detto Mischa (Shyrokolanivka, 16 marzo 1924Caserta, 6 novembre 2010), è stato un militare e criminale di guerra ucraino naturalizzato tedesco.

Criminale di guerra membro delle SS, è stato soprannominato il "boia di Bolzano" per le atrocità commesse tra il 1944 e il 1945 nel campo di transito di Bolzano.[1]

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

Seifert nasce a Landau (oggi Shyrokolanivka), in Ucraina, oblast' di Mykolaïv, nel marzo 1924 da genitori ucraini di lingua tedesca (appartenenti a popolazioni tedesche emigrate nel 1700 nell'Impero Russo): per le sue origini, viene soprannominato Mischa[2]. Alla fine del 1943 viene arruolato dalle SS, con il grado di Gefreiter o Rottenführer, corrispondente al grado di caporale. Inizialmente presta servizio a Nikolajew, e nel 1944 è trasferito a Stargard.

Nel 1944 viene assegnato al Comando della polizia di sicurezza e del servizio di sicurezza presso il comando supremo delle SS in Italia. Dal dicembre 1944 all'aprile 1945 è stato addetto alla vigilanza del campo di transito di Bolzano. Qui e nel campo di concentramento di Fossoli ha torturato ed ucciso almeno diciotto civili, molti dei quali adolescenti. In molti casi Seifert ha agito autonomamente, uccidendo e torturando senza alcun particolare motivo. In altri casi ha ricevuto ordini dal sopraintendente alle celle Albino Cologna. In ogni caso, Cologna è stato acquiescente del comportamento di Seifert. Anche Mike Bongiorno fu tra i prigionieri e testimoni delle atrocità commesse da "Mischa".[3]

Alla fine della Seconda guerra mondiale fugge in Canada. Nel 1951 si stabilisce a Vancouver, ove nel 1961 acquista una casa al numero 5471 di Commercial Street e nel 1965 sposa la moglie Christine, con la quale ha un figlio. Nel 1969 riesce ad ottenere un passaporto canadese affermando falsamente di essere nato in Estonia, e fornendo false generalità. Seifert è rintracciato in Canada nel 1960 dalla Croce Rossa Tedesca. Tuttavia per la procura di Dortmund, che dal 1963 al 1971 ha condotto un'indagine sui crimini del lager di Bolzano, Seifert era "disperso".

Il 17 novembre 2000 è fotografato da Bill Keay, un reporter del Vancouver Sun,[4] su segnalazione dell'ANPI. Le foto si sono rivelate indispensabili nell'identificare Seifert, che è stato riconosciuto da numerosi testimoni fin dalle prime fasi del processo. Seifert è stato condannato all'ergastolo ed estradato in Italia, dove è giunto all'alba del 16 febbraio 2008.[5] La crudeltà di Seifert gli ha valso il soprannome di boia di Bolzano. Le atrocità di cui si rese responsabile insieme ad Otto Stein sono descritte in un volume pubblicato a cura dell'ANPI.[6] Inoltre Egidio Meneghetti, ex deportato a Bolzano ed in seguito rettore dell'Università di Padova, ha composto una poesia[7] in memoria delle sofferenze subite per mano di Seifert e Stein. La poesia è intitolata Lager-Bortolo e l'ebreeta ed è contenuta in un libro che descrive in dialetto veronese le brutalità del campo. La prima edizione edita nel 1953 a cura della stamperia Valdonega di Verona, è dedicata a Ettore Savonitto studente universitario, il fornaio Massimo e il tipografo Mario (suoi compagni di cella).

Durante la notte del 25 ottobre 2010 si è fratturato un femore; ricoverato all'ospedale di Caserta in gravi condizioni (il suo quadro clinico era già compromesso a causa di una peritonite), è deceduto il 6 novembre 2010.[8][9]

Il procedimento giudiziario[modifica | modifica wikitesto]

Seifert è il quarto criminale di guerra nazista perseguito penalmente dalle autorità italiane. Gli altri tre ex-nazisti giudicati in Italia sono Walter Reder, Herbert Kappler ed Erich Priebke.

Le prime denunce a carico di Seifert sono state ricevute nel 1946 e raccolte in un fascicolo dalla Procura Militare di Roma. Inizialmente non viene dato alcun seguito alle denunce, in quanto Seifert è falsamente rappresentato come vittima "di una campagna di tipo razzista scatenata da gruppi politici e circoli finanziari interessati a screditare l'esercito tedesco."[10] Il procedimento fu archiviato nel 1960. I documenti istruttori saranno ritrovati solo nel 1994, a Roma in un armadio (il cosiddetto "armadio della vergogna") negli uffici delle autorità giudiziarie militari. Il ritrovamento delle denunce ricevute dalle autorità militari, ed insabbiate per anni, consentirà la trasmissione del fascicolo su Seifert alla Procura Militare di Verona.

Le indagini a suo carico sono aperte nel marzo 1999. Seifert, la cui esistenza in vita è stata provata dalle autorità giudiziarie della Renania Settentrionale-Vestfalia, è iscritto al registro degli indagati il 25 giugno. L'imputazione a suo carico è di concorso in violenza con omicidio contro privati nemici, aggravato e continuato.[11]

Rinviato a giudizio con 15 capi di imputazione[12], nel novembre 2000 è stato riconosciuto colpevole di undici dei quindici omicidi a lui contestati, condannato all'ergastolo ed al risarcimento dei danni subiti dal comune di Bolzano.[13] La sua estradizione dal Canada ed il trasferimento al carcere militare di Santa Maria Capua Vetere (CE) hanno avuto luogo il 16 febbraio 2008.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Morto Seifert, il boia di Bolzano - Ultimo nazista arrestato in Italia, su La Repubblica. URL consultato il 15 marzo 2013.
  2. ^ La solitudine del «boia» delle SS - senza dimora, resta nel carcere militare, su Corriere del Mezzogiorno, 6 ottobre 2010. URL consultato il 6 novembre 2010.
  3. ^ Seifert, il "boia di Bolzano" chiuso nel carcere militare, su ilgiornale.it.
  4. ^ "Ecco l'ex SS "Misha" a Vancouver, Canada" Associazione Nazionale Partigiani d'Italia (archiviato dall'url originale il 20 febbraio 2008).
  5. ^ "In Italia il boia di Bolzano. Michael Seifert in Carcere", La Repubblica., 16 febbraio 2008.
  6. ^ Vedi alla sezione Bibliografia
  7. ^ Il testo è disponibile sul sito della Fondazione Memoria della Deportazione (archiviato dall'url originale l'8 marzo 2008).
  8. ^ Morto in ospedale a Caserta Michael Seifert, il boia nazista di Bolzano., 6 novembre 2010, Il Sole 24 Ore
  9. ^ Morto in carcere Misha Seifert, il boia di Bolzano, in Alto Adige, 6 novembre 2010.
  10. ^ Cfr. Mezzalira e Romeo, p. 11
  11. ^ Atto punito dai seguenti articoli del Codice Penale: 81 comma 2, 110, 575, 577 n. 3, 4 e 61 n. 4. Si vedano inoltre gli articoli 13 e 185 del Codice Penale Militare di Guerra. "I capi di accusa contro Michael Seifert" Associazione Nazionale Partigiani d'Italia (archiviato dall'url originale il 20 febbraio 2008).
  12. ^ Per l'elenco completo dei capi di imputazione si veda "I capi di accusa contro Michael Seifert" (archiviato dall'url originale il 4 marzo 2016). Fondazione Memoria della Deportazione
  13. ^ Seifert è stato assolto per insufficienza di prove dalle accuse di violenza ed omicidio verso sei prigionieri. È da notare come in ciascuno di questi sei casi le torture abbiano avuto luogo in celle di isolamento su prigionieri non identificati.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

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