Luigi Giannella

Luigi Giannella
NascitaBarletta, 10 maggio 1914
MorteBari, 17 gennaio 2007
Dati militari
Paese servitoBandiera dell'Italia Italia
Forza armataRegia Aeronautica
SpecialitàCaccia
GradoColonnello
GuerreSeconda guerra mondiale
CampagneInvasione della Jugoslavia
BattaglieSbarco in Sicilia
Comandante di84ª Squadriglia, 10º Gruppo, 4º Stormo Caccia Terrestre
Decorazionivedi qui
dati tratti da Italian Aces of World War 2[1]
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Luigi Giannella (Barletta, 10 maggio 1914Bari, 17 gennaio 2007) è stato un militare e aviatore italiano. Pilota pluridecorato di grande esperienza della Regia Aeronautica, fu un Asso dell'aviazione italiana durante la seconda guerra mondiale, riportando al suo attivo 12 vittorie individuali [1] e 14 in collaborazione.[1]

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

Nacque a Barletta il 10 maggio 1914, figlio di Vito. Animato da una grande ed irrefrenabile passione per il volo si arruolò nella Regia Aeronautica divenendo pilota militare. Assegnato inizialmente alla 92ª Squadriglia,[2] 8º Gruppo[2] del 2º Stormo Caccia Terrestre,[2] passò poi in forza alla 84ª Squadriglia,[3] di cui fu anche comandante, del 10º Gruppo[3] del 4º Stormo Caccia Terrestre.[3] Durante la seconda guerra mondiale combatte nei cieli di Jugoslavia,[4] Malta, Africa settentrionale[4] e Sicilia.[4] Il 27 settembre 1941 prende parte all'Operazione Halberd con uno dei 14 Aermacchi C.200 Saetta del X Gruppo spostati dall'Aeroporto di Catania-Fontanarossa all'Aeroporto di Trapani-Milo. Tra i piloti comandati dal Magg. Edoardo Travaglini vi erano anche il Cap. Franco Lucchini ed il Serg. Amleto Monterumici. Giannella al rientro esegue un ammaraggio e si salva a nuoto.

Al termine del conflitto risultava decorato con tre[1] Medaglie d'argento, una Croce di guerra al valor militare e con la Croce di ferro di seconda classe tedesca, insignito del titolo di Cavaliere dell'Ordine della Corona d'Italia, e citato all'ordine del giorno sul Bollettino di Guerra n.1137 del Comando supremo del 6 luglio 1943.[N 1] Le sue imprese furono celebrate sui quotidiani dell'epoca, e gli furono ufficialmente accreditare 12 vittorie individuali[1] e 14 in collaborazione, conseguite volando a bordo dei caccia Macchi M.C.200, C.202 Folgore e C.205 Veltro. Decimo[1] pilota nella classifica degli assi italiani[N 2] della seconda guerra mondiale, dopo l'armistizio dell'8 settembre 1943, il 19 novembre dello stesso anno fu collocato in congedo con il grado di capitano. In seguito terminò la carriera militare con il grado di colonnello, spegnendosi a Bari il 15 gennaio 2007.

Il 17 gennaio 2008[5] la rotonda che fronteggia Piazza Armando Diaz sul Lungomare di Bari è stata intitolata con il suo nome.[5]

Onorificenze[modifica | modifica wikitesto]

Medaglia d'argento al valor militare - nastrino per uniforme ordinaria
«Pilota da caccia sempre primo ove più grande era il pericolo, in durissimi combattimenti aerei conseguiva personalmente e in collaborazione numerosissime vittorie. In ogno circostanza da va prove esemplari di perizia, aggressività e valore. Cielo del Mediterraneo, agosto 1941-maggio 1942
Medaglia d'argento al valor militare - nastrino per uniforme ordinaria
«Pilota da caccia di eccezionale ardimento e perizia, in numerosissime azioni e in diece durissimi combattimenti contro forze nemiche sempre superiori di numero, dava luminosa prova di possedere mirabili doti di combattente audace, sereno e coraggioso. Sprezzante di ogni pericolo, sempre primo ove più accanita era la lotta, abbatteva individualmente e in collaborazione moltissimi velivoli nemici. Cielo dell'Africa Settentrionale Italiana, maggio-luglio 1942
Croce di guerra al valor militare - nastrino per uniforme ordinaria
«Capitano pilota partecipava a numerose azioni di guerra nei cieli dell'A.S. e della Sicilia, impegnando ovunque il nemico in numerosi, durissimi combattimenti; abbatteva sicuramente tre velivoli nemici, altri quattro probabili e cinque il collaborazione. Bello esempio di combattente valoroso e tenace. Cielo dell'A.S. e della Sicilia, 17 luglio 1942-6 luglio 1943

Onorificenze straniere[modifica | modifica wikitesto]

Note[modifica | modifica wikitesto]

Annotazioni[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Bollettino di Guerra n.1137 del 6 luglio 1943: Il porto di Biserta è stato attaccato e bombardato da formazioni germaniche. Località della Sicilia, tra le quali Messina, Catania e Marsala, sono state obiettivo di incursioni che hanno fatto danni e vittime in limitata misura. L'aviazione dell'Asse e le artiglierie della difesa contrastavano efficacemente l'attività avversaria: cacciatori nazionali, fra i quali si distinguevano quelli del 161º Gruppo al comando del capitano Giovanni Porcu da Alessandria, abbattevano 22 apparecchi; altri 15 venivano distrutti dalla caccia tedesca e 14 dal tiro delle batterie contraeree. Dalle operazioni di guerra degli ultimi 3 giorni, 4 nostri velivoli non sono ritornati alle basi. Nelle azioni di guerra degli ultimi giorni si sono particolarmente distinti i seguenti ufficiali piloti del 4º Stormo: capitano Franco Lucchini da Roma, capitano Carlo Piccolomini Clementi Adami da Siena, capitano Luigi Giannella da Barletta, tenente Vittorino Daffara da Milano, tenente Alvaro Querci da Lucca, tenente Mario Mecatti da Perugia.
  2. ^ Ma al quinto posto nelle lista dei soli abbattimenti conseguiti tra il giugno 1940 e il settembre 1943.

Fonti[modifica | modifica wikitesto]

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • (EN) Giorgio Apostolo, Giovanni Massimello, Italian Aces of World War 2, Botley, Osprey Publishing, 2000, ISBN 1-84176-078-1.
  • (EN) Chris Dunning, Combat Units od the Regia Aeronautica. Italian Air Force 1940-1943, Oxford, Oxford University Press, 1988, ISBN 1-871187-01-X.
  • I reparti dell'Aeronautica Militare, Roma, Ufficio Storico Stato Maggiore dell'Aeronautica, 1977.
  • Franco Pagliano, Aviatori italiani: 1940-1945, Milano, Ugo Mursia Editore, 2004, ISBN 88-425-3237-1.
  • Gianni Rocca, I disperati - La tragedia dell'aeronautica italiana nella seconda guerra mondiale, Milano, 1993, ISBN 88-04-44940-3.

Periodici[modifica | modifica wikitesto]

  • Ramella Bagneri Grato, Istituto del Nastro Azzurro, n. 3, Roma, Istituto del Nastro Azzurro, maggio-giugno 2008, pp. 36.

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

Altri progetti[modifica | modifica wikitesto]