Lucio Staio Murco

Lucio Staio Murco
Pretore della repubblica romana
Nome originaleLucius Staius Murcus
Morte40/39 a.C.
Siracusa
GensStaia
PadreSesto Staio Murco
Pretura45 a.C.?
Proconsolato44 a.C. in Siria

Lucio Staio Murco (in latino Lucius Staius Murcus; ... – Siracusa, 40/39 a.C.) è stato un militare e politico romano.

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

Murco nacque da un certo Sesto, secondo quanto riportato in un'epigrafe proveniente da Sulmona, ed è quindi probabile che venisse dalla zona peligna.[1]

Viene menzionato per la prima volta nel 48 a.C. come legato di Gaio Giulio Cesare durante la guerra civile con Pompeo, come comandante della guardia di Oricum insieme a Marco Acilio Canino; i due ricevettero una richiesta da Marco Calpurnio Bibulo e Lucio Scribonio Libone, che chiedevano di poter trattare con Cesare stesso, e Murco e Acilio fecero arrivare il messaggio al loro generale.[2] Nel 46 a.C. fu coinvolto in una battaglia navale, durante la quale si sparse la voce che Murco fosse rimasto ucciso.[3] Nel 45 a.C. fu forse eletto alla carica di pretore.[4]

L'anno seguente fu nominato governatore della provincia di Siria e mandato lì da Cesare a sconfiggere il ribelle Quinto Cecilio Basso, con l'aiuto del governatore di Bitinia e Ponto Quinto Marcio Crispo.[5] Tuttavia, subito dopo l'assassinio del dittatore Murco passò con i cesaricidi, alleandosi insieme allo stesso Basso e a Crispo con Gaio Cassio Longino, arrivato in Asia dopo essere andato via da Roma, poiché nominato governatore della Siria al posto di Murco.[6] Sotto Cassio Murco diventò quindi praefectus classis (comandante della flotta) .[7] Nel frattempo da Roma era arrivato Publio Cornelio Dolabella, che aveva acquisito le insegne consolari al posto di Cesare, per sconfiggere Cassio; tuttavia, dopo che Dolabella si fu macchiato di molti delitti, il Senato lo dichiarò nemico pubblico. Cassio riuscì ad assediarlo nella città di Laodicea e a sconfiggerlo, grazie alla flotta di Murco che chiuse ogni via di rifornimento dal mare, spingendo così Dolabella al suicidio.[8] Successivamente, quando Ottaviano e Marco Antonio iniziarono a mandare truppe in Macedonia per sconfiggere definitivamente i cesaricidi, Murco fu mandato da Cassio sul capo Tenaro, per evitare che la flotta che la regina egizia Cleopatra stava mandando in aiuto dei triumviri potesse sbarcare;[9] tuttavia le navi egizie furono fermate da una tempesta e Murco decise quindi di portare la sua flotta a Brundisium, riuscendo così a bloccare lo stesso Antonio in Italia.[10] Tuttavia, quando Ottaviano arrivò in aiuto di Antonio, Murco dovette ritirarsi e far passare i nemici per non essere sconfitto, ma unì la sua flotta con quella di Gneo Domizio Enobarbo, inviato in suo aiuto da Cassio;[11] i due riuscirono, durante la battaglia di Filippi, a distruggere la flotta dei triumviri comandata da Gneo Domizio Calvino, avendo ormai quasi 130 navi sotto il loro comando.[12]

Dopo la sconfitta e la morte dei cesaricidi, Murco decise di unire la propria flotta con le forze di Sesto Pompeo in Sicilia, portando con sé 80 navi, due legioni e 500 arcieri, insieme a una grande quantità di denaro.[13] Poco dopo i triumviri stipularono con Pompeo pace di Miseno, ma Menodoro convinse Pompeo a continuare la guerra e a non fidarsi di Murco, che era invece favorevole a una riconciliazione; Murco quindi si ritirò a Siracusa, disgustato dal fatto che Pompeo potesse credere nella sua slealtà, e lì fu assassinato da un tribuno e un centurione al soldo dello stesso Pompeo.[14]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ CIL IX, 03080.
  2. ^ Cesare, De Bello Civili, III, 15-16.
  3. ^ Cicerone, ad Atticum, XII, 2.
  4. ^ Velleio Patercolo, II, 69.2.
  5. ^ AppianoBell. civ., III, 77; Flavio Giuseppe, Ant. iud., XIV, 11.1.
  6. ^ AppianoBell. civ., II, 119; Flavio Giuseppe, Ant. iud., XIV, 11.2.
  7. ^ Cassio Dione, XLVII, 28.4.
  8. ^ Cassio Dione, XLVII, 30.
  9. ^ AppianoBell. civ., IV, 74.
  10. ^ AppianoBell. civ., IV, 82.
  11. ^ AppianoBell. civ., IV, 86.
  12. ^ AppianoBell. civ., IV, 115.
  13. ^ AppianoBell. civ., V, 2; 25.
  14. ^ AppianoBell. civ., V, 70.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]