Livio Bonelli

Livio Bonelli
NascitaGaeta, 21 gennaio 1891
MorteRoma, 1º giugno 1949
Dati militari
Paese servitoBandiera dell'Italia Italia
Bandiera dell'Italia Italia
Forza armataRegio Esercito
Esercito Italiano
ArmaFanteria
CorpoGranatieri
Forze armate dell'Africa Orientale Italiana
Anni di servizio1912-1949
GradoGenerale di brigata
GuerrePrima guerra mondiale
Guerra d'Etiopia
Seconda guerra mondiale
BattaglieBattaglia di Cheren
Comandante diIV Brigata coloniale
XII Brigata coloniale
dati sono tratti da Livio Bonelli, un eroico generale[1]
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Livio Bonelli (Gaeta, 21 gennaio 1891Roma, 1º giugno 1949) è stato un generale italiano. Ufficiale veterano della prima guerra mondiale e della guerra d'Etiopia, rientrò in servizio attivo all'inizio del secondo conflitto mondiale dove si distinse, con il grado di colonnello, in Africa Orientale Italiana al comando di una Brigata coloniale. Decorato con la Croce di Cavaliere dell'Ordine militare di Savoia, quella dell'Ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro, cinque Medaglie d'argento al valor militare e quattro Croci al merito di guerra

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

Nacque il 21 gennaio 1891 a Gaeta, figlio di Gaetano e Amalia Macchia, e nella sua città natale conseguì il diploma di capitano di lungo corso, per entrare, a domanda, nel corso allievi ufficiali del Regio Esercito presso la Scuola ufficiali di Caserta.[1] Promosso sottotenente nel 1912, nel settembre dello stesso anno partì per la Tripolitania in forza all'89º Reggimento fanteria "Salerno". L'anno successivo transitò in servizio permanente effettivo, venendo promosso tenente e poi capitano.[1] Ritornato in Italia nel 1916, in piena prima guerra mondiale, e destinato a prestare servizio nel 41º Reggimento fanteria "Modena", raggiungendo subito la zona di operazioni. Ferito due volte in combattimento sul Monte Zovetto, vicino al Monte Cengio, viene ricoverato presso l’ospedale della Croce Rossa Italiana di Napoli.[1] Al termine del periodo di convalescenza, nel febbraio 1917, ritornò in zona di guerra assegnato al 209º Reggimento fanteria, passando poi a prestare servizio presso altri reparti fino al termine delle ostilità.[1] Nel luglio 1919 viene assegnato al Ministero della guerra per incarichi speciali, e nel gennaio 1920, destinato allo Stato maggiore della Brigata “Savona”, raggiungeva Zara per assumere l'incarico di Aiutante di campo della brigata.[1] Nel giugno dello stesso anno viene assegnato allo Stato maggiore del Regio Esercito, e pochi mesi dopo inizia a frequentare la Scuola di guerra dove rimane fino all’ottobre del 1924, passando poi al servizio di Stato maggiore.[1]

Nel dicembre 1926 entrava nel Corpo di Stato maggiore ricoprendo anche incarichi riservati sino a che, promosso maggiore, viene trasferito dietro sua richiesta al Regio Corpo Truppe Coloniali dell'Eritrea, giungendo a Massaua nel luglio 1927.[2]

Nel 1930 ritornò in Libia, assumendo il comando del 2º Battaglione indigeni della Cirenaica, con sede a Bengasi, e nel maggio 1932 ritornò a Massaua, per assumere il comando del 2º Battaglione indigeni dell'Eritrea (il famoso battaglione Macallè).[2] Rimase in Eritrea per i successivi due anni, e poi si trasferì, con il proprio battaglione, nello Yemen per svolgere il compito di proteggere gli italiani ivi residenti durante il conflitto che contrappose lo Yemen al Regno dell'Arabia Saudita.[2] Decorato con la Croce di Cavaliere dell'Ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro[N 1] nel dicembre del 1934, fu nuovamente assegnato al Ministero della guerra e promosso tenente colonnello.[2] Nel gennaio 1935 rientrò a Massaua per far parte della Commissione Babbini, ritornando in Patria due mesi dopo. Il Ministero della guerra gli affidò altre mansioni coloniali, inviandolo nuovamente in Eritrea, a disposizione del governo Amara per incarichi civili.[2] Promosso colonnello del comando truppe eritree, rimpatriò per licenza ma, dopo pochi giorni, fu richiamato e di nuovo inviato a Massaua.[2] Nel giugno 1940, con l'entrata in guerra dell'Italia, avvenuta il giorno 10, prese parte alla operazioni belliche in Africa Orientale Italiana, al comando della IV Brigata coloniale operante in forza al comando truppe dell'Amhara retto dal generale Augusto Martini.[N 2] Prese parte alla battaglia di Cheren alla testa della XII Brigata coloniale, per essere poi catturato dagli inglesi a Massaua l'8 aprile 1941 insieme al suo reparto.[2]

Nell'aprile 1946 rientrò in Italia dalla prigionia, e nel gennaio 1947 fu promosso generale di brigata per assumere, nel luglio dello stesso anno, il comando della Brigata "Reggio".[2] Il 1º febbraio 1948 assunse il comando della fanteria della Divisione "Aosta", e il 18 maggio 1949 fu trasferito al Quartier generale del comando territoriale di Roma.[2] Si spense nella capitale il 1º giugno 1949. La città di Gaeta ne ha onorato la memoria intitolandogli una piazza.

Onorificenze[modifica | modifica wikitesto]

Cavaliere dell'Ordine militare di Savoia - nastrino per uniforme ordinaria
— Regio Decreto 29 marzo 1940
Medaglia d'argento al valor militare - nastrino per uniforme ordinaria
«Durante un'azione notturna, comandante di una compagnia fortemente bersagliata da fucileria, lanciabombe e artiglieria, con contegno fermo e risoluto, tenne ben salda la truppa. Ferito ad una spalla sulla linea di fuoco, continuò a rimanervi calmo e sereno, non lasciando il suo posto che ad azione completamente ultimata. Monte Sleme, 25 aprile 1916
Medaglia d'argento al valor militare - nastrino per uniforme ordinaria
«Condusse in modo mirabile la sua compagnia per circa un chilometro, in salita, su una strada fortemente battuta dall'artiglieria avversaria di ogni calibro. Guidò poi, sotto lo stesso fuoco il suo reparto a prendere posizione in un punto molto minacciato della nostra linea. Fu ferito mentre incitava i suoi soldati a resistere ad ogni costo nonostante che le trincee fossero ripetutamente sconvolte. Monte Zovetto (Asiago), 16 giugno 1916
Medaglia d'argento al valor militare - nastrino per uniforme ordinaria
«Aiutante di campo del comando della zona del bassopiano occidentale e del settore Uolcait, contribuiva, con assoluta dedizione al felice successo delle operazioni che condussero all'occupazione del confine sudanese dell'Uolcait, dello Tzeghesdì e dello Ermaccicho. In una ricognizione aerea visto precipitare in fiamme uno dei suoi aerei della pattuglia, si tratteneva in volo a bassa quota il tempo necessario per accertare la triste sorte dell’equipaggio caduto e ritornava alla base col proprio apparecchio più volte colpito, dando bella prova di sereno eroismo e di sentito cameratismo. Africa Orientale, 3 ottobre 1935-5 maggio 1936
Medaglia d'argento al valor militare - nastrino per uniforme ordinaria
«Comandante della 12ª Brigata coloniale durante una battaglia, alla quale partecipò volontario benché menomato fisicamente, resisté con tenacia ai continui attacchi e bombardamenti che l'avversario, in forze considerevoli, sferrò contro le posizioni da lui presidiate. Nelle numerose puntate controffensive ch'egli effettuò, fu sempre alla testa dei suoi reparti e, con la sua presenza, animò e vivificò le azioni e malgrado la stanchezza delle truppe dovuta ai lunghi e precedenti travaglie e le perdite subite in conseguenza di successivi aspri combattimenti. In ogni circostanza ha tenuto in onore il prestigio delle armi italiane. A.O., 23 febbraio-26 marzo 1941

Note[modifica | modifica wikitesto]

Annotazioni[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Assegnatagli “motu proprio” da S.M. il re Vittorio Emanuele III.
  2. ^ Il Comando truppe dell'Amhara, con Quartier generale a Gondar, era uno dei due comandi che componevano lo Scacchiere Nord diretto dal generale Luigi Frusci, avente Quartier generale all'Asmara. L'altro era il Comando truppe Eritrea diretto dal generale Vincenzo Tessitore, con sede all'Asmara.

Fonti[modifica | modifica wikitesto]

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Alberto Cavaciocchi e Andrea Ungari, Milano, Ugo Mursia Editore s.r.l., 2014.
  • Nicola Aletta, La vita eroica del generale Livio Bonelli, Gaeta, A cura del comitato per le onoranze alla memoria del generale Livio Bonelli, 1965, ISBN 8-85202-894-3.

Periodici[modifica | modifica wikitesto]

  • Livio Bonelli, un eroico generale, in Il granatiere, n. 2, Roma, Associazione Nazionale Granatieri d'Italia, aprile-giugno 2015, pp. 18-29.

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]