Le cinque giornate

Le cinque giornate
Adriano Celentano nella scena finale del film
Paese di produzioneItalia
Anno1973
Durata120 min
Rapporto2,35:1
Generecommedia
RegiaDario Argento
SoggettoDario Argento, Luigi Cozzi ed Enzo Ungari
SceneggiaturaDario Argento e Nanni Balestrini
ProduttoreSalvatore Argento
Produttore esecutivoClaudio Argento
Casa di produzioneSeda Spettacoli
Distribuzione in italianoEuro International Films
FotografiaLuigi Kuveiller
MontaggioFranco Fraticelli
Effetti specialiAldo Gasparri
MusicheGiorgio Gaslini
ScenografiaGiuseppe Bassan
CostumiElena Mannini
TruccoGiuliano Laurenti
Interpreti e personaggi

Le cinque giornate è un film italiano del 1973, diretto da Dario Argento.

La pellicola, riallacciandosi al filone allora parecchio in voga del film "ottocentesco-popolare", mette in scena un celeberrimo episodio della cosiddetta Primavera dei popoli e del periodo risorgimentale in Italia, ovverosia le cinque giornate di Milano, e rappresenta a oggi l'unica escursione dal genere thriller e horror del regista romano, il quale di fatto confeziona una commedia amara dai forti risvolti sociali e politici che rilegge criticamente la natura di quegli eventi.

Trama[modifica | modifica wikitesto]

Durante le cinque giornate di Milano (18-22 marzo 1848), il piccolo delinquente Meo Cainazzo evade fortuitamente di galera a seguito di un bombardamento d'artiglieria e va alla ricerca del suo capobanda Zampino (anche detto Libertà). Meo stringe amicizia con Romolo, fornaio romano bracalone e bonaccione, venuto a Milano per aiutare lo zio nel lavoro. I due vengono coinvolti in una girandola di vicende tragicomiche: partecipano all'erezione di una barricata con le suppellettili di una contessa ninfomane, che poi si concede ai rivoluzionari vittoriosi; soccorrono una partoriente; vengono arruolati loro malgrado nella brigata dell'ambiguo barone Tranzunto; assistono alle violenze dei "patrioti" e alle rappresaglie degli austriaci.

Cainazzo, per aver fatto uso della conclamata libertà di opinione, viene massacrato di botte dai "patrioti" quale sobillatore. In seguito salva insieme a Romolo la vedova di un austriacante, che in compenso dà loro da mangiare, per poi concedersi a Romolo. Cainazzo, arrestato dagli austriaci mentre tenta di lasciare Milano, è giudicato e liberato da Zampino che, per far denaro, ha recitato tre parti: ladro, patriota e austriacante.

Dopo essersi ricongiunto a Romolo e alla brigata del barone Tranzunto, assiste all'ennesimo atto di violenza gratuita da parte dei "patrioti": un uomo denuncia la fidanzata (che gli preferisce un soldato austriaco) come collaborazionista. Il drappello di Tranzunto piomba nella camera da letto della ragazza: Tranzunto uccide il soldato austriaco sparandogli alla testa e poi tenta di stuprare la ragazza, ma Romolo la difende e nella colluttazione Tranzunto cade dalle scale morendo sul colpo. Romolo viene portato via e fucilato.

Schifato ed esasperato, Cainazzo, nel colmo della festa per la vittoria "del popolo", grida il suo sdegno per quella che, a suo parere, non è altro che una carnevalata di imbrogli ad esclusivo beneficio dei "signori".

Produzione[modifica | modifica wikitesto]

La pellicola venne realizzata principalmente a Pavia: piazza Borromeo e l'inerente collegio, il Salone teresiano alla Biblioteca Universitaria, piazza Antoniotto Botta Adorno (palazzo Botta Adorno), piazza Collegio Ghislieri e la basilica di San Teodoro.

Alcune riprese furono effettuate a Milano: via Palazzo Reale e piazza Belgioioso col suo Palazzo, e davanti alla Casa degli Omenoni in via degli Omenoni.

Note[modifica | modifica wikitesto]

Film decisamente atipico nella filmografia di Argento, al botteghino guadagnò 1 miliardo e 280 milioni di lire. Inizialmente per la regia si era pensato a Nanni Loy e come attore protagonista a Ugo Tognazzi.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Andrea Pergolari, Ha visto il montaggio analogico?, Lavieri edizioni, 2011

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