John Boorman

John Boorman nel 2014

John Boorman (Shepperton, 18 gennaio 1933) è un regista, sceneggiatore, produttore cinematografico, produttore televisivo e giornalista britannico.

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

Sebbene di famiglia non cattolica, viene educato dai salesiani. Dopo aver lavorato in una lavanderia a secco, si interessa di giornalismo e alla fine degli anni cinquanta si occupa di documentari per la TV. Nel 1962 diventa il capo documentarista per la BBC Bristol. Dopo aver diretto nel 1964 una serie di documentari per la televisione ai quali prende parte tra gli altri anche Tom Stoppard, gli viene proposto di girare Prendeteci se potete (1965), la risposta dei The Dave Clark Five a Tutti per uno di Richard Lester, veicolo promozionale cinematografico dei Beatles.

Il film non ha il successo sperato, ma due anni dopo, Boorman è ad Hollywood dirige in Senza un attimo di tregua (1967), un gangster-movie tradizionale nei contenuti ma innovativo nella forma che fa leva sull'interpretazione di Lee Marvin. E proprio con Lee Marvin arriva il secondo film hollywoodiano, Duello nel Pacifico (1968), con la star giapponese Toshirō Mifune in una storia estrema e crudele con un pizzico di ironia e richiami palesi alle avventure di Robinson Crusoe. Al ritorno in Inghilterra dirige Leone l'ultimo (1970), tratto da una commedia di George Tabori, che gli vale il premio per la miglior regia al Festival di Cannes.[1]

Il tema della socialità e dei comportamenti selvaggi dell'uomo "civile" torna nel suo primo grande successo di pubblico, Un tranquillo weekend di paura (1972), con Jon Voight e Burt Reynolds. Questo film gli vale anche la prima candidatura all'Oscar. Si stabilisce in Irlanda e nel 1974 dirige Zardoz, un film tra il fantascientifico e il mitologico, che divide la critica. Dirige poi il seguito de L'esorcista (1973, regia di William Friedkin), film intitolato L'esorcista II - L'eretico (1977), che viene stroncato a livello globale nonostante i discreti incassi.

Nel 1981 realizza Excalibur, considerato una delle riduzioni cinematografiche più riuscite del complesso di leggende di Re Artù e del Ciclo bretone. Seguono l'autobiografico Anni '40 (1987), sulla Seconda guerra mondiale vissuta da un bambino a Londra, e Dalla parte del cuore (1990). La foresta di smeraldo (1985) e Oltre Rangoon (1995) derivano dall'esigenza dell'impegno sociale di Boorman. Il primo è un appello ecologista, il secondo è un grido di aiuto per il popolo birmano oppresso.

Con The General (1998), la storia in bianco e nero di un ladro-gentiluomo irlandese che viene ucciso dall'IRA, Boorman ottiene per la seconda volta il premio per la miglior regia al Festival di Cannes[2]. Nel 2004 torna di nuovo il suo impegno sociale con In My Country sul Sudafrica del post-apartheid. Ha in progetto una versione cinematografica delle Memorie di Adriano tratta dal libro di Marguerite Yourcenar.

Vita privata[modifica | modifica wikitesto]

Dalla moglie Christel ha avuto 4 figli: Telsche, Katrine, e i gemelli Charley e Daisy. Charley (il giovane Mordred di Excalibur ed il bambino rapito de La foresta di smeraldo) e Katrine (Igrayne in Excalibur) fanno gli attori mentre Telsche, che ha collaborato alla sceneggiatura di Dalla parte del cuore, è morta a causa di un cancro nel 1997 all'età di 40 anni.

Altri progetti[modifica | modifica wikitesto]

Premi e riconoscimenti[modifica | modifica wikitesto]

Filmografia parziale[modifica | modifica wikitesto]

Regista[modifica | modifica wikitesto]

Sceneggiatore[modifica | modifica wikitesto]

Onorificenze[modifica | modifica wikitesto]

Comandante dell'Ordine dell'Impero Britannico - nastrino per uniforme ordinaria
«Per i servizi all'industria cinematografica.»
— 11 giugno 1994[3]
Knight Bachelor - nastrino per uniforme ordinaria
«Per i servizi al cinema.»
— 1º gennaio 2022[4]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ (EN) Awards 1970, su festival-cannes.fr. URL consultato il 15 giugno 2011 (archiviato dall'url originale il 14 ottobre 2013).
  2. ^ (EN) Awards 1998, su festival-cannes.fr. URL consultato il 3 luglio 2011.
  3. ^ (EN) The London Gazette, n. 53696, 10 giugno 1994, p. B9. URL consultato il 26 gennaio 2022.
  4. ^ (EN) The London Gazette, n. 63571, 1º gennaio 2022, p. N2. URL consultato il 26 gennaio 2022.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

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Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

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