Il rapimento di Rebecca

Il rapimento di Rebecca
AutoreEugène Delacroix
Data1846
Tecnicaolio su tela
Dimensioni100,3×81,9 cm
UbicazioneMetropolitan Museum of Art, New York

Il rapimento di Rebecca è un dipinto a olio su tela (100,3×81,9 cm) di Eugène Delacroix, realizzato nel 1846 e conservato nel Metropolitan Museum of Art di New York.

Descrizione[modifica | modifica wikitesto]

Il soggetto effigiato nel quadro, eseguito nel 1846 ed esposto al Salon dello stesso anno, è esplicitamente desunto dall'Ivanhoe, un romanzo pubblicato da Walter Scott nel 1818 e ambientato nell'epoca delle crociate e di Riccardo Cuor di Leone. Nel dipinto, in particolare, è raffigurato il rapimento di Rebecca, figlia dell'ebreo Isaac di York che aveva aiutato Ivanhoe, a opera di due saraceni al soldo del malvagio templare Brian de Bois-Guilbert.[1]

I due saraceni stanno caricando la donna svenuta su un focoso cavallo pezzato, dove Delacroix si mostra molto sensibile all'influenza di Géricault. Sullo sfondo, inoltre, si scorge il possente castello di Torquilstone in fiamme che sprigiona roventi lingue di fuoco e un fumo grigio e nero: dal colle su cui si erge il maniero un gruppo di gente fugge rocambolescamente dall'incendio.[1]

Analisi tecnica[modifica | modifica wikitesto]

Pur essendo globalmente fosca e drammatica, la scena è animata da una grande sensazione di luminosità, ottenuta da Delacroix mediante la giustapposizione dei colori primari puri e dei rispettivi complementari. Si tratta di una ricerca ripresa dai pittori veneti del Cinquecento ma che nella sua spregiudicatezza anticipa già gli Impressionisti:

«Le brillanti decorazioni in oro della borsa, ad esempio, sono rese da Delacroix con delle veloci pennellate di giallo, la cui calda tonalità contrasta con il bruno dello sfondo e ben si accorda con la stoffa rossa. Analogamente la ricca sopravveste dorata di Rebecca è rischiarata da striature di bianco che si staccano con forza dal blu profondo del sottostante panneggio. Anche il volto reclinato dell’eroina svenuta viene lumeggiato, in corrispondenza del naso e della guancia sinistra, da pennellate bianche o appena rosacee, mentre il senso della preziosa collana è dato da toccature alternate di giallo (per l’oro) e rosso (per i rubini). Più in generale, ovunque si rincorrono pennellate di complementari: soprattutto giallo e viola e rosso e verde, ma anche forti contrasti di colori primari e di toni caldi e freddi»

Notevoli, inoltre, anche le modalità di applicazione del colore: le pennellate, infatti, sono rapide e vaporose in corrispondenza del cielo (dove si scorge persino la trama della tela sottostante), mentre in altri luoghi - come, ad esempio, presso il cavallo - il colore è sovrapposto su più strati, a suggerire una sensazione di matericità.[1]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b c d Giorgio Cricco, Francesco Di Teodoro, Il Cricco Di Teodoro, Itinerario nell'arte, dall'età dei lumi ai giorni nostri, 3ª ed., Bologna, Zanichelli, 2012, pp. 1500-1503.

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