Icilio Pelizza

Icilio Pelizza
NascitaParma, 10 maggio 1832
MorteStigliano, 10 novembre 1861
Cause della mortemorto in battaglia
Dati militari
Paese servito Ducato di Parma e Piacenza
Bandiera del Regno di Sardegna Regno di Sardegna
Bandiera dell'Italia Italia
Forza armata Truppe Reali Parmensi
Regia Armata Sarda
Regio esercito
ArmaFanteria
SpecialitàBersaglieri
Unità62º Reggimento fanteria "Sicilia"
GradoCapitano
GuerreSeconda guerra d'indipendenza italiana
CampagneBrigantaggio postunitario italiano
BattaglieBattaglia di Acinello
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Icilio Epaminonda Fermo Libero Severo Pelizza (Parma, 10 maggio 1832Stigliano, 10 novembre 1861) è stato un militare italiano. Morì nel corso della battaglia di Acinello, in Basilicata, combattuta dalle forze regolari del Regio esercito contro i briganti.

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

Figlio di un orefice, nel 1845 entrò nel Collegio Militare ducale, raggiungendo il grado di sottotenente nel 1853 e luogotenente nel 1859. Divenuto capitano del Regio esercito nel 1861, venne mandato in Basilicata, dove ormai da qualche mese imperversavano bande di briganti ed ex soldati borbonici. La banda più agguerrita e organizzata era quella di Carmine Crocco e del suo sottoposto Ninco Nanco. A dar loro man forte era giunto il generale spagnolo José Borjes, inviato con il preciso compito di organizzare un esercito volto a rovesciare il nuovo governo sabaudo e a restaurare il Regno delle Due Sicilie.

Il 9 novembre, i briganti di Crocco e Borjes assalirono una colonna di guardie nazionali, uccidendone quattro, dopodiché si erano rifugiati ad Aliano. Il giorno seguente Pelizza, a capo di due compagnie di bersaglieri del 62º fanteria, venne raggiunto dalle guardie nazionali di Corleto Perticara guidate dal maggiore Petruccelli. I due decisero di dar battaglia ai briganti in campo aperto ad Acinello, presso Stigliano.

Lo scontro fu fin dai primi momenti furioso. Dopo un assalto della cavalleria di Ninco Nanco le guardie nazionali si ritirarono. Pelizza e i suoi bersaglieri furono attaccati da destra e da sinistra nei pressi del Mulino di Acinello da due compagnie di briganti. Vistolo in difficoltà Borjes lo face assalire alle spalle da una terza compagnia. Al fine di sfuggire all'accerchiamento Pelizza ordinò l'assalto alla baionetta. Fu proprio in questo momento che il capitano sabaudo rimase ucciso, chi come dice Basilide Del Zio, da colpo di pistola in fronte sparato da Borjes, chi come Crocco da una fucilata sparata da un giovane brigante. I suoi bersaglieri riuscirono in parte a fuggire e a riparare a Stigliano.

Il corpo di Pelizza venne decapitato e infine restituito alle autorità di Corleto Perticara. La sua sciabola venne rinvenuta in un bosco e in seguito donata al comune di Parma dal milite della guardia nazionale italiana Nicola Chiaromonte (militare).

Memoria[modifica | modifica wikitesto]

Il capitano Pelizza fu, probabilmente, il primo ufficiale del regio esercito a morire per mano dei briganti in Basilicata.[1] Venne sepolto a Corleto Perticara, in cui venne eretto un monumento in suo onore con le seguenti iscrizioni dettate dal colonnello Marchetti, comandante del 62º fanteria.

«Il capitano Icilio Pelizza da Parma, del LXII reggimento fanteria italiana combattendo da prode contro i briganti, moriva sul Sauro il X novembre MDCCCLXI, giovane a XXIX anni, pieno di speranze e di valore alla madre, al fratello piangenti lascia a conforto la memoria di una vita generos.te consacrata alla patria, l'Italia da queste ossa di un martire della sua libertà e grandezza grida a tutti i suoi figli pace e concordia, gli abitanti di Corleto pietosamente ne raccolsero le ossa e a memoria perenne di fraterno affetto e di patria carità questo monumento posero.[2]»

La città di Parma rese omaggio al suo cittadino, incidendo il suo nome su una lapide collocata sul pilastro sud-ovest dei Portici del Grano, per ricordare i caduti del Risorgimento. Il colonnello Marchetti lo ricordò con queste parole:

«Alli 10 del corrente novembre fuvvi combattimento a metà strada circa da Aliano a Stigliano contro i briganti, nel quale da generoso e prode soldato qual era, cadde il capitano Icilio Pelizza. Il compianto Capitano lasciò nei suoi superiori amici e conoscenti immenso dolore per la sua perdita, ma portò seco il compianto. la stima e l'affetto di tutti indistintamente, poiché non vi era chi non lo amasse e non ne apprezzasse i bei pregi e le rare doti. Se la partecipazione di noi tutti al ben giusto dolore per tanta perdita può alleviarle una tanta sventura, si rassicuri e vada certa che essa è vivamente da tutti gli ufficiali indistintamente condivisa.[1]»

Lo stesso Crocco anni dopo, ormai un uomo anziano in carcere, ricordò nelle proprie memorie biografiche il valore del suo nemico, che «animava i suoi bravi piemontesi colle parole e coll'esempio e, armato di fucile come un soldato semplice, continuava a far fuoco contro di noi, senza curarsi del nostro accerchiamento».[3]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b Basilide Del Zio, Il brigante Crocco e la sua autobiografia, Tipografia G. Grieco, 1903, p. 145
  2. ^ Del Zio, op. cit., p. 144
  3. ^ Carmine Crocco, Come divenni brigante, p.59

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]