Grand Tour a Siracusa

I resti della Guglia di Marcello; uno dei monumenti sirausani ritratti dal viaggiatore Jean-Pierre Houël nel Settecento

Nel corso del XVIII secolo, e in maniera ancor maggiore nel XIX secolo, grazie alla riscoperta delle arti classiche anche la Sicilia divenne meta di avventurosi viaggi da parte di studiosi e artisti d'ogni parte d'Europa. Viaggiare in questa terra, in particolare, aveva un gusto ancor più avvincente, perché le difficoltà di spostamento e i rischi alla propria incolumità si frapponevano alla bellezza e alla maestosità dei monumenti antichi.

Siracusa, in quanto antica potenza greca rappresentava una meta obbligata per coloro che giungevano in Sicilia. Il Grand Tour dell'isola comprendeva le città principali come: Messina, Catania, Taormina, Agrigento, Palermo, Cefalù, Monreale nonché la scalata dell'Etna.

Il contesto[modifica | modifica wikitesto]

La riscoperta[modifica | modifica wikitesto]

L'Ottocento fu tra le altre cose il secolo chiave del Grand Tour per i siciliani: il viaggio compiuto da europei benestanti che desideravano scoprire i più antichi luoghi del continente. Siracusa, in quanto città dalle forti e millenarie radici (la sua fondazione risale all'VIII sec. a.C.), attirava la maggior parte dei viaggiatori che si spingevano fino in Sicilia, pur tra grandi difficoltà. Infatti l'isola non era semplice da visitare, poiché mancava quasi del tutto di strade e di luoghi di ristoro; tuttavia ciò non doveva sorprendere più di tanto, considerando che i siciliani non erano abituati ai turisti, specialmente città-fortezze come Siracusa, la quale dal 1500 al 1700 non aveva avuto praticamente rapporti con il mondo esterno, eccettuati gli spagnoli che la presidiavano e i cavalieri di Malta, stretti alleati della Spagna, che ne frequentavano assiduamente il porto (il suo commercio marino era invece stato stroncato per volere della corona iberica quando incominciò la secolare guerra contro l'Impero ottomano). Si può quindi affermare con certezza che in Sicilia, e a Siracusa, il Grand Tour giunse molto tardi rispetto al resto d'Europa (dove le prime esperienze di viaggio di piacere erano incominciate già nel lontano 1400): fino al XVIII secolo erano rarissimi i viaggiatori stranieri che decidevano di recarsi oltre il confine di Roma oppure di Napoli, per cui la Sicilia era immaginata come una terra misteriosa; del tutto sconosciuta: «Hic sunt leones, che significava: qui non sappiamo che cosa ci sia perché nessuno ci è andato» ha scritto una studiosa odierna trattando in maniera approfondita della scoperta della Sicilia da parte dei viaggiatori stranieri.[1]

La nebbia si dissolse con l'avvento e la diffusione dell'illuminismo nel Settecento: si riscoprirono e si esaltarono gli antichi testi greci, romani, bizantini, che divennero una base solida per la cultura degli uomini del tempo; e con essi saltò fuori la storia della Sicilia classica. In tale contesto Siracusa - che fu tra le più grandi capitali di quel mondo antico - divenne terra agognata dai viaggiatori, che volevano vedere che fine avesse fatto dopo il trascorrere di così tanti secoli per loro silenziosi:

«Siracusa per il viaggiatore straniero rappresentava una meta, e fors’anche si fosse trovata negli itinerari di viaggio lontana come l’Ultima Tule a nord, il mitico regno del Prete Gianni ad est, le sorgenti del Nilo a sud o le colonne d’Ercole ad ovest, essa rimaneva un paradiso culturale e non solo, agognata, talvolta vista, per il suo clima, per la sua posizione mediterranea, quale panacea per tanti mali, da quelli del corpo a quelli dello spirito.[2]»

La Russia scoprì allora la lontana Siracusa, vedendola come un luogo dove grazie al clima potevano accadere persino miracoli: è il caso del testo russo I fratelli Karamazov, scritto da Fëdor Dostoevskij e ambientato nell'Impero dello zar del 1800, nel quale si legge che per salvare il figlio malato di un militare imperiale si consigliava a costui di condurlo subito a Siracusa, dove il clima mite avrebbe potuto guarirlo.[3] Cominciarono a fioccare, specialmente grazie alla Francia illuministica, prove su prove dell'illustre passato siracusano fatto di re e tiranni, i quali venivano adesso paragonati ai sovrani del secolo corrente: ad esempio, i rivoluzionari francesi del 1789, presto in guerra contro l'intera Europa, identificarono il re di Sardegna e il re di Napoli con coloro che tennero lo scettro aretuseo, esortando e incitando i propri connazionali a sconfiggere un novello "re di Siracusa e spedirlo esiliato a Corinto"[4] (giocando con la nota storia greca dell'Europa); lo stesso Napoleone Bonaparte si destreggiò tra gli scritti dell'Antica Siracusa, paragonandosi egli pure a uno dei suoi personaggi più illustri (scelse Dione, discepolo di Platone).[5]

Raffigurazione della Siracusa ottocentesca data da un pittore francese

Le prime impressioni[modifica | modifica wikitesto]

Così tra la seconda metà del Settecento e l'inizio dell'Ottocento, quando ormai gli studi a distanza erano abbastanza maturi, iniziarono a giungere i primi viaggiatori, soprattutto francesi e inglesi, che lasciarono alcune delle più importanti e pungenti testimonianze sulla città al tempo borbonico. La condanna fu pressoché unanime: la Siracusa moderna che si stagliava davanti ai loro occhi non era degna di indentificarsi nemmeno con l'ombra di quella antica. Tra i più crudi nei confronti del suo attuale stato va annoverato il viaggiatore scozzese Patrick Brydone, che con tali parole avvertì: «di tutti i luoghi squallidi incontrati finora, Siracusa è di gran lunga il più squallido».[6] L'esploratore inglese George French Angas visitando la fonte Aretusa si lasciò sfuggire a voce alta un «O Syracuse, how art thou fallen!» («O Siracusa, come sei decaduta!»)[7] A giocare contro i siracusani vi era, tra l'altro, il confronto con l'enorme aspettativa che avevano i viaggiatori quando qui giungevano: costoro leggevano sui libri di grandi cose riguardo Siracusa e rimanevano inesorabilmente delusi quando si rendevano conto che la città-fortezza non poteva offrire loro tutte le vestigia e le tracce di un trascorso che era troppo distante nel tempo per una città come Siracusa, la quale era stata successivamente, e in maniera violenta, sconquassata e strapazzata da guerre e terremoti. Rende bene l'idea la testimonianza dell'apprezzato storico palermitano Domenico Scinà, che appena giunto nella città aretusea nel 1811 scrisse:

«Mentre mi avvicinavo, mi sentivo sbalzare il cuore nel petto, pensando alla sua grandezza, a Gelone, a Gerone, a Timoleonte, ai Dionisii, e alla terra che era stata calpestata da Archimede: io ne invidiava, per così dire, le pietre: ma quando entrai nella città mi venne da piangere. Essa non è che un castello, e rappresenta la sola Ortigia; onde coll'immaginazione cercai di riedificare le antiche Siracuse.[8]»

Il famoso scrittore Alexandre Dumas (l'autore de I tre moschettieri e il Conte di Montecristo) lasciò una delle più articolate analisi di viaggio su Siracusa (egli conosceva filo e per segno tutta la storia arcaica di questo luogo) e rimase colpito in particolar modo dall'estrema povertà degli odierni siracusani; venendo in visita negli anni della restaurazione borbonica, di questo popolo egli osservò: «Les Syracusains sont familiarisés avec la misére» («I siracusani conoscono bene la miseria»).[9] Non solo la fame; secondo il diario di fine settecento del polacco Julian Ursyn Niemcewicz i siracusani erano particolarmente esposti anche alle malattie: «gli abitanti portano qui addosso l'immagine della miseria e della malattia[10]». Spesso i viaggiatori non riuscivano a comprendere o ad accettare lo stato dell'attuale Siracusa; Patrick Brydone trovava tutto ciò «inaccettabile»;[11] L'americano Andrew Bigelow (autore di Travels in Malta and Sicily with Sketches of Gibraltar in 1827) affermò che il popolo di Siracusa era «indolente, non per elezione ma per necessità».[12]

Anche la controversa Carolina di Brunswick, regina consorte del sovrano Giorgio IV del Regno Unito, in visita in Sicilia nel 1816, mentre si trovava in esilio, sotto la scorta delle navi inglesi, visitò Siracusa e la trovò con «ben poche attrazioni», ma fu rispettosa per la sua storia passata; in verità ella paragonava Siracusa alla vicina e ben più libera Catania, che vedeva di gran lunga superiore rispetto alla ristretta città-fortezza (Carolina di fatti risiederà in seguito per tre settimane a Catania, andando via velocemente da Siracusa). Nei suoi scritti però, la regina fece infine un'attenta valutazione dello stato siracusano, ed ella decise di imputarlo ai frequenti, potenti terremoti e alle devastanti conquiste qui perpetrate da numerosi popoli.[13]

I lati positivi e le nuove speranze[modifica | modifica wikitesto]

Il francese Guy de Maupassant, l'autore degli appassionati versi dedicati alla Venere siracusana

La visita a Siracusa rimaneva comunque un punto saldo per i viaggiatori, e molti di loro lasciarono testimonianze di affetto e calore rivolte ai siracusani. In tanti qui trovarono l'ispirazione artistica: il futuro direttore del museo del Louvre, Vivant Denon, incise i resti di numerosi monumenti aretusei, mentre Jean-Pierre Houël al Salon del Louvre vi espose i propri di quadri, raffiguranti anch'essi le rovine delle antiche Siracuse.[14]

Per chi non pretendeva di ammirare monumenti colossali ancora intatti, Siracusa rappresentava uno scrigno colmo di tesori. Inoltre, quel che ancora di intatto veniva riportato alla luce, attirava la curiosità e l'elogio dei viaggiatori; come la Venere Landolina (che prese il nome da uno degli scopritori del papiro siracusano, Saverio Landolina): osservando questa statua, rinvenuta nel 1804, il francese Joseph-Antoine de Gourbillon asserì di stare tremando, poiché la pelle della Venere siracusana dava l'impressione di tremare anch'essa, essendo appena uscita dal Bagno (un suo modo per elogiare la bravura dell'antico scultore)[15] Diversi altri noti personaggi la contemplarono, tra cui un altro francese, Guy de Maupassant, che ne lasciò la descrizione più ampia, stilizzando la statua come se fosse una donna in carne e ossa, della quale egli si disse inevitabilmente attratto.[16]

I siracusani, da quando anche per loro era incominciato il Grand Tour, avevano stabilito una sorta di itinerario, che comprendeva tutto ciò che essi all'epoca conoscevano della loro illustre patria; di norma i viaggiatori rimanevano soddisfatti dal giro. Molti degli stranieri nutrivano inoltre numerose speranze per questa città: li cinico Brydone riteneva che Siracusa possedesse il porto più bello del Mediterraneo e ne desiderava il ripristino; discorso molto simile a quello dell'ammiraglio della Royal Navy, Cuthbert Collingwood, che vedeva nei siracusani un potenziale altissimo; se solo si potessero scuotere da quella loro indifferenza e disillusione che sembravano aver sviluppato a seguito di un governo che molto poco aveva pensato al loro bene fino a quel momento.

I viaggiatori[modifica | modifica wikitesto]

Il viaggiatore del Settecento era un uomo che si spostava per ragioni varie, chi per interessi economici (un commerciante), un esponente del governo o un militare, ma in genere era un intellettuale o un artista che compiva un viaggio di apprendistato spinto dalla curiosità e da un certo spirito di avventura.

Viaggiare in Sicilia allora era assai complesso, richiedeva parecchio tempo e soldi, inoltre il viaggiatore si muniva di lettera di "raccomandazione" presso i nobili del luogo o i monasteri onde trovare rifugio e assistenza. Allora non esistevano dei veri e propri alberghi e i pochi luoghi di soggiorno erano poco raccomandabili. Così il viaggiatore si faceva spesso accompagnare nei luoghi da delle guide locali, in genere le personalità in vista.

A Siracusa uno di coloro che ebbero il piacere di aiutare i viaggiatori era il conte Cesare Gaetani, ma c'era anche Saverio Landolina e il vescovo Alagona.

Abate di Saint-Non[modifica | modifica wikitesto]

Tra i primi a compiere un viaggio a Siracusa c'è Jean-Claude Richard de Saint-Non noto come abate di Saint-Non. Grazie al suo viaggio scriverà Voyage pittoresque ou Description des Royaumes de Naples et de Sicile dove riporterà le impressioni e una serie di disegni che diverranno delle stampe eseguite da importanti artisti dell'epoca.

L'esploratore Pietro Della Valle[modifica | modifica wikitesto]

La fonte Aretusa così come la descrisse Pietro Della Valle: con le siracusane che tutti i giorni vi andavano a lavare i panni (l'incisione è di Abraham-Louis-Rodolphe Ducros, XVIII sec.)

«Il ventisei dicembre avemmo nuova in Siracusa dell'armata inglese, che aveva messo gente in terra in Cadiz riviera di Spagna, e che dagli Spagnoli era stata valorosemente ribattuta; scrivevano gli Spagnoli però, che sono alquanto esagerati delle loro cose, che l'armata era d'ottanta vascelli, e che aveva messo in terra dodicimila uomini.»

L'esploratore romano Pietro Della Valle, dopo essere approdato nell'isola di Malta e lì forzatamente trattenuto (i cavalieri non volevano lasciarlo venire in Sicilia perché temevano che egli stesse portando la peste dall'Oriente), riuscì a sbarcare nel porto di Siracusa il 4 dicembre del 1625 (egli ne fu così sollevato, e al contempo così spaventato dall'esperienza maltese, che nella sua cronaca parlerà di «arrivo e mio salvamento in Siracusa»[17]).

Egli giunse sopra le galee di Malta che erano dirette a Messina: inizialmente non aveva intenzione di fermarsi a lungo, poiché voleva semplicemente approfittare della scesa in terra dei cavalieri (che solevano fermarsi a Siracusa per pranzare, cenare, dormire e rifornirsi di viveri, quando non vi erano emergenze) e andare a visitare un suo amico di vecchia data: il vescovo siracusano Paolo Faraone. Ma dato che Siracusa era una città che da decenni ormai viveva nell'isolamento più severo (come ebbe a lamentarsi Vincenzo Mirabella nei suoi scritti, la città soffriva il ruolo marginale che aveva nella società imperialistica, e la sua sola compagnia esterna era data da soldati e cavalieri giovanniti) quando i suoi abitanti (la fetta benestante) si accorsero della presenza esuberante dell'esploratore Pietro (che viaggiava con donne dai vestiti stravaganti, giungendo dall'Oriente, e con molta merce curiosa) non lo lasciarono andar via così presto. Alla fine egli rimase quasi due mesi interi.[17]

Pietro Della Valle nella sua cronaca appuntò con molta abbondanza di particolari tutti i monumenti e i luoghi di Siracusa (descrisse pure la festa di Santa Lucia, lasciando una delle più antiche testimonianze su questo evento[17]); ne rimase affascinato e al contempo non mancò di segnalare anche gli umori politici che vigevano in questa città: egli fu, ad esempio, testimone della notizia che i militari spagnoli passarono ai loro connazionali in città: l'Inghilterra aveva attaccato nuovamente la Spagna. I siracusani, come il resto della Sicilia, erano stati direttamente coinvolti nella guerra di Filippo II contro Elisabetta I, poiché venne mobilitato anche il loro porto quando la Spagna mise in piedi l'Invincibile Armata che nel 1588 aveva tentato l'invasione dell'isola nord-europea. Tra i due paesi non correva più buon sangue: gli inglesi, occultandosi dietro la pirateria, avevano incominciato a compromettere i possedimenti spagnoli nell'oceano Atlantico.

Pietro poté inoltre constatare che tra la chiesa locale e i cavalieri di Malta non vi erano ottimi rapporti: i cavalieri pretendevano che ogni qual volta che essi scendessero a terra in città (sia per approvvigionarsi o per semplice diversione) il vescovo di Siracusa dovesse andare a salutarli, con gli onori del caso. Viceversa, il vescovo aretuseo era convinto che spettasse ai cavalieri giovanniti andare da lui e con il dovuto rispetto salutarlo. Non volendo nessuna delle due parti cedere, si era creato dell'attrito tra loro.[17]

Johann von Riedesel (1767)[modifica | modifica wikitesto]

Itinerario del viaggio di von Riedesel in Sicilia

Johann Hermann von Riedesel (1740 – 1785) diplomatico tedesco, giunse a Siracusa il 26 aprile del 1767. Amante della cultura greca e dei monumenti antichi, rimase particolarmente deluso dalla città, dallo stato di conservazione delle vestigia e dalla gente: "Nulla ritrovai nella Siracusa attuale che corrispondesse alle idee che richiamava questo nome alla mia immaginazione."[18] scrisse. Del suo viaggio stilò un resoconto epistolare a Winckelmann (1771), il Viaggio attraverso la Sicilia e la Magna Grecia. Quest'opera diverrà talmente famosa da influenzare Goethe che scelse di non passare da Siracusa sia a causa di una pestilenza sia per le descrizioni poco esaltate di Riedesel. Egli, proprio come successivamente fece Jean Houel, fu accompagnato dal conte Cesare Gaetani per visitare alcuni monumenti tra cui il teatro greco della città.

Patrick Brydone (1770)[modifica | modifica wikitesto]

Patrick Brydone (1736 – 1818) fu uno scienziato inglese che assieme all'ambasciatore della Gran Bretagna, Sir Hamilton, giunse in Sicilia nel 1770. Egli fraternizzò con la nobiltà locale evitando contatti col popolo che considerava troppo rozzo e feroce. Nel 1773 pubblica la sua opera A tour trough Sicily and Malta (Viaggio in Sicilia e Malta) in cui descrive i pettegolezzi dei nobili, le contraddizioni della Chiesa e i vari monumenti. Brydone ottenne la protezione di Cesare Gaetani.

Michel-Jean Borch (1776)[modifica | modifica wikitesto]

Michel-Jean Borch (1753 – 1810), naturalista polacco, visitò Siracusa dopo la lettura di Brydone. Grazie a questo viaggio si accorse dei molti errori compiuti dal viaggiatore, perciò decise di scrivere un libro correggendo gli errori del suo predecessore a seguito di un viaggio in Sicilia. Ad esempio fa notare che Brydone aveva parlato della Pentapoli dimenticando poi la quinta città di Siracusa che egli identifica con la fortezza del Plemmirio. A Siracusa soggiornò dal 18 al 23 dicembre del 1776.

Jean Houël (1770/7)[modifica | modifica wikitesto]

Ritratto houel

Jean-Pierre Houël (1735 – 1813) visitò due volte Siracusa, la prima volta nel 1770 per una breve periodo, la seconda volta nel 1777. Proveniente dal ragusano percorse la strada tra Noto, Eloro e Avola giungendo a Siracusa il 24 marzo restando sino al 10 maggio dello stesso anno. Proseguì alla volta di Catania, ma, a fine mese, decise di ritornare per assistere alla grandiosa festa del Corpus Domini; l'8 giugno, dopo un giro nei dintorni, arrivò alla città.

Come era usanza, all'epoca in mancanza di alberghi e strutture adeguate, ci si riferiva alle figure più in vista delle città per chiedere ospitalità e protezione. Nel primo viaggio del 1770 la lettera dell'ambasciatore britannico al conte Cesare Gaetani riporta: «[...] Houël è un pittore di gran merito ed è degno di qualunque assistenza si compiacerà V.ra Ecc.za di dargli a mio riguardo, è come si propone di prendere disegni delle principali vedute della Sicilia, accordandogli la vostra protezione...»[19] Poco dopo anche William Hamilton scrive una lettera dello stesso tono a Gaetani raccomandando: «Glover, Fullerton e Brydone, Patriotti ed amici miei» cui fa seguito un ringraziamento per l'accoglienza ai compatrioti e al pittore Houël.[19] Per il secondo viaggio Houël cerca finanziamenti ottenuti dal governo francese e si documenta leggendo gli autori classici quali: Diodoro Siculo, Plinio, Strabone, Tucidide e Cicerone. Ma legge anche Tommaso Fazello, Cluverio, D'Orville, Mirabella. Successivamente pubblicherà Voyage pittoresque des isles de Sicile, de Malte et de Lipari. (1782-1787)

Vivant Denon (1778)[modifica | modifica wikitesto]

Itinerario del viaggio in Sicilia di Denon

Vivant Denon era uno scrittore, incisore, diplomatico e appassionato d'arte francese. Arriverà a Siracusa nel settembre del 1778 dopo un breve viaggio a Malta, ma è costretto a fermarsi 28 giorni presso un lazzaretto a causa della peste.

(FR)

«Après avoir été témoins et martyrs de toute la basse rapacité de cette classe de la nation sicilienne, de la poltronnerie que leur causoit notre impatience, et avoir essuyé pendant vingt-huit mortels jours une quarantaine imposée injustement...»

(IT)

«Dopo essere stati testimoni e martiri di tutta la bassa avidità di questa classe della nazione siciliana, la codardia che provocò loro la nostra impazienza per aver sofferto per ventotto giorni mortali una quarantena imposta ingiustamente...»

Era venuto con un seguito di studiosi per catalogare e disegnare le rovine avendo come supporto Saverio Landolina ma anche il vescovo Alagona. Subito dopo aver visitato la città, Denon visita la zona sud di Siracusa: Rosolini, cava d'Ispica e Noto, ma lo coglie un malessere e non sapendo a chi chiedere assistenza torna a Siracusa dove si rimette in forze.

Tale viaggio determinerà nel 1788 la pubblicazione del suo Viaggio in Sicilia.

Karl Friedrich Schinkel (1804)[modifica | modifica wikitesto]

Karl Friedrich Schinkel era un architetto tedesco non ancora famoso, lo diventerà successivamente grazie ad una serie di commissioni dove mostrerà tutte le sue capacità nella progettazione di edifici neoclassici e neogotici. Egli inoltre era un bravo disegnatore e pittore. Giungerà in Sicilia nel 1804 appena ventitreenne assieme l'architetto Gottfried Steinmeyer, il letterato Philipp Rehfues e il pittore Karl Gotthard Grass. A Siracusa visiterà la Villa Tremilia, oggi in completo stato di abbandono, ma allora una florida tenuta abitata dall'inglese Gould Francis Leckie che sarà alla base di un suo progetto ideale la "Landhaus bei Syrakus" (Casa di campagna vicino a Siracusa) . Egli poi visiterà la città soffermandosi sugli aspetti tecnici dei vari monumenti in particolare sulle latomie[20].

August von Platen (1835)[modifica | modifica wikitesto]

August von Platen-Hallermünde giunse a Siracusa il 13 novembre 1835 dove soggiornò in una locanda a poco prezzo grazie al favore di Mario Landolina, figlio di Saverio Landolina. Non si hanno utili descrizioni della Siracusa dell'epoca, salvo aver annotato nel suo diario di un viaggio da Lentini a Siracusa piuttosto noioso e triste sino alla città. Egli morirà in una locanda di via Amalfitania alcuni giorni dopo a causa di una febbre.[21]

Guy de Maupassant (1885)[modifica | modifica wikitesto]

Lo scrittore francese arrivò a Siracusa nel 1885 lasciando una descrizione non troppo dettagliata dei suoi monumenti eccetto la Venere Landolina. Dopo aver visitato tutta la Sicilia, passò per la città aretusea da dove si imbarcò per Algeri nel giugno del 1885.

La Siracusa dell'epoca[modifica | modifica wikitesto]

La Siracusa del Settecento è una città molto diversa da quella greca. Sin dalla conquista romana nel 212 a.C. la città aveva perduto progressivamente il suo ruolo e la sua importanza. Quando arrivano i musulmani nell'878 oltre a distruggerla e saccheggiarla determinano lo spostamento della capitale della Sicilia a Palermo. così diviene una città sempre più secondaria, perdendo anche il suo ruolo originario e divenendo sempre più una città fortificata. Dal 1516 con Carlo V d'Asburgo viene avviata un'intensa opera di fortificazione dell'isola di Ortigia con maestosi bastioni. Questa presenza "ingombrante" rimarrà tale sino all'abbattimento post unitario del 1880.

La città quindi si sviluppa solo su Ortigia ed è ben separata dalla terraferma dove restano alcuni nuclei abitati fuori dalle mura sorti attorno a delle chiese: il monastero dei cappuccini con le vicine latomie dei cappuccini, la basilica di Santa Lucia e quella di San Giovanni alle catacombe. I vari monumenti del quartiere Neapolis e Tiche erano in stato di abbandono e tutta la zona era coltivata o usata come pascolo. Il porto accoglieva poche navi militari e l'economia della città si basava soprattutto sull'agricoltura.

L'isola venne ricostruita dopo il disastroso terremoto del 1693 in stile barocco. Splendidi edifici ornavano le vie, proprio come oggi, tuttavia vi era il forte contrasto tra la nobiltà e il clero e la gente comune parecchio povera. Tuttavia iniziò nella metà del Settecento un lento risveglio dell'interesse verso il passato, determinando l'arrivo di molti viaggiatori e di intellettuali che avviarono degli studi per la riscoperta degli antichi monumenti.

Le impressioni dei viaggiatori[modifica | modifica wikitesto]

Brydone quando arriva a Siracusa esordisce scrivendo: "Questa città orgogliosa, che gareggiava con Roma adesso è ridotta in un cumulo di spazzatura." Al termine del suo racconto i toni sono di grande disappunto:

(EN)

«We are already completely tired of syracuse, which of all wretched places we have yet met with, is by many degrees the most wretched: for besides that its inhabitants are so extremely poor and beggarly, many of them are so over-run with the itch, that we are under perpetual apprehensions...»

(IT)

«Siamo completamente stanchi di Siracusa, di tutti i posti disgraziati che abbiamo incontrato, è il più miserabile: inoltre i suoi abitanti sono estremamente poveri, molti di loro lo sono tanto, da stravolgermi, perché siamo sotto apprensioni continue...»

A questo stato di miseria Brydone ricorda il contrasto con la storia passata, per una città che aveva raggiunto dei livelli di potenza e ricchezza che si fatica a comparare con lo stato a cui era ridotta. Anche De Borch si sofferma sul contrasto tra il presente miserabile e il passato glorioso della città:

(FR)

«Quand je me trouvai dans ce grand port chanté par Virgile sous le nom de Sicanice Jínum, je crus voir les vaisseaux des Romains brulés par les miroirs ardens d'Archimede, enlevés par les machines de ce célèbre Mathématicien, & brisés contre les rochers des environs. Mais mon illusion fut bientôt dissipée, quand au lieu de ces vaisseaux formidables , je n'apperçus que de misérables barques de pêcheurs, & qu'à la place de ces guerriers généreux, qui avaient combattu dans ces lieux pour l'honneur de la grandeur Romaine, & pour la conservation de leur Patrie, je ne vis de toute part que des gueux rongés par la galle & couverts de haillons. Telle est la cruelle métamorphose qu'a essuyée cette Ville superbe!»

(IT)

«Quando mi sono trovato in questo grande porto cantato da Virgilio nel Sicanice Jínum, ho pensato di vedere le navi dei romani bruciate dagli specchi ustori di Archimede, rapite dalle macchine di questo famoso matematico, e rotte contro le rocce dintorni. Ma la mia illusione fu presto dissipata, quando invece di queste grandi navi, ho visto dei miserabili pescherecci invece dei guerrieri generosi, che hanno combattuto in questi luoghi per l'onore e la grandezza di Roma, e per la conservazione della loro patria, ho visto dappertutto solo mendicanti mangiati dal fiele. Tale è la metamorfosi crudele che ha cancellato questa bellissima città!»

Egli però parla molto bene della Malvasia di Siracusa un vino su cui spenderà molte parole di elogio.

(FR)

«Un parfum flatteur, un gout doux sans fadeur, une teinte limpide & dorée, une vertu stomachique, font de la 'malvoisie de Siracuse un des vins les plus agréables, & les plus amis de l'homme qu'on puisse boire»

(IT)

«Un profumo lusinghiero, un gusto dolce senza mitezza, una tinta limpida e dorata, una virtù gastrica, rende la Malvasia di Siracusa uno dei vini più piacevoli, e più amici dell’uomo che si possa bere.»

von Riedesel si sofferma spesso sulle coltivazioni di canna da zucchero, abbondanti nella zona di Avola e Melilli. Egli notava come il commercio di questi prodotti fosse molto più arretrato rispetto alle tecniche messe in campo dagli olandesi. Riguardo alla città aggiunge una nota di costume curiosa:

«Ancorché in questi tempi moderni non nascano più né dei Teocrito, né degli Archimede, tuttavia non potrebbero ricusarsi agli abitanti di questa città molto spirito ed intelligenza: il sesso in generale è bello, e gode di una più grande libertà delle altre città della Sicilia; questo raddolcimento proviene dalla numerosa guarnigione che di continuo ivi vi mantiene il re, ed i di cui gli ufficiali sono arrivati ad introdurvi a poco a poco i costumi forestieri.»

Schinkel utilizza queste parole per descrivere il suo primo impatto con la città:

«Ci fu consigliato di stare attenti sulla via per Siracusa che segue sempre la costa. Così c'incamminammo non senza timore per i banditi di terra e di mare. A sera raggiungemmo infine, la città a cui la sola Atene poteva contendere il primato. Malgrado adesso essa comprenda solo una ventesima parte dell'antica estensione, l'effetto che essa ha sull'isola posta in un arcuato golfo è sempre imponente. cavalcammo alla volta della città antica, che si chiama Gradina, dove si vedono i contorni di antichi edifici scolpiti nella roccia, e poi entrammo in città tra gli aranceti. Molte fortificazioni e ponti di pietra scolpita lasciano intravedere un centro elegante.[22]»

I luoghi di Siracusa[modifica | modifica wikitesto]

Tempio di Apollo[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Tempio di Apollo (Siracusa).

All'epoca del grand tour non si sapeva ancora a chi fosse dedicato il tempio di Apollo perché esso risultava inglobato tra le mura delle abitazioni circostanti. Infatti l'attuale stato risale alle demolizioni eseguite in epoca fascista. Così Houel chiama questo monumento tempio di Diana, scrivendo che di esso restano solo due o tre colonne incluse nelle abitazioni private di via Resalibera (tuttora esistente in Ortigia). Aggiunge anche che parte delle colonne sono visibili all'interno della casa di un notaio e nella casa adiacente. Ed è grazie a questa "invasione" che le colonne si sono preservate.

La stessa visita viene eseguita da Vivant Denon che ne da una sua descrizione:

(FR)

«Il faut à présent aller chercher ce temple fameux , le premier élevé à Syracuse , dans la chambre d'un particulier appellé Danieli, rue Resalibra, où, dans la ruelle de son lit, on trouve encore deux chapiteaux sur leur fût, que l'on a entaillé pour agrandir la chambre. Les colonnes sont enterrées à plus de la moitié de leur hauteur, et si près l'une de l'autre , que les deux chapiteaux n'ont que quelques pouces de séparation. En faisant quelques réparations, et creusant une cîterne, le propriétaire a trouvé deux autres fûts de colonnes, l'une de l'angle, et l'autre du retour de la partie occidentale.»

(IT)

«Bisogna adesso per ritrovare questo famoso tempio, il primo che sia stato innalzato a Siracusa, penetrare nella camera di un privato di nome Danieli, via Resalibra, dove nello spazio tra il letto ed il muro, ci sono ancora due capitelli sui loro fusti, che sono stati intaccati per ingrandire la stanza. Le colonne sono sotterrate per più di metà della loro altezza e sono talmente vicine l’una all’altra, che i capitelli non hanno che qualche pollice di distacco. Nel procedere ad alcune riparazioni e scavando una cisterna il proprietario ha trovato altri due fusti di colonne, l’una dell’angolo e l’altra del lato occidentale.»

Fonte Aretusa[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Fonte Aretusa.
Fonte Aretusa - Houel acquatinta del 1785

von Riedesel dimostra di avere un completo senso di delusione per questo monumento. Le parole del suo diario saranno quanto mai negative:

«Esistono ancora nell'attuale Siracusa alcuni miserabili avanzi della celebre Aretusa. Questa celebre fontana che tutti poeti l'hanno cantata, che tutti gli storici l'hanno citata ed esaltata, che secondo Strabone e Diodoro era così abbondante che conteneva una innumerevole quantità di pesci di una grandezza poco comune, che finalmente fu onorata come la ninfa protetta protettrice di Siracusa, questa celebre fontana non è più che un cattivo lavoro, che riceve, è vero, da due aperture una grandissima quantità di acqua, ma di un gusto un po' salsa, che denota aver della comunicazione colmare; di sorta che questa rinomata fontana oggidì ad altro non serve che a lavare i panni degli abitanti di Siracusa...»

Brydone, come gli altri viaggiatori descrive il mito (stupendosi del fatto che resista ai secoli) e ironizza sulla presenza delle donne presso la fonte:

«[...] ninfe immerse fino al ginocchio nella fontana, intente a lavarsi i vestiti, [...] che se appartenevano al seguito di Diana, non era certo altrettanto timide che a quei tempi.»

Jean Houel ci dice che il punto in cui egli vedeva sgorgare l'acqua dalla roccia non era il medesimo da cui usciva un tempo, basandosi sulle descrizioni storiche del Mirabella. Aggiunge inoltre che le acque non risultavano essere potabili e avevano un gusto sgradevole, attribuendo questa caratteristica a uno sconvolgimento interno delle rocce a causa dei terremoti. Aggiunge tuttavia che un tempo le acque erano migliori perché al tempo dei romani la fonte era ricca di pesci.

Vivant Denon aggiunge altri elementi nella descrizione del luogo, assai diverso da quello che oggi conosciamo. Egli per esempio ci parla delle concerie[23](oggi presenti nei sotterranei di alcuni edifici limitrofi alla fonte). Inoltre descrive il luogo parlando di resti di epoca romana oggi non più visibili:

(FR)

«Fort près de cette fontaine étoit le palais de Verres, et cette promenade délicieuse dont Cicéron accuse ce proconsul d'avoir fait un lieu de débauche. C'est encore aujourd'hui la promenade publique; mais elle n'a plus de délices, et n'est qu'un promenoir étroit entre un grand mur et le parapet de la marine, planté de quelques chétifs arbres de bouleaux. En cherchant bien on découvre, au bas de la muraille, près d'une fontaine qui est encore un démembrement d'Aréthuse, deux fragments de fabrique réticulaire, ouvrage romain, qui véritablement pourroit bien avoir appartenu au palais de Verrès.»

(IT)

«Nelle vicinanze di questa fontana vi era il palazzo di Verre e questa piacevole passeggiata per cui Cicerone accusa il proconsole di essersi perso nella dissolutezza. Questa è ancora una passeggiata pubblica; ma non è più deliziosa e oggi è solo un passaggio stretto tra un grande muro e il parapetto della Marina, su cui sono piantati alcuni alberi di betulla. Guardando bene si trova nella parte inferiore del muro, nei pressi di una fontana, che è ancora uno smembramento di Aretusa, due frammenti di un reticolato, opera romana, che potrebbero ben appartenere al palazzo di Verre.»

Le mure dionigiane[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Mura dionigiane.

Brydone da una descrizione generica delle mura di Siracusa scrivendo solo:

(EN)

«We rowed round the greatest part of its walls without feeling a human creature; those very walls that were the terror of the Roman arms; from whence Archimedes battered their fleets, and with his engines lifted up their vessels out of the sea…»

(IT)

«Abbiamo girato intorno alla maggior parte delle sue mura senza incontrare una creatura umana; quelle stesse mura che erano il terrore delle armate Romane; da dove Archimede distrusse le loro flotte…»

Provenendo da nord Jean Houël nel 1777 vide i pochi resti delle mura che cingevano per tutta la sua estensione. Ormai il prelievo per il riutilizzo era già avvenuto da diverso tempo e ciò che restava era davvero poco. La descrizione fa supporre che egli abbia visitato anche le rovine del Castello Eurialo, dato che parla di tunnel.

«Questi ruderi sono porzioni di mura, che hanno ancora due o tre filari di pietra. Un gran numero sono ancora sane e integre e mostrano di essere state ben tagliate. Si vedono nel solo buchi quadrati; sono tunnel sotterranei che conducono ancora fossati scavati dietro dei forti e levati sulle colline. Intorno a queste colline ci sono ancora mura e fossati riempiti di rovine e belle pietre: cumuli di pietre quadrate poste a secco, ma ben collocate forse usate per difesa. Il modo di combattere diverso dal nostro e dunque sono mutati anche sistemi difensivi. Allontanandosi da questo luogo che porta il nome antico di Epipoli, le vestigia diventano più rare. Si vedono soltanto grandi porzioni di mura doppie affiancate da torri che formavano la cinta della città e che abbracciavano la roccia piana appena descritta. Ho tracciato, seguendo il Mirabella, la lunghezza di queste mura per farne vedere l'antico circuito.[24]»

Vivant Denon osserva le tracce delle mura percorrendo il percorso che oggi è possibile fare sulla Pista ciclabile, partendo dallo scoglio dei due Frati[25] arriva sino all'insenatura posta accanto alla tonnara di Santa Panagia in cui ancora oggi diventano evidenti le tracce delle fortificazioni.

(FR)

«En retournant à la partie du nord, nous découvrîmes quelques vestiges des murailles de l'ancienne enceinte qui étoit élevée sur le rocher qui battoit la mer, et rendoit la ville très forte de ce côté. Plus nous nous avançâmes le long du port de Trogille, plus les traces des murailles devinrent sensibles.»

(IT)

«Tornando alla parte settentrionale, abbiamo scoperto alcuni resti delle mura dell’antico recinto che era elevato sulle rocce che battono sul mare, e hanno reso così forte la città su questo lato. Più abbiamo avanzato lungo il porto Trogilo più le tracce delle mura diventate evidenti.»

Avendo quel giorno eseguito il giro del quartiere Acradina concluderà dicendo che le dimensioni delle mura sono paragonabili a quelle della Parigi di allora[26].

Teatro greco[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Teatro greco di Siracusa.
Teatro greco Siracusa Houel

Von Riesedel nel visitare il monumento ne rimarrà estasiato:

«Ancorché la scena mi sia totalmente distrutta, la sua grandezza, imponente maestà di un edificio così intagliato nel vivo della montagna, combinate alla più deliziosa delle situazioni, ispirano il rispetto, e l'ammirazione. Io ho passato con la più grande soddisfazione due giorni interi per esaminarlo; esso è uno dei colpi d'occhio più pittoreschi che abbia riscontrato in Sicilia, ed io me ne attristò il più di non averlo potuto fare di disegnare da un artista abile ed esatto.»

Egli inoltre si sofferma sulle dimensioni dei gradini e sulle iscrizioni ritrovate e interpretate dal Cesare Gaetani. Anche Riesedel, proprio come Houel poi descriverà la presenza dei mulini del galermi sulla cavea che avevamo parzialmente distrutto la gradinata e su cui erano convogliate le acque provenienti dal canale Galermi: di questa insensibilità verso l'antico infatti il pittore si lamenta. La presenza dell'acqua aveva creato molta vegetazione ma anche una cerca umidità che avrebbe portato refrigerio durante le giornate calde. Egli racconta inoltre che assieme a Saverio Landolina aveva scavato e frugato tra i gradini per trovare delle iscrizioni.

«Pochi viaggiatori saprebbero trovare il luogo dove bisogna posizionarsi per avere questa veduta generale, poiché questo sito, invaso oggi da alberi, da arbusti, da canne e muretti impedisce alla maggior parte dei visitatori di penetrarvi e di salire abbastanza in alto per vedere l'edificio interamente. Di solito ci si accontenta di osservarlo solo lateralmente. La stampa raffigura il teatro sotto l'aspetto più noto, così che tutte le persone che l'hanno visto possono subito riconoscerlo. La veduta è molto fedele e niente è stato messo soppresso. Ho fatto attenzione a piazzare sia i muri moderni sia le case dei mugnai...[24]»

Schinkel invece ce lo descrive così:

«Nel pomeriggio andammo [...] fino all'antico teatro nella città originaria che si chiamava Gradina. Completamente scolpiti nella roccia i semicerchi che compongono la cavea appoggiata alla collina danno un'impressione estremamente piacevole. Un acquedotto, che nel Medioevo fu costruito proprio attraverso il teatro e le cui pareti ormai in rovina lasciano scorrere delle piccole cascate sulla scena, esalta lo spettacolo pittoresco offerto da questo stupendo monumento. Schiavi algerini e tunisini, uomini di forte e bella costituzione e pelle scura, lavoravano in catene nel teatro per spalar via la terra franata. Due iscrizioni greche ritrovate durante questi lavori ai lati dei giardini danno gran materia di ricerca agli antiquari locali. Sembrano indicare i posti di due sacerdotesse. Sul teatro si vede un ninfeo e molti monumenti funebri scolpiti nella roccia. [...][22]»

di cui esegue anche un disegno.

Anfiteatro romano[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Anfiteatro romano di Siracusa.
Veduta del piccolo anfiteatro di Siracusa, a più della metà della sua altezza. Jean Houel guazzo del 1777

Brydone non si sofferma troppo sul questo monumento, ne descrive più che altro la forma e ci dice che i gradini sono intatti, ciò significa che successivamente verranno smontati e riutilizzati.

(EN)

«The amphitheater is in the form of a very eccentric ellipse, and is much ruined; but the theatre is so entire, that most of the gradini or seats still remain.»

(IT)

«L'anfiteatro ha la forma di un'ellisse molto eccentrica, ed è molto rovinato; ma il teatro è integro e la maggior parte dei gradini e dei posti sono intatti.»

Quando Houel visita l'anfiteatro romano lo trova semisommerso dalla terra, ma con le rocce ben conservate. Racconta inoltre che era coperto da un campo di lattuga e per poter prendere delle misure precise fa eseguire degli scavi del monumento.[27]

Orecchio di Dionisio[modifica | modifica wikitesto]

Le figure di questo quadro rappresentano uomini a piedi e a cavallo venuti a fare echeggiare questa grotta del suono dei tamburi, delle trombe e degli spari dei fucili.[24]
Lo stesso argomento in dettaglio: Orecchio di Dioniso.

Von Riesedel racconta la leggenda legata a questo posto aggiungendo un solo commento sul fatto che è ridicolo pensare all'ipotesi che la costruzione sia da imputare ad Archimede

Brydone si sofferma sulla leggenda di questo luogo e sull'eco che permetterebbe di distinguere le voci in maniera chiara. Ma nel contempo ne elogia la magnificenza:

(EN)

«The ear of Dionisus is no less a monument of the ingenuity and magnificence, than of the cruelty of that tyrant. It is a huge cavern cut out of the hard rock, exactly from the human ear.»

(IT)

«L'orecchio di Dioniso non è il monumento dell’ingenuità e della magnificenza, ma della crudeltà di quel tiranno. Si tratta di un’enorme caverna scavata nella roccia dura, esattamente come l'orecchio umano.»

La vista dell'Orecchio di Dioniso impressiona Jean Houel, perché oggi come ieri si verificava l'acustica della grotta:

«La fama di questa eco è tanto vasta che si considera privo di valore il soggiorno a Siracusa sei il visitatore, siciliano o straniero, non sia andato a sentirne gli effetti.
Coloro che visitano la grotta sono già preparati: alcuni discendono con strumenti musicali che producono improbabili cacofonie, seppure non prive di una loro armonia. La mescolanza dei suoni produce risultati singolari più o meno graditi ai visitatori. Altri portano pistole o fucili e a questo punto L'effetto delle cose così violento che a stento si può sopportare. E, un orecchio delicato rischierebbe addirittura la sordità.
Ho rappresentato in questa stampa alcuni cacciatori che per la festa di San Nicola hanno sperimentato quanto detto. Nel momento in cui uno spara, l'altro soffia in un corno e provoca un rumore infernale.[24]»

Ma ciò che ha colpito il pittore è anche l'effetto luminoso della latomia:

«La mattina del pomeriggio, il sole penetra in questi antri riproducendo un crepitio di luci. Tiraggi, convergendo su un punto, sfavillano negli interstizi irrorando di una luce chiarissima anche il fondo delle grotte. La luce, al pari del rumore, si ripercuote nelle cavità irregolari profonde rifrangendosi sulle rocce. Provoca gli occhi dello spettatore effetti simili a quelli prodotti sulle orecchie dal suono delle cose quando si perde in lontananza.
Provate a immaginare questi giochi di luce e l'intera varietà di colori che il sole, nel suo cammino, produce sulle rocce rese irregolari dalle spaccature: ci si accorgerà quanto sia interessante suggestivo un tale spettacolo agli occhi di un pittore sensibile.[24]»

Houel ci informa anche che nella zona alcune grotte erano abitate da uomini che lavoravano il salnitro che rendevano alcune di esse come degli antri infernali per la presenza delle fornaci.

Vivant Denon visitando la grotta, volle verificare la veridicità della leggenda secondo cui Dionigi ascoltasse i discorsi dei prigionieri, ma comprese che la sovrapposizione di suoni rende l'ascolto del tutto confuso:

«È vero che nella famosa grotta vi è una piccola camera, all’abside della volta, dove, si dice, che l’ascoltatore venisse a piazzarsi. […] Decisi dunque di farmi aiutare a salire nella camera. Ci riuscii non senza fatica ed ecco qui ciò che vidi: una camera lunga dieci piedi e sei pollici su quattro piedi di larghezza che si andava restringendo fino a due piedi e dieci pollici, […] mi misi dapprima all’ingresso della grotta. Finché vi fu solo una persona che parlò in tono normale, la sentii distintamente in qualunque punto della grotta si trovasse, nel medesimo modo in cui l’avrei sentito da giù. Quando parlò a voce bassa, quasi segretamente, sentii un sussurro e niente di articolato; e quando due persone parlarono contemporaneamente, percepii soltanto un brusio di suoni discordanti e confusi che non lasciavano distinguere parola alcuna.»

Latomia dei Cappuccini[modifica | modifica wikitesto]

Incisione di Claude-Louis Châtelet del XVIII secolo
Lo stesso argomento in dettaglio: Latomia dei Cappuccini.

von Riedesel ci informa che in una delle rocce sono visibili delle parole greche, forse un passo di Sofocle o Euripide, ma di cui non è possibile leggerne il senso.

Patrick Brydone nel XVIII secolo ne fa la seguente descrizione:

«Le latomie formano ora un elegante giardino sprofondato sotto la superficie del terreno e sono senza dubbio uno dei luoghi più belli e romantici che io abbia mai veduto. Si trovano per intero a circa cento piedi sottoterra, e sono incredibilmente vaste. Il giardino è tutto tagliato in una roccia dura come il marmo, composta di un conglomerato di conchiglie, ghiaia ed altro materiale marino. Il fondo dell'immensa cava, da cui fu probabilmente tratta la pietra per costruire quasi tutta Siracusa, è ora ricoperto da un terriccio fertilissimo, e siccome è un luogo assolutamente riparato dal vento, è pieno di ogni sorta di arboscelli e bellissimi alberi da frutto, rigogliosi e imponenti, mai intristiti dalla tempesta. Aranci, limoni, bergamotti, melograni, fichi, eccetera, sono tutti di notevoli dimensioni e di qualità sopraffina. Alcuni di questi alberi, in particolare gli olivi, sorgono dalla viva roccia, senza traccia di terra, ed offrono uno spettacolo insolito e assai gradito all'occhio.»

De Borch pur essendo un naturalista non pone neanche il sospetto che le latomie possano essere delle cave di pietra utilizzate in epoca greca, anzi pone persino un improbabile raffronto con le catacombe di Roma e Napoli ipotizzando un uso da parte dei primi cristiani. Molto interessante anche la descrizione di Vivant Denon il quale parla anche di un anfratto roccioso simile all'Orecchio di Dioniso ma di caratteristiche indubbiamente minori:

(FR)

«De là nous allâmes aux capucins, dont le jardin, planté dans les latomies, est d'un effet aussi mystérieux que pittoresque. C'est une galerie tortueuse et sans plan, où des citronniers et des orangers en touffes, en berceaux ou épars, sont plantés entre des rochers escarpés , ou sous' des voûtes taillées, qui, rongées par le temps, ressemblent à présent à des roches suspendues. Ce contraste du gracieux au terrible est également susceptible des deux genres. […] A l'égard des habitants de ce jardin si extraordinaire, ils se contentent de compter chaque jour leurs oranges, et ce qu'ils pourront les vendre , sans jamais s'être avisés de lever les\ yeux pour savoir si la roche suspendue menace leur tête, ou de respirer l'odeur de la fleur d'orange. J'y retrouvai une autre oreille de Denys , qui, moins bien faite , ou détruite ensuite par de nouvelles excavations, n'a pu acquérir aucune célébrité.»

(IT)

«Da lì siamo andati ai Cappuccini, il giardino, piantato in una cava di pietra è d’un misterioso effetto scenico. Si tratta di una galleria tortuosa e senza un piano, dove limoni e aranci in ciuffi, sono piantati tra ripide scarpate o sotto volte scavate, rosicchiate dal tempo, e adesso si presentano come rocce sospese. Il contrasto del grazioso e del terribile suscita entrambe le sensazioni. […] Per quanto riguarda gli abitanti di questo giardino così straordinario, sono contento di contare ogni giorno le loro arance, senza essere mai avvisato di togliere gli occhi sulla minaccia delle rocce sospese sulla testa, o di respirare il profumo dei fiori d'arancio. Lì ho trovato un altro orecchio di Dionisio, che, meno ben fatto o distrutto da nuovi scavi, non poteva acquistare nessuna celebrità.»

Guy de Maupassant visiterà Siracusa nel 1885:

«La più curiosa delle Latomie è senz'altro quella dei Cappuccini, giardino profondo e vasto diviso da volte, da arcate, da rocce enormi, è racchiusa in strapiombi bianchi.[28]»

Le Catacombe e il Miqwe[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Catacombe di Siracusa.
Catacombe Houel

Houel visita anche le catacombe di Siracusa dandone una descrizione generale essendo assai estese e variegate. Nell'immagine di riferimento mostra lo schema delle catacombe per come le aveva rappresentate il Mirabella, anche se Houel lo trova piuttosto impreciso. Oltre ad esso schematizza le inumazioni dei corpi.
Nella stessa tavola rappresenta in alto il pozzo greco sotto la chiesa di San Filippo in Ortigia. Houel non comprende la sua funzione e lo paragona ad una delle strutture legate alle catacombe.

Vivant Denon descrive nel dettaglio quest'ultima struttura, mentre riguardo alle catacombe dice semplicemente che non sono "nulla di particolare"[29]: probabilmente si riferiva a delle catacombe secondarie o alle gallerie vicine al Miqwe. Infatti quando visita delle catacombe di San Giovanni il tono descrittivo è più enfatico:

(FR)

«Nous passâmes de ces latomies aux fameuses catacombes de Saint Jean, les plus belles , les plus grandes , les mieux conservées que j'aie vues, et peut-être les plus faites pour donner des idées justes de ces especes de lieux. Celles-ci sont une ville toute entiere, avec ses grandes et petites rues, ses places et ses carrefours, creusés dans le rocher à plusieurs étages, et évidemment creusés seulement pour faire des sépultures, et non, comme les autres y des carrieres. […] On voit que ces catacombes ont été travaillées avec soin, pendant une longue suite de siecles, par un peuple riche et nombreux, qui y pouvoit occuper un grand nombre d'ouvriers ou d'esclaves.»

(IT)

«Siamo passati dalle latomie alle famose catacombe di San Giovanni, le più belle, le più grandi, e le meglio conservate che ho visto, e forse le migliori per fornire una corretta idea di questi luoghi. Si tratta di una città intera, con le sue strade grandi e piccole, piazze e incroci, scavate nella roccia a diversi livelli, e ovviamente, scavate solo per seppellire, non come le cave. […] Vediamo che queste catacombe sono state realizzate con cura in un lungo susseguirsi di secoli, da un popolo ricco e grande, che poteva impiegare un gran numero di lavoratori o di schiavi.»

Nella parte finale della descrizione Denon sembra fare confusione con i monumenti greci. Le catacombe infatti, pur essendo un'opera grandiosa non furono scavate da schiavi e il loro utilizzo non era solo quello della sepoltura.

Il duomo[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Duomo di Siracusa.

Il contrasto tra lo stile barocco della facciata del Duomo e il rigore geometrico delle colonne doriche appena affioranti ai lati determinò un giudizio negativo in Brydone che così annota:

(EN)

«They have lately built a new façade to it; but I am afraid they have not improved on the simplicity of the antique. It is full of broken pediments, and I think a bad stile.»

(IT)

«Hanno di recente costruito una nuova facciata; ma temo che non hanno migliorato riguardo alla semplicità degli antichi. E’ piena di frontoni spezzati, e penso che sia fatto in un cattivo stile.»

Il Tempio di Zeus[modifica | modifica wikitesto]

Jean Houel, Stato dei resti del tempio di Giove Olimpio nel 1770 di cui non ci sono più, nel 1786, che le due colonne in piedi (1785), acquatinta
Lo stesso argomento in dettaglio: Tempio di Zeus (Siracusa).

Quando Jean Houel visitò Siracusa per la prima volta nel 1770, come scrive egli stesso, andò presso il Tempio di Zeus e ne fece un primo dipinto con l'Etna di sfondo. Allora vi erano per terra numerose colonne con i capitelli ma in piedi solo due. Dopo otto anni trovò dei cambiamenti che lo sconvolsero. I proprietari del campo, dei contadini, avevano distrutto sia le colonne che i capitelli frantumandoli e li avevano prelevati per costruire delle capanne liberando così il terreno, rendendolo più facilmente coltivabile. Vennero persino abbattuti degli alberi e per questa ragione il pittore dice che il sito è totalmente cambiato:

«…I proprietari del campo dove sono le rovine del tempio di Giove, hanno distrutto completamente sia le colonne sia i capitelli che giacevano rovesciati per terra: li hanno frantumati e prelevati per costruire capanne e per arare più facilmente il terreno. Hanno preferito il piccolo beneficio di poche manciate di spighe, alla conservazione di queste rovine antiche per le quali non hanno rispetto[24]

Anche per questa ragione egli scrive con rammarico:

«Ogni giorno si distruggono gli antichi ruderi, le magnifiche testimonianze della verità storica che ci fanno conoscere la grandezza e la maestosità delle città antiche della Sicilia[24]

Vivant Denon ci fornisce delle informazioni utili riguardo al luogo parlando della proprietà del terreno su cui sorgono e della distruzione delle colonne.

(FR)

«Le fonds appartient au monastere de Santa Maria, et s'appelle maitenant les Colonnes. Du temps de Cluvier il y en avoit encore sept. Il y a quelques années qu'on voyoit les fragments de quelques unes qui étoient renversées : les deux qui restent menacent de tomber.»

(IT)

«Il fondo appartiene al monastero di Santa Maria, e si chiama adesso le Colonne. Al tempo del Cluvier erano ancora sette. Da alcuni anni ci sono solo dei frammenti di alcune abbattute: le due che restano rischiano di cadere.»

Interessante è anche il fatto che per raggiungere questo luogo il pittore sia arrivato in barca, dapprima giungendo all'imboccatura dell'Anapo e poi arrivando sin sotto il tempio. Ciò perché l'area dei Pantanelli era in passato quasi sempre inondata.

La fortificazioni spagnole[modifica | modifica wikitesto]

Risulta interessante la descrizione che Brydone fa delle fortificazioni spagnole della città. Egli si sofferma ovviamente sui bastioni che circondavano Ortigia rendendola una fortezza inespugnabile:

(EN)

«Here he has raised a noble fortification, which appears to be almost impregnable. There are four strong gates, one within the other, with each a glacis, covered way, scarp and counterscarp, and a broad deep ditch filled with sea water, and defended by an immense number of embrasures; but not so much as one sigle piece of artillery.»

(IT)

«Qui [in Ortigia] è stata elevata una nobile fortificazione, che sembra essere quasi inespugnabile. Ci sono quattro porte, una dentro l'altra, con ciascuno un spalto, modo coperto, scarpata e controscarpata, e un ampio profondo fossato con acqua di mare, e difeso da un numero immenso di feritoie; ma non tanto come un singolo pezzo d'artiglieria.»

Ma se la fortificazione appare imponente ciò che stupisce il viaggiatore è il fatto che per quanto sia tutto predisposto alla difesa le feritoie che circondano l'isola sono prive di cannoni salvo quelli in uso per salutare le imbarcazioni in arrivo o in partenza. Trova ridicola la definizione di fortezza quando poi all'interno è presente solo una piccola batteria di difesa e i fossati di separazione sono pieni di imbarcazioni che si riparano da eventuali tempeste.

Fiume Anapo[modifica | modifica wikitesto]

Vivant Denon visita sia l'Anapo che il Ciane. Venendo dal porto grande con una imbarcazione passa dalla foce, visita il tempio di Giove e subito dopo giunge sino alla fonte dove ne descrive il mito e si sofferma in particolare sulla pianta di papiro[26].

Maupassant dopo aver visitato la Venere Landolina si sposta in barca sul fiume Anapo descrivendo in termini letterari:

«[...] quindi salgo subito in barca per andare a salutare, dovere di scrittore, i papiri dell'Anapo.
Si attraversa il golfo da una riva all'altra si scorge, sulla sponda piatta è spoglia, la foce di un piccolissimo fiume, quasi un ruscello, in cui si inoltra il battello.
La corrente impetuosa è difficile da risalire. A volte si rema, volte ci si serve della gaffa fa per scivolare sull'acqua che scorre veloce tra due rive coperte di fiori gialli, minuscoli e splendenti, due rive d'oro.
Vediamo canne sgualcite dal nostro passaggio che si impegnano essi rialzano, poi, con gli steli nell'acqua, degli iris blu, di un blu intenso, sui quali volteggiano innumerevoli libellule dalle ali di vetro, madreperlacee frementi, grandi come uccelli-mosca. Adesso, sulle due scarpate che ci imprigionano, crescono cardi giganteschi con voli voli smisurati, che allacciano le piante terrestri con le camere ruscello.[30]»

I luoghi nei dintorni di Siracusa[modifica | modifica wikitesto]

La guglia di Marcello[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Guglia di Marcello.
Jean Hoüel, Monumento trionfale a otto miglia di Siracusa, sulla strada per Augusta (guazzo del 1777)

Von Riesedel descrive così il monumento:

«Vi si vede ancora al di sopra un frammento della colonna scanalata. Si pretende che essa fu eretta da Marcello, dopo che prese la città di Siracusa: alcuni frattanto ne vogliono formare una tomba, ed appoggiano il loro sentimento sopra alcuni affondamenti che sussistono nella parte superiore della base che essi prendono per delle nicchie, ove collocavansi le urne funeree. Questi affondamenti piuttosto mi paiono aver servito per rendere sode delle statue od altri ornamenti situati su questa medesima base intorno alla colonna; dappoiché sono troppo piccoli per essere delle nicchie, e la loro forma non sembra annunciare una tomba.»

Spostandosi da Lentini verso Siracusa (1777) Jean Houël vide lungo la strada principale ciò che restava del monumento:

«A otto miglia circa da Augusta, sulla strada per Siracusa, si innalza un monumento trionfale: la sua forma, la sua posizione sulla strada della capitale, dimostrano che non è una tomba, come pretendono di affermare diversi autori moderni. È massiccio, costruito con belle pietre grandi, e la sua base è posta su una vasta area con grandi massi intorno. Questo monumento è una piramide ricurva elevata su un piedistallo quadrato, le cui facce sono larghe 17 piedi: la base di 24 pollici e si innalza per 16 piedi e sei pollici fin dal suolo fino oltre la copertura del piedistallo. Le pietre sono unite perfettamente senza cemento né calce; ma non hanno una grana molto fine e non sono che un assemblaggio di piccole pietre cementate con la malta. L'architetto immaginò di ricoprire completamente la superficie con diversi strati di calce molto dura il cui spessore è una linea e mezzo. Ne rimangono piccole quantità in più punti.[24]»

Anche vivant Denon descrive questo monumento:

(FR)

«...nous trouvâmes, vis-à-vis la péninsule de Tapse, aujourd'hui degli Magnisi, un monument que l'on dit avoir été élevé en mémoire de la victoire de Marcellus. Quoique le temps ait ruiné ce monument , et que chaque jour on en enleve des pierres, on y distingue encore le piédestal, terminé par une doucine et par une corniche. Au-dessus est un petit socle ou un amortissement qui servoit de base à une colonne ; il ne reste que quelques pieds du fût de cette colonne, encore tellement dégradée, qu'il faut s'en approcher pour en reconnoître la forme circulaire.»

(IT)

«...abbiamo trovato, di fronte alla penisola de Tapsos oggi degli Magnisi, un monumento che si dice sia stato elevato in ricordo della vittoria di Marcello. Anche se il tempo ha rovinato questo monumento, e che ogni giorno vengono rimosse delle pietre, si può ancora distinguere il piedistallo che termina in una baia e una cornice. Sopra vi è un piccolo piedistallo o uno smorzamento che serviva di base a una colonna; ci sono solo un paio di metri di questa colonna, ancora così degradata, che si riconosce appena la forma circolare.»

I Santoni di Palazzolo Acreide[modifica | modifica wikitesto]

Houel Terzo bassorilievo antico scolpito nella roccia. Acquatinta del 1785

Dopo aver assistito alla festa del Corpus Domini a Siracusa Houel si spostò a Palazzolo dove vide le statue dei Santoni già allora in pessimo stato di conservazione. La sua testimonianza è importante perché ci permette di leggere meglio le figure che allora risultavano più leggibili di oggi. Egli infatti fece diversi disegni di queste straordinarie opere del passato.

«In uno spazio di 10 o 12 tese, si vede una grandissima quantità di bassorilievi; la maggior parte sono oltremodo mutili, e tutti lo sono più o meno. Alcuni sono stati cancellati più della mano degli uomini che da quella del tempo. I pastori dei dintorni prendono talvolta le pietre e, per passatempo, senza cattive intenzioni, colpiscono le teste delle figure senza rendersi conto di quello che fanno. Essi distruggono per distruggere, come fanno i bambini con i giochi che hanno loro si donano e se ne pentono quando non li hanno più. I bassorilievi sono anch'essi curiosi, soprattutto perché scolpiti nella roccia e questa circostanza è molto rara. Mi colpì talmente che ho ritenuto opportuno disegnarne alcuni per porgerle in visione ai miei elettori.[24]»

I dieri di Baulì[modifica | modifica wikitesto]

Terrazza del diere grande di Baulì visitato da Jouel

Subito dopo Palazzolo Acreide Jean Houel giunge nella cava nei pressi del Bosco di Baulì dove può visitare i dieri e di cui esegue la descrizione del diere grande.

(FR)

«Ces habitations font creufées dans des rochers taillés à pic par la nature, au deffus du terrain incliné, au fond duquel roulent les ruiffeaux ou les torrens qui ont creufé cette vafie profondeur. Celle des habitations qui m'a paru la plus digne d'être observée, confie d'abord dans une grande falle au rez-de-chauffée, & dans une arrière-falle de murs cintrés, qui feroient croire qu'autrefois elle a été decorée. A l'entrée de la première pièce eft un efcalier, dont la première marche eu à quatre pieds & demi au deffus du fol. Cet efcalier tournant a dix marches, & conduit à un petit pallier étroit & carré. On monte enfuite perpendiculairement,en mettant les pieds & les mains dans des trous carres, pratiqués les uns au deffus des autres dans le roc, & panant au travers d'une efpèce de petit puits qui perce l’épaiffeur du plancher, l'on arrive à l'étage fupérieur ou l'on trouve un appartement de douze pièces de plain-pied.»

(IT)

«Le abitazioni sono ricavate in rocce poste a picco dalla natura, al di sopra del terreno inclinato, nel fondo del quale scorrono i ruscelli o i torrenti che hanno prodotto l'ampio dirupo. L'abitazione che mi è sembrata tra queste degna di essere osservata è costituita innanzitutto da una grande sala del pianoterra e da una sala posteriore con le mura arcuate che fanno pensare che un tempo sia stata decorata. All'entrata della prima stanza vi è una scala il cui primo gradino è a quattro piedi e mezzo al di sopra del suolo. Questa scala a chiocciola ha dieci e gradini conduce ad un piccolo pianerottolo stretto e quadrato. Si sale in seguito perpendicolarmente mettendo i piedi e le mani in buchi quadrati praticati gli uni al di sopra degli altri nella roccia e, passando attraverso una specie di pozzo piccolo che perfora lo spessore del pavimento, si arriva al piano superiore, dove si trova, allo stesso livello, un appartamento di dodici stanze.[24]»

Vendicari e la Trigona[modifica | modifica wikitesto]

In alto la Trigona di Vendicari di Houel

A Vendicari Houel esegue alcuni disegni del luogo. Visita la torre di Vendicari e i pantani dove racconta che per la presenza di uccelli si praticava la caccia alle oche, alle anatre a ad altri uccelli di passaggio. Poi si sposta alla Trigona di Vendicari lasciando un'importante descrizione:

«A tre miglia da Noto, sulla riva del mare, in una penisola del feudo della Falconara, si trova un edificio abbastanza ben conservato, chiamato la Cittadella. Alla pianta quadrata e il tetto a cupola. Ogni facciata riceve la luce, da una piccola apertura di forma pressappoco quadrata. Al di sopra di ogni apertura corrisponde nella cupola un'altra, più piccola: tutte le finestre di questo tipo lasciano entrare poca luce. L'interno dell'edificio è di appena 26 piedi quadrati. Tre lati hanno, nella parte interna, antigieniche che formano, all'esterno, delle masse rotonde simili, viste dall'esterno, alla volta di un forno. L'edificio a tre porte: la principale rivolta ad oriente nell'atto privo di nicchia, le altre due si trovano gli angoli della stessa parete, così come le ho rappresentate[24]

Houel aggiunge che all'interno erano ancora visibili tracce rovinate di dipinti, oggi inesistenti e resti di pietre appartenenti probabilmente ad edifici antichi.

Colonna Pizzuta[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Colonna Pizzuta.

Houel visita anche la colonna Pizzuta ed esegue anche alcuni disegni del monumento oltre che una descrizione con tutte le misure eseguite:

«Questo monumento è una specie di colonna interamente di pietra, di splendida fattura, situato tra i fiumi Eloro e Asinaro. E posto su una roccia il cui livello è stato spianato per un'estensione di 36 piedi quadrati, per poterlo accogliere. Su questa roccia sono stati collocati quattro gradini sopra è stata innalzata la colonna trionfale. La colonna è rotonda: il suo diametro di 11 piedi e sei pollici. Gli strati di cui è formata sono altri 18 pollici e 23 di numero; il che le conferisce l'altezza di 34 piedi e sei pollici. La sommità non è integra, ma completamente frantumata: è stata notevolmente danneggiata dal terribile terremoto del 1693 che la spaccata dall'alto in basso. Non ho visto nei dintorni frammenti che mi abbiano suggerito come terminava[24]

Vivant Denon visita la colonna pizzuta dopo essere stato alla cava d'Ispica e a Rosolini. Ma lungo il percorso si sentì male, soffriva di un intenso mal di testa e per questa ragione decise di tornare a Siracusa per richiedere assistenza. Quando giunge sotto la colonna si sdraia a terra mentre i pittori dipingono il paesaggio con la città di Noto.

(FR)

«Je me trouvai,au pied de cette colonne, aussi accablé que le vieux général. J'étois couché sur la terre, pendant que nos dessinateurs faisoient des vues du pays, afin de rendre ce sujet historique. Je ne pouvois plus me relever.»

(IT)

«Mi sono trovato ai piedi di questa colonna, travolto come il vecchio generale [Nicia]. Ero sdraiato a terra, mentre i nostri disegnatori eseguivano la vista del paese, per rendere questo soggetto storico. Non potevo più stare in piedi.»

Le feste religiose[modifica | modifica wikitesto]

La festa di Santa Lucia[modifica | modifica wikitesto]

Nei giorni in cui de Borch si trova a Siracusa vi è la tradizionale festa di Santa Lucia. Una festa che egli non descrive nei dettagli come farà Houel per quella del Corpus Domini. Da uomo di scienza de Borch userà dei toni piuttosto ironici nei confronti di una manifestazione religiosa ai suoi occhi assurda e frutto solo della ingenuità popolare. Egli infatti si sofferma sull'atmosfera in generale della città e sulla descrizione della Chiesa di Santa Lucia fuori le mura.

(FR)

«Sainte Lucie est la Patrone de cette Fête de Ville; aussi tout honneur & toute gloire lui sont rendus ici. Nous sommes arrivés à Siracuse précisement dans le tems de la Fête de cette Sainte. Cela nous a donné un second échantillon des Fêtes Siciliennes. N'allez pas croire qu'on dépense ici autant d'argent qu'à la Fête de Sainte Rosalie à Palerme; plus prudens ou moins riches les Siracusains se contentent d'adresser à la Sainte dans ce moment beaucoup plus de prières qu'à l'ordinaire. Le Peuple qui est par tout le même, se ruine ici en petards, & ruine sa santé à force de faire des grimaces, & des contorsions […] Grace au zele des Siracusains, la Sainte est fort riche, elle a plusieurs ajustemens enrichis de perles & de pierres précieuses à la mode des Madones. […] L'Eglise de Sainte Lucie est fort simple en dédans quant à son architecture, & ne brille que par les lumières & les brimborions dont on l'orne le jour de la Fête de la Sainte. Son tombeau forme un autre bâtiment octogone isolé, dans lequel est un dome avec une petite chapelle a moitié sous terre. Au dessus de l'Autel est une grande chasse d'argent à faces de crystal, pour qu'on puisse mieux découvrir une très-belle statue de marbre blanc, représentant la Sainte mourante. Le désespoir des Siracusains est de n'avoir qu'un seul doigt de la Sainte, dont tout le Corps est à Venise.»

(IT)

«Santa Lucia è la Patrona di questa città; inoltre ogni onore e gloria, lo rendeva qui. Siamo arrivati a Siracusa proprio in occasione della festa della Santa. Questo ci ha dato un secondo esempio di feste siciliane. Non credo che ci stiano spendendo così tanti soldi qui come per la festa di Santa Rosalia a Palermo; più prudenti o meno ricchi i Siracusani si accontentano di andare dalla Santa con più preghiere del solito. Il popolo che è ovunque lo stesso, si rovina in petardi, e rovina la sua salute a forza di fare delle facce e delle contorsioni […] Grazie allo zelo dei Siracusani, la Santa è forte e ricca, ha diversi vestimenti arricchiti con perle e pietre preziose alla moda delle Madonne. […] La Chiesa di S. Lucia è molto semplice in termini di architettura, e brilla solo per le luci e le cianfrusaglie con cui è adornata il giorno della festa della Santa. La sua tomba è formata da un altro edificio ottagonale separato, in cui vi è una cupola con una piccola cappella per metà sotterranea. Sopra l'altare vi è una grande cassa piena di soldi dalle facce di cristallo, in modo da poter meglio scoprire una bellissima statua in marmo bianco, che rappresenta la santa morente. La disperazione dei Siracusani è quella di avere solo un dito della Santa, il cui corpo intero è a Venezia.»

La festa del Corpus Domini[modifica | modifica wikitesto]

Houel duomo Siracusa

Jean Houel torna appositamente a Siracusa da Catania per vedere la famosa festa del Corpus Domini nel 1777. Quella a cui assistette fu probabilmente una delle ultime sfarzose, perché già nell'anno successivo essa fu notevolmente ridimensionata. Allora la festa durava una settimana ed era più lunga persino delle feste patronali di Palermo e Catania. Houel ci dice subito che tutto a Siracusa era legato alle due confraternite che animavano la festa:

«Questa solennità è importante non soltanto per le processioni del Santissimo sacramento, che durano otto giorni, ma soprattutto per la continuità delle feste che celebrano due confraternite che sono luna sotto la protezione dello spirito Santo e l'altra sotto San Filippo. Non c'è a Siracusa abitante che non appartenga ad una delle due confraternite. Né il sesso, né la condizione sociale può dispensarlo. Persino gli stranieri, se si stabiliscono in questa città, sono obbligati a farsi adottare da una delle due: esiste solo la libertà di scelta, è colui che avesse il coraggio di restarne fuori le avrebbe subito tutte e due contro, tanto da essere costretto ad abbandonare la città. Forse potrebbe correre il rischio di perdere la vita.[24]»

Egli aggiunge che le due confraternite sono in contrapposizione e spesso si fa a gara per mostrarsi quanto più devoti. Ma è per il Corpus Domini che si preparano cortei spettacolari.

Alla vigilia della festa le vie principali erano addobbate con soggetti storici, mazzi di fiori e lanterne. Anche le finestre e i balconi venivano addobbati. Per l'occasione si tenevano dei concerti in piazza e fiere con la vendita di varie cose: argenti, stoffe e gioielli. In piazza duomo le due confraternite avevano preparato la propria scena, quella di San Filippo Apostolo aveva creato il cavallo di Troia e la città, mentre quella dello Spirito Santo invece un fortino con ponti elevatoi e batterie di cannoni. Inoltre erano stati preparati dei carri, quello della prima confraternita rappresentava la religione trionfante con un angelo e un busto di papa nonché i quattro evangelisti ai lati. La seconda confraternita aveva preparato un carro con Giosuè che ferma il sole a sua volta rappresentato come Apollo da una persona in costume, il tutto trainato da cavalli.

Saverio Landolina

«L’indomani del Corpus Domini, le feste popolari cominciavano alle due del pomeriggio. Vedi arrivare nella piazza della cattedrale un gruppo di persone che aprivano la folla di curiosi: seguiva un corpo militare che sfilava a gruppi di tre con la spada sguainata sulla spalla, è un gruppo di giovani dimostravano la propria gioia con una serie di quadretti: infatti erano seguiti da un carretto con quattro schiavi negri incatenati, sofferenti per il loro stato servile. Dopo c'era un altro carretto, coperto a metà è riempito i trofei di battaglie vinte; avanzavano poi due bandiere della confraternita; poi sette file di ussari per tre; poi tre schiavi turchi; poi di musicisti che suonavano arie con ogni tipo di strumento; poi un corpo di livree sfarzose. Si vide apparire di seguito un corpo di cavalieri con corazze ed elmi romani, tutti con la spada sguainata in mano, sfilando per quattro; seguivano gli schiavi e sei guerrieri, seguiti alla romana, coperti da elmi e in sella a cavalli bardati, tenuti per la briglia da ogni lato da uno scudiero a piedi. Il primo di questi guerrieri era preceduto da due giovani ben vestiti, ma che sfilavano appiedati; un nutrito seguito chiudeva a piedi il corteo, compiendo mille follie. Salve di artiglieria di mortaio aveva annunciato l'avvicinarsi di questo corteo; non appena arrivato al forte, che era stato costruito nella piazza, una prima scarica di cannoni fece un rumore terribile; ne seguì una seconda. Quando apparve il carro ci fu un fracasso così straordinario di cannonate, di scoppi di mortai, di fischi, di grida, di acclamazioni di popolo che l'effetto fu insopportabile per qualsiasi orecchio che non fosse abituato.[24]»

Il quarto giorno di festa, 1º giugno 1777 Houel assistette alla seconda processione della Confraternita dello Spirito Santo con in testa il cavaliere Saverio Landolina, preceduto da trombette e bandiere nonché da paggi e domestici. La descrizione prosegue dettagliatamente mostrando come la festa fosse assai sfarzosa, ma soprattutto era una festa di tutti, dal popolino sino ai nobili che sfilavano con i vestiti migliori.
Racconta inoltre che durante la festa vi fu un incidente tragico. Un fuoco d'artificio dell'Arciconfraternita di san Filippo Apostolo si spense e qualcuno della confraternita rivale suonò la campana a morto in segno di scherno. Tale insulto determinò la reazione dei fratelli e questo fece scatenare una rissa che culminò in un colpo di pistola e un uomo morto. L'omicida poi fuggì nel convento di San Francesco e preso a forza dalla folla che sfondò la porta. Fu poi imprigionato e processato in maniera ordinaria.

Maupassant e la Venere Landolina[modifica | modifica wikitesto]

Venere Landolina

Nel 1885 Guy de Maupassant effettuò un tour della Sicilia, passando anche da Siracusa dove visitò la Venere Landolina scoperta da Saverio Landolina nel 1804 ed esposta allora presso il Museo archeologico di Siracusa sito in piazza duomo. Nel suo Viaggio in Sicilia descrive la statua con commenti entusiasmanti e una fitta descrizione con un piglio decisamente letterario:

«Penetrando nel museo, la scorsi subito in fondo ad una sala, e bella proprio come l'avevo immaginata.
Non ha la testa, le manca un braccio; mai tuttavia la forma umana mi è parsa più meravigliosa e più seducente.
Non è la donna vista dal poeta, la donna idealizzata, la donna divina o maestosa, come la Venere di Milo, è la donna così com'è, così come la si ama, come la si desidera, come la si vuole stringere.
È robusta, col petto colmo, l'anca possente e la gamba un po' forte, è una Venere carnale che si immagina coricata quando la si vede in piedi. Il braccio caduto nascondeva i seni; con la mano rimasta, solleva un drappeggio col quale copre, con gesto adorabile, i fascini più misteriosi. Tutto il corpo è fatto, concepito, inclinato per questo movimento, tutte le linee vi si concentrano, tutto il pensiero vi confluisce. Questo gesto semplice e naturale, pieno di pudore e di impudicizia, che nasconde e mostra, che vela e rivela, che attrae e che fugge, sembra definire tutto l'atteggiamento della donna sulla terra.
Ed il marmo è vivo. Lo si vorrebbe palpeggiare, con la certezza che cederà sotto la mano, come la carne.[31]»

La fama dei resoconti[modifica | modifica wikitesto]

Il resoconto del barone von Riedesel Viaggio attraverso la Sicilia e la Magna Grecia fu un libro di buon successo ed ebbe diverse traduzioni in inglese e francese. Il testo divenne presto un riferimento per molti viaggiatori tanto che Goethe esalterà il libro definendolo il "breviario" dei viaggiatori tedeschi.

L'opera Viaggio in Sicilia e a Malta di Patrick Brydone verrà anch'essa tradotta in numerose lingue e diventerà un testo fondamentale per affrontare i viaggi in Sicilia.

I paesaggi del primo viaggio in Sicilia di Jean Houël verranno esposti al Salon del 1775. Dopo il secondo viaggio il pittore venderà a Caterina II di Russia una serie di opere tra cui diversi disegni di Siracusa andati però perduti. Tuttavia Voyage pittoresque des isles de Sicile, de Malte et de Lipari. Diventerà un libro famoso e tradotto in diverse lingue.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Sommariva G., Viaggiatori stranieri in Sicilia nei secoli XVIII e XIX, in "Estudios turisticos", n. 39 Madrid 1973, p. 41.
  2. ^ Italo Russo, Università degli Studi di Catania, Dal Seicento all’Ottocento. Il Grand tour. Augusta sotto la penna del viaggiatore straniero (p. 2) in academia.edu
  3. ^ Piero Cazzola, Tre secoli di presenze russe a Siracusa e in Sicilia, in E. Kanceff (a cura di), Siracusa nell'occhio del viaggiatore, Atti del Convegno, Moncalieri 1998.
  4. ^ Imprimerie nationale Baudouin, Journal des débats et des décrets, ou Récrit de ce qui s'est passé aux séances de l'assemblée nationale depuis le 17 juin 1789, jusqu'au premier septembre de la même année (FR) , Parigi vol. 107, p. 273.
  5. ^ Jacques-Olivier Boudon, Napoléon et l’hellénisme, Anabases (FR) , 2014, pp. 33-48; Matthew D. Zarzeczny, Meteors that Enlighten the Earth: Napoleon and the Cult of Great Men (EN) , 2012, p. 40.
  6. ^ Viaggio in Sicilia e a Malta, 1773 cit. in Carpinteri, 1983, p. 11.
  7. ^ Cambridge University Press, George French Angas, A Ramble in Malta and Sicily, in the Autumn of 1841 (EN) , New York 2013, p. 77 ISBN 9781108054683
  8. ^ Domenico Scinà, Effemeridi scientifiche e letterarie per la Sicilia, Effemeridi scientifiche e letterarie per la Sicilia, Palermo 1839, p. 170.
  9. ^ Alexandre Dumas : Voyages, Histoire, Théâtre, Causeries, Divers: Oeuvres complètes, T. 2/2 - N° 5 [Illustré] (FR) , 2016 ISBN 2918042099
  10. ^ Italo Russo, Università degli Studi di Catania, Dal Seicento all’Ottocento. Il Grand tour. Augusta sotto la penna del viaggiatore straniero (p. 6) in academia.edu
  11. ^ Rosario Portale, La meteora Brydone, 2004, p. 158 ISBN 888721879X
  12. ^ Come gli americani scopririono l'italia, 1971, p. 205.
  13. ^ Royal Correspondence: or, Letters, between Her late Royal Highness the Princess Charlotte and her royal mothre [sic], Queen Caroline of England, during the exile of the latter, etc (EN) , Londra 1822, pp. 83-84.
  14. ^ Annunziata Berrino, Alfredo Buccaro (a cura di), Delli Aspetti de Paesi. Vecchi e nuovi Media per l’Immagine del Paesaggio: Tomo I. Costruzione, descrizione, identità storica, Napoli, 2018, p. 151 ISBN 8899930007
  15. ^ Raffaele Politi, Sul simulacro di Venere trovato in Siracusa ... 1804 ... cenni artistici, Palermo 1826, pp. 10-11.
  16. ^ Guy de Maupassant, Viaggio in Sicilia, 1885, pp. 127-133.
  17. ^ a b c d Viaggi di Pietro della Valle il Pellegrino descritti da lui ..., vol. 2, 1843, p. 900-921.
  18. ^ Viaggio attraverso la Sicilia e la Magna Grecia
  19. ^ a b Gringeri Pantano pag 28
  20. ^ Emanuele Fidone, From the Italian Vernacular villa to Schinkel to the modern house, Biblioteca del Cenide, Cannitello 2003.
  21. ^ Augusto von Platen a Siracusa, la fine del viaggio. Lombardi editori 2007
  22. ^ a b L'Italia del Grand Tour nelle immagini e nei diari di viaggio di Karl Friedrich Schinkel Archiviato il 21 gennaio 2015 in Internet Archive.
  23. ^ Denon p.161
  24. ^ a b c d e f g h i j k l m n Jean Houël, Voyage pittoresque des isles de Sicile, de Malte et de Lipari (1782-1787)
  25. ^ Vivant Denon scrive infatti: Davanti a noi ci sono due scogli, chiamati i Due Frati (p. 182)
  26. ^ a b Denon p.185
  27. ^ Gringeri Pantano, pag. 45
  28. ^ Maupassant, p. 127
  29. ^ Vivant Denon, Voyage en Sicilie, 1787.
  30. ^ Maupassant, pp. 185-187
  31. ^ Maupassant pp. 127 e 129

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

Resoconti dei viaggiatori
Fonti antiche
Fonti moderne
  • Tommaso Fazello, De Rebus Siculis Decades Duae.
  • Cluverio, Siciliae Antiquae libri duo.
  • Jacques Philippe D'Orville, Sicula.
  • Vincenzo Mirabella, Le dichiarazioni della pianta delle Antiche Siracuse del 1613.
  • Francesco di Paola Avolio, Dissertazione sopra la necessità ed utilità di ben conservare gli antichi monumenti di Siracusa.
  • Francesca Gringeri Pantano, Jean Houel: voyage a Siracusa, Sellerio, 2003.

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

Altri progetti[modifica | modifica wikitesto]