Giovanni Antonio Lecchi

Giovanni Antonio Lecchi. Dettaglio dalla serie di medaglioni decorativi di "Italiani illustri" sulla facciata di Palazzo Brentani, in via Manzoni a Milano (1829-30).

Giovanni Antonio Lecchi, spesso citato anche nella forma Giannantonio Lecchi o anche solo Antonio Lecchi (Milano, 17 novembre 170224 luglio 1776), è stato un gesuita e matematico italiano, studioso di idrografia e autore di numerose opere sui canali navigabili.

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

Trigonometriae theorico-practicae planae et sphericae, 1756

Dopo aver compiuto i primi studi nel collegio dei Gesuiti di Brera, entrò come nella Compagnia di Gesù il 20 ottobre 1718, professando i quattro voti il 15 agosto 1736.

Insegnò nei collegi di Pavia e Vercelli e filosofia nel prestigioso collegio di Brera a Milano. A Brera, insegnò in seguito prima matematica (1738-60), poi matematica e idraulica (1760-73). La sua prima opera venne pubblicata a Milano nel 1739 e riguarda la teoria della luce (Theoria lucis, opticam, perspectivam, catoptricam, dioptricam)[1].

L'imperatrice Maria Teresa d'Austria lo chiamò a Vienna con la qualifica di matematico e idrografo imperiale. In seguito papa Clemente XIII lo invitò a tornare in Italia per incaricarlo dell'arginamento dei fiumi che attraversavano le provincie di Bologna, Ferrara, Ravenna. Lecchi si dedicò a quei lavori per sei anni, durante i quali fu spesso chiamato da Francesco III d'Este per consulenze in questioni di idraulica. Clemente XIV, ostile ai gesuiti lo sollevò dall'incarico e Lecchi tornò a Milano, dove rimase sino alla morte.

Lecchi fu tra i primi assertori dell'idraulica pratica. Tra le sue opere è degna di speciale menzione l'Idrostatica esaminata nei suoi principi e stabilita nelle sue regole della misura dell'acque correnti (Milano 1765); in essa sottopone a critica le teorie di Castelli, Varignon, Newton, Maclaurin, Gravesande, Eulero, Bernoulli e d'Alembert, rimproverandoli di avere voluto trattare le questioni d'idraulica basandosi su principi astratti e arbitrari; giunto alla conclusione che la sola esperienza deve servire da guida in ricerche tanto complicate, accetta due soli principi: che la velocità di un getto è proporzionale alla radice quadrata dell'altezza del liquido e la relazione trovata da Bernoulli tra le velocità, le pressioni e le altezze di due punti di uno stesso filetto fluido. Si dedica quindi a un profondo studio sugli effetti prodotti dalle imboccature applicate alle luci, e ricerca le leggi del moto dell'acqua nei canali regolari e nei corsi naturali.

Opere[modifica | modifica wikitesto]

Tavola da Memorie idrostatico-storiche delle operazioni eseguite nell'inalveazione del Reno di Bologna, 1773
Trattato de' canali navigabili, 1776

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Mario Di Fidio, Claudio Gandolfi, Idraulici italiani (PDF), su beic.it, Fondazione BEIC, 2014, p. 197 (archiviato dall'url originale il 4 agosto 2021).

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