Gino Lucetti

Gino Lucetti

Gino Lucetti (Carrara, 31 agosto 1900Ischia, 17 settembre 1943) è stato un anarchico e antifascista italiano, celebre per aver compiuto un attentato nei confronti di Benito Mussolini.

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

Nato da famiglia contadina benestante, da ragazzo lavorava nelle terre di Avenza, di proprietà della madre Adele Crudeli, e militava nell'organizzazione giovanile del Partito Repubblicano, in aperto contrasto con il padre Filippo, fervente anarchico carrarese.

Nel 1918, durante la prima guerra mondiale, fu chiamato alle armi, e prestò servizio militare nei Reparti d'assalto, senza però partecipare ad alcun fatto d'arme, vista la quasi immediata fine delle ostilità. Dopo la guerra, come accadde ad una parte degli Arditi d'Italia, che poi furono il nucleo fondatore degli Arditi del Popolo, maturò una coscienza politica che lo portò ad opporsi al fascismo, aggregandosi agli anarchici individualisti.

Protagonista di vari scontri e risse di natura politica durante il Biennio rosso, continuò la sua opposizione ai fascisti locali anche negli anni successivi e, il 26 settembre 1925, al culmine di un diverbio estrasse la pistola e ferì il militante fascista e concittadino Alessandro Perfetti. Il compagno di quest'ultimo, Antonio Vatteroni, sparò a sua volta, ferendo Lucetti al collo e all'orecchio, mentre fuggiva. Nonostante la ferita, riuscì a dileguarsi e imbarcarsi clandestinamente su un mercantile, riparando a Marsiglia. Rimpatriò sotto il falso nome di Ermete Giovannini, con il proposito di attentare alla vita di Mussolini, seguendo un piano che affermò di aver elaborato da solo.[1]

L'attentato[modifica | modifica wikitesto]

L'11 settembre 1926, giorno fissato per la celebrazione del processo per il fatto precedente, Lucetti si appostò sul piazzale di Porta Pia a Roma e lanciò una bomba contro la Lancia Lambda Coupé de ville che trasportava Mussolini nel consueto tragitto da casa a Palazzo Chigi. La bomba rimbalzò sul bordo superiore del finestrino posteriore destro dell'automobile e, qualche secondo dopo, esplose a terra ferendo otto passanti e lasciando illeso l'obiettivo.[2] Lucetti fu immediatamente immobilizzato da un passante, tale Ettore Perondi, e poi raggiunto dalla polizia.

Dalla perquisizione subito effettuata Lucetti fu trovato armato anche di una pistola di piccolo calibro.[3]

La vettura su cui viaggiava Mussolini il giorno dell'attentato. La freccia indica il punto preciso in cui la bomba rimbalzò per poi ricadere al suolo

Nel corso delle indagini la polizia cercò invano le prove di un complotto, arrestò la madre, il fratello e la sorella di Lucetti, vecchi amici carraresi e anche chi aveva alloggiato con lui in albergo. Lucetti dopo l'arresto in commissariato dichiarò:

«Non sono venuto con un mazzo di fiori per Mussolini. Ma ero intenzionato di servirmi anche della rivoltella qualora non avessi ottenuto il mio scopo con la bomba.[4]»

Mussolini uscì completamente illeso dall'attentato e dichiarò inoltre che se la bomba fosse riuscita a penetrare all'interno della vettura l'avrebbe potuta tranquillamente raccogliere per scagliarla a sua volta contro l'attentatore.[5]

Venuto a conoscenza che Lucetti era giunto appositamente dalla Francia, Mussolini, appena giunto a Palazzo Chigi, rivolse alla folla accorsa un infiammato discorso in cui accusò il governo della Francia di tollerare sul proprio suolo numerosi antifascisti.

«Ma da questa ringhiera io voglio pronunziare alcune gravi parole che debbono essere esattamente interpretate da chi di ragione: bisogna finirla. Bisogna finirla con certe tolleranze colpevoli e inaudite di oltre frontiera... se veramente si tiene all'amicizia del popolo italiano, amicizia che episodi di questo genere potrebbero fatalmente compromettere.[6]»

Il Governo Italiano, tramite l'ambasciatore Camillo Romano Avezzana, richiese alla Francia l'estradizione dei fuoriusciti italiani. Il Governo francese negò tale possibilità invocando il rispetto delle leggi dell'ospitalità; ciò nonostante dichiarò che non avrebbe tollerato altri abusi da parte dei cittadini italiani là rifugiati.[7]

Il giorno seguente l'attentato, furono "dimissionati" il questore di Roma Vincenzo Pericoli e il capo della Polizia Francesco Crispo Moncada, quest'ultimo sostituito da Arturo Bocchini.

Processo[modifica | modifica wikitesto]

Lucetti fu processato nel giugno 1927 davanti al Tribunale speciale e condannato a 30 anni di carcere.[8] Con lui furono condannati come complici, a pene di circa vent'anni, anche Leandro Sorio e Stefano Vatteroni.[9]

«Sentenza n. 20 dell'11-6-1927 Pres. Sanna - Rel. Buccafurri L'11 settembre 1926 l'anarchico Gino Lucetti attenta alla vita di Mussolini a Porta Pia in Roma. Due altri anarchici, a carico dei quali si può provare soltanto che sono amici del Lucetti, vengono ugualmente condannati a gravi pene. (Attentato a Mussolini, ferimento, tentativo di provocare pubblico tumulto) Lucetti Gino, Avenza (Ms), nato 31-8-1900, marmista, 30 anni; Vatteroni Stefano, Avenza (Ms), nato 21-2-1897, stagnino, 18 anni 9 mesi; Sorio Leandro, Brescia, nato 30-3-1899, cameriere, 20 anni[10]»

Sull'organizzazione dell'attentato non è mai stata fatta piena luce. Una parte della storiografia ha avanzato l'ipotesi che il gesto di Lucetti fosse stato accuratamente preparato e l'organizzazione avesse coinvolto numerose persone di varie città italiane. Comunque sia, Vincenzo Baldazzi, uno dei massimi esponenti degli Arditi del Popolo e poi della Resistenza romana, fu poi condannato per aver fornito la pistola a Lucetti; in seguito lo stesso Vincenzo Baldazzi fu nuovamente condannato per un aiuto finanziario fornito alla moglie di Lucetti.[11][12]

La morte di Lucetti[modifica | modifica wikitesto]

Tomba di Gino Lucetti, Cimitero di Turigliano, Carrara, commemorazione.

Nel 1943 Lucetti fu liberato dagli Alleati da poco giunti a Napoli. Lucetti prese quindi alloggio sull'isola di Ischia, ma il 17 settembre 1943, durante un bombardamento effettuato da bombardieri tedeschi, cercò rifugio su un motoveliero. Il natante fu però colpito e affondato, trascinando Lucetti con sé.[13]

Riconoscimenti[modifica | modifica wikitesto]

A Gino Lucetti fu intitolata una brigata partigiana anarchica, il Battaglione Lucetti, che combatté nel Carrarese.

«Dai monti di Sarzana,
un dì discenderemo,
allerta partigiani del Battaglion Lucetti.
Il Battaglion Lucetti,
son libertari e nulla più...
fedeli a Pietro Gori noi scenderemo giù.[14]»

Ne parlano Maurizio Maggiani, nel Coraggio del Pettirosso,[15] e Enrico Piscitelli, nel romanzo Nessun paradiso.[16]

A Gino Lucetti Carrara ha intitolato una piazza nella frazione di Avenza.[17]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Marco Cesarini Sforza, Gli attentati a Mussolini, Per pochi centimetri fu sempre salvo, in La storia illustrata n°8 Anno 1965, pag. 242: "Emigrò a Marsiglia e qui, da solo, senza farne parola a nessuno, elaborò il suo progetto."
  2. ^ Marco Cesarini Sforza, Gli attentati a Mussolini. Per pochi centimetri fu sempre salvo, in La storia illustrata n°8 Anno 1965, pag. 243: "Lucetti, fermo dove la strada si restringe sulla destra di Porta Pia, lancia contro la prima vettura una bomba a mano tipo SIPE. Ma la bomba colpisce il tetto della macchina senza esplodere, rimbalza a terra e solo allora deflagra, facendo otto feriti leggeri tra i passanti."
  3. ^ Marco Cesarini Sforza, Gli attentati a Mussolini, Per pochi centimetri fu sempre salvo, in La storia illustrata n°8 Anno 1965, pag. 243: "Lucetti fu trascinato di peso nel portone attiguo agli uffici della Banca Commerciale, che allora si trovava all'inizio di via XX Settembre, perquisito e portato alla sede della Questura romana, che allora occupava i locali dell'attuale commissariato Trevi, a piazza del Collegio Romano."
  4. ^ L'anarchico Gino Lucetti voleva uccidere Mussolini da Corriere della Sera articolo di Paolo Fallai
  5. ^ Marco Cesarini Sforza, Gli attentati a Mussolini, Per pochi centimetri fu sempre salvo, in La storia illustrata n°8 Anno 1965, pag. 243: "Mussolini dal canto suo dichiarava invece che "se la SIPE gli fosse caduta tra i piedi attraverso il finestrino, molto tranquillamente l'avrebbe raccolta e gettata contro l'attentatore"."
  6. ^ Attilio Tamaro, Venti anni di storia, Editrice Tiber Vol II, Roma, 1953, pp. 193
  7. ^ Alessandro Coletti, L'attentato che consolidò il Regime, in La storia illustrata, n. 227, anno 1976, pag. 45: "Specificavano però a Parigi per non negare del tutto soddisfazione alle proteste di Roma, la Francia non avrebbe tollerato che si abusasse di quella ospitalità..."."
  8. ^ Sentenza n. 20 dell'11.6.1927 contro Gino Lucetti e altri ("Attentato a Mussolini, ferimento, tentativo di provocare pubblico tumulto"). In: Adriano Dal Pont, Alfonso Leonetti et al., Aula IV. Tutti i processi del tribunale speciale fascista, Milano 1976 (ANPPIA/La Pietra), p. 37
  9. ^ Il Congresso di Carrara della Fai (Carrara: 15,16, 17, 18 e 19 settembre 1945) in cui Stefano Vatteroni è delegato per la Federazione Comunista Libertaria di Massa-Carrara con Ugo Mazzucchelli, Mario Perossini, Romualdo Del Papa
  10. ^ da fondazione Altiero Spinelli[collegamento interrotto]
  11. ^ Commissione di Roma, ordinanza del 1.12.1926 contro Vincenzo Baldazzi ("Raccolta di denaro per la famiglia di Gino Lucetti"). In: Adriano Dal Pont, Simonetta Carolini, L'Italia al confino 1926-1943. Le ordinanze di assegnazione al confino emesse dalle Commissioni provinciali dal novembre 1926 al luglio 1943, Milano 1983 (ANPPIA/La Pietra), vol. IV, p. 1313
  12. ^ Tribunale speciale, sentenza n. 202 del 7.10.1927 contro Vincenzo Baldazzi ("Il Baldazzi a Fregene (Roma) raccoglie una notevole somma di denaro che tenta di far pervenire alla famiglia di Lucetti"). In: Adriano Dal Pont, Simonetta Carolini, L'Italia dissidente e antifascista. Le ordinanze, le Sentenze istruttorie e le Sentenze in Camera di consiglio emesse dal Tribunale speciale fascista contro gli imputati di antifascismo dall'anno 1927 al 1943, Milano 1980 (ANPPIA/La Pietra), vol. I, p. 125
  13. ^ Marco Cesarini Sforza, Gli attentati a Mussolini. Per pochi centimetri fu sempre salvo, in La storia illustrata n°8 Anno 1965, pag. 243: "Nel 1943, quando gli alleati giunsero a Napoli, era ancora detenuto nel penitenziario di Ponza. Fu liberato e andò a prendere alloggio a Capri. Pochi giorni dopo, quel porticciolo venne bombardato dai tedeschi. Lucetti andò a rifugiarsi a bordo di un motoveliero che, colpito, affondò in pochi minuti trascinandolo sott'acqua."
  14. ^ alcuni versi della canzone del battaglione Gino Lucetti
  15. ^ buona anteprima libro
  16. ^ scheda del libro, su roundrobineditrice.it. URL consultato il 14 aprile 2019 (archiviato dall'url originale il 25 settembre 2017).
  17. ^ Piazza Gino Lucetti

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Lorenzo Del Boca, Elisabetta Masso, Il dito dell'anarchico, Edizioni Piemme, Milano 2000.
  • Riccardo Lucetti, Gino Lucetti, l'attentato contro il Duce, 11 settembre 1926, Edizioni della Cooperativa Tipolitografica di Carrara, Carrara 2000.
  • Marina Marini, Gino Lucetti. Lettere dal carcere dell'attentatore di Mussolini (1930-1943), Galzerano Editore, Salerno 2010.
  • Enrico Piscitelli, Nessun paradiso, Round Robin Editrice, Roma 2011.

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

Altri progetti[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

Lucetti, una bomba contro l'odiato Mussolini di Corrado Stajano da Corriere della Sera

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