Esercito siracusano

Esercito siracusano
Archimede dirige la difesa di Siracusa durante l'assedio romano del 212 a.C.
Descrizione generale
AttivaVII sec. a.C. - II sec. a.C.
NazioneSyrakousai, Arcontato di Sicilia, Regno di Sicilia
Tipocavalleria, fanteria, forza navale
Comandanti
Degni di notaGelone I: 485-478 a.C.
Gerone I: 478-466 a.C.
Ermocrate: 415-410 a.C.
Gilippo: 414-413 a.C.
Dionisio I: 406–367 a.C.
Leptine 397-383 a.C.
Dionisio II: 367-357 a.C. / 347-344 a.C
Dione: 357-354 a.C.
Timoleonte: 344-335 a.C.
Agatocle: 316- 289 a.C.
Pirro: 278-275 a.C.
Gerone II: 270-215 a.C
Geronimo: 216-215 a.C.
Ippocrate ed Epicide: 214-212 a.C.
Vedi bibliografia
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L'esercito siracusano fu una forza militare appartenente alla polis siceliota di Siracusa. Il suo esordio lo si ebbe sotto la tirannia di Gelone I, il quale dopo aver conquistato la polis aretusea, le diede anche un notevole assetto militare. Da quel momento l'esercito crebbe e si sviluppò fino a divenire solida base di difesa ai tanti assalti nemici che la polis subiva. Non solo, venne spesso usato in ottica espansionistica verso le aree geografiche da conquistare.

Inquadrato maggiormente come organizzazione bellica interna[Frase poco chiara], i suoi più acerrimi nemici furono i soldati cartaginesi, contro i quali vennero intraprese svariate battaglie. Non mancarono le alleanze, principalmente stipulate con i greci dell'Egeo, volte alla salvaguardia dei comuni interessi territoriali. Il maggior successo dell'esercito siracusano fu senza dubbio la sconfitta inflitta all'esercito ateniese giunto in Sicilia durante gli eventi bellici della guerra peloponnesiaca, narrata nelle Storie di Tucidide.

Contesto storico[modifica | modifica wikitesto]

La città dei tiranni e l'esercito[modifica | modifica wikitesto]

«Vero si è, che coloro, i quali corruppero le Greche Repubbliche, sempre non divennero tiranni. La ragione si è, perché erano più addetti all'eloquenza, che all'arte militare; oltre di che regnava in tutt'i cuori de' Greci un odio implacabile contra coloro, che rovesciavano il governo Repubblicano: il che fece degenerar l'Anarchia in annientamento, invece di cangiarsi in Tirannia. Ma Siracusa, che si trovò piantata in mezzo d'un numero grande di piccole Oligarchie cangiate in tirannie: Siracusa, che aveva un Senato, di cui quasi mai non fanno parola le Istorie, provò de' mali, che non produce l'ordinaria corruttela. Quella Città, sempre in balìa della licenza, o nell'oppressione, di pari travagliata dalla sua libertà, e dalla sua servitù, ricevendo sempre l'una, e l'altra come tempesta; e ad onta di sua potenza al di fuori, sempre determinata ad una rivoluzione dalla più piccola forza straniera, avea nel suo seno un immenso popolo, che mai non ebbe l'alternativa crudele di darsi un tiranno, o d'esserlo esso stesso.»

L'elmo di Ierone risalente al V sec. a.C., reca la seguente incisione: «Ierone, il Dinomenide, e i Siracusani [dedicano] a Zeus [dalla preda] dei Tirreni, da Cuma»

Montesquieu espone in sintesi il contesto storico siracusano che portò la polis siciliana a distaccarsi dall'andamento delle altre poleis della Madre patria in Grecia. Egli infatti sottolinea come tra gli abitanti dell'Egeo i capi politici più che essere abili militarmente, prediligevano piuttosto l'eloquenza; l'arte del saper parlare. A Siracusa invece la situazione politica era molto più agitata e, come dice Montesquieu, l'organo politico, ovvero il Senato, non veniva quasi mai messo in grande considerazione e si finiva col dare ad un solo uomo il potere decisionale; affidandogli le sorti della polis e di gran parte della Sicilia. La dote principale di questo uomo doveva essere l'arte militare; grandi tiranni come Dionisio I e Agatocle salirono al potere con la rivoluzione dell'esercito.

Ma queste rivoluzioni, come fa ben presente Montesquieu[2], causarono alla polis diverse guerre civili che probabilmente si sarebbero potute risparmiare se la città non si fosse ritrovata in un duraturo periodo di agitazione sociale. La parte militare ebbe dunque notevole importanza nei destini della polis aretusea. Inoltre, data la posizione centrale dell'isola, l'esercito siracusano venne spesso chiamato in causa per contenere l'espansione di una grande potenza mercantile, Cartagine, la quale trovandosi prossima alla costa nordafricana vedeva nella Sicilia il suo sbocco commerciale e militare più importante. Ed essendo divenuta anche Siracusa una ragguardevole forza mercantile verso gli altri territori, non tardarono ad arrivare le prime preoccupazioni da parte di Atene, che temendo un'eccessiva crescita della colonia siceliota, tentò di conquistarla e sottometterla durante la guerra del Peloponneso[3]. Anche in quell'occasione l'esercito fu fondamentale per potersi difendere e respingere il poderoso attacco avversario.

I rapporti e le alleanze[modifica | modifica wikitesto]

«Dominava un luogo incomparabilmente splendido, sicuro e vantaggioso. Era il magazzino naturale per il commercio tra le zone orientali e occidentali del Mediterraneo e anche la tappa più consueta nel viaggio tra l'Italia e l'Africa.»

Moneta siracusana risalente all'ultimo periodo di indipendenza della polis: da un lato vi è la testa con elmo di Atena, la dea della guerra; dall'altro vi è la scritta "ΣΥΡΑΚΟΣΙΩΝ" (Syrakosion) con l'immagine del fulmine alato.

In Italia, terra più prossima ad essa geograficamente, la Calabria fu terreno di scontro, poiché le mire dell'esercito siracusano erano volte alla conquista di quella regione continentale. Aveva solidi legami con Taranto, polis molto influente nella lega italiota. Nella Campania, terra d'origine dei mercenari mamertini, i sicelioti siracusani fondarono diverse postazioni militari e commerciali. Non è chiaro a quando risalgono i primi rapporti con Roma; secondo i racconti di Livio dietro gli attacchi di un gruppo di navi gallico-siracusane che verso il 345 a.C. tentarono di assaltare la costa laziale vi era un disegno militare dei tiranni sicelioti, ma questo passaggio è stato dagli storici molto discusso[5]. In linea più generale fino all'inizio delle guerre romano-puniche non ci furono comunque rapporti apertamente o ufficialmente ostili, ma piuttosto vi fu un reciproco rispetto territoriale. Con l'Etruria invece le ostilità si palesarono fin da subito in diverse occasioni, poiché gli Etruschi ambivano ai territori della Magna Grecia e non gradivano l'insistenza siceliota, che cercava espansione verso il mar Tirreno, edificando delle postazioni militari fin sull'isola d'Elba, molto vicino al cuore geografico dell'Etruria. Non sono chiari, per questioni storiografiche, le vicissitudini che portarono alla fondazione di Ancona e ai rapporti nelle terre venete.

A sud, dove vi era Cartagine, non vi potevano durare rapporti pacifici di lunga data, poiché la capitale fenicia aveva grandi interessi politici, sociali, militari verso la Sicilia, dunque non si creò mai un'alleanza tra i due popoli costieri, eccetto nei momenti di estrema necessità comune: la difesa dalle mire conquistatrici di Roma fece unire Siracusa e Cartagine in un'ultima disperata impresa di difesa per l'isola mediterranea.

Piuttosto complicati furono i rapporti e la situazione militare che i siracusano-sicelioti ebbero nelle terre isolane e costiere della Dalmazia e dell'Illiria, dove vennero stipulate e poi sciolte alleanze con i popoli autoctoni del luogo[6].

Le alleanze più ufficiali furono fatte con i greci dell'Egeo. Sparta e Atene furono due poleis difficili da gestire per la politica siracusana; inizialmente Sparta creò una solida alleanza militare con i sicelioti, ma quando questi manifestarono mire espansionistiche verso l'oriente del Mediterraneo, allora i rapporti divennero più freddi fino quasi ad essere contrastanti[6]. Atene invece, dopo la sconfitta, cambiò status politico nei confronti di Siracusa e cercò con essa una valida alleanza per difendersi dai comuni nemici dei greci come i persiani e per difendere l'ellenismo in occidente[7]. Con Corinto, che fu la polis dalla quale partirono i primi coloni che poi fondarono Siracusa, i rapporti furono sempre ottimi; non vi fu mai un rifiuto da parte corinzia quando si trattava di aiutare militarmente o politicamente i siracusani e viceversa dalla Sicilia alla Grecia giunse supporto militare quando Corinto ne aveva bisogno.

Organizzazione militare[modifica | modifica wikitesto]

Fanteria[modifica | modifica wikitesto]

Corazza in bronzo, rinvenuta nella necropoli di Siracusa (370-340 a.C.)

Cavalleria[modifica | modifica wikitesto]

«Molte riforme del tempo (militari), soprattutto quelle concernenti la cavalleria, furono introdotte ancora una volta dai Greci di Sicilia, ormai in gran parte sotto il dominio di Dionigi I di Siracusa, uno dei grandi pionieri della guerra d'assedio [...]»

La cavalleria era il punto forte dell'esercito siracusano. Fin dalla battaglia di Imera (480 a.C.), quando i cavalieri siracusani riuscirono a penetrare nel campo nemico e a uccidere il comandante dei Cartaginesi, Amilcare[9].

Gli Ateniesi, durante la spedizione in Sicilia (415 a.C.), consci di essere sbarcati in un territorio estraneo, ma soprattutto di essere in pericolo se non si fossero mossi, si attestarono in un luogo «sufficientemente inaccessibile agli assalti della cavalleria[10]» di cui temevano gli attacchi.

L'esercito in tempo di guerra era alle dipendenze dello stratēgos autokratōr, comandante dai pieni poteri che quasi sempre diveniva in seguito il tiranno della polis.

La polis e le battaglie marittime[modifica | modifica wikitesto]

Le navi degli alleati durante l'assedio di Atene al porto siracusano, in un'incisione inglese del XIX secolo.

Trovandosi la città posta sulle rive del mare, ebbe fin dalla sua fondazione un rapporto importante con la vie di comunicazione marittime. Il primo a dotarla di una poderosa forza navale dedita alla battaglia fu il tiranno Gelone I, il quale ne fece poi un vanto davanti alle ambasciate egee e una solida difesa contro gli attacchi di Cartagine.

Il ruolo giocato da Siracusa nel passato della storia marittima fu notevole, poiché essa secondo le fonti storiche deteneva il maggior numero di navi da guerra che fino ad allora si fosse visto nel mar Mediterraneo centrale, tali da competere e sfidare la capitale fenicia.

Gerone I, fratello di Gelone I, conservò e curò la flotta bellica adoperandola nell'importante scontro marittimo avvenuto nelle acque italiche della Campania tra cumani, siracusani ed etruschi:

«Credettero allora gli Etruschi potersi impadronire di sì ricca città, e perciò nell'anno terzo della olimpiade 76, sendo Arconte in Atene Acestoride ed in Roma consoli Cesone Fabio e T. Vergiano, con numerosa flotta assalirono la città di Cuma per la parte di mare ed i cumani spedirono tosto ambasciadori a Gerone re di Siracusa per soccorsi. Difatti una forte armata di triremi siracusane giunsero a Cuma e rotti gli Etruschi, molte delle loro navi affondarono e di ogni pericolo liberarono que' di Cuma.[11]»

Dopo la dinastia dei Dinomenidi la polis ebbe un periodo politico di democrazia, ma si ritrovò ugualmente coinvolta nelle guerre. La più importante fu certamente quella del Peloponneso che la coinvolse sia per terra che per mare.

Stima numeri dell'esercito[modifica | modifica wikitesto]

I numeri sulle reali dimensioni dell'esercito siracusano non sono di semplice soluzione, poiché come molti studiosi hanno confermato, le informazioni sugli eserciti bellici occidentali di epoca greca sono troppo scarne per darne una descrizione analitica e completa; problema che invece non si è riscontrato con gli eserciti della Grecia continentale per i quali si hanno dati più precisi[12].

Ciò nonostante, grazie alle citazioni di numeri nei testi degli storici antichi, è possibile ritrovare dei dati approssimativi sui reparti siracusani che possono rendere più concreta la stima totale delle forze armate appartenenti alla polis siceliota.

Il maggiore storico al riguardo è Diodoro Siculo che nei suoi libri ha fornito svariati dati sulle epoche e periodi bellici di Syrakousai. Tuttavia gli studiosi moderni tendono a ritenere le cifre di Diodoro eccessivamente alte e suggeriscono di rivalutarle al ribasso; soluzione dedotta dal confronto con altri testi storici dell'antichità.

Ma pur con la teoria delle moderne fonti, restano comunque numeri elevati che se confermati sarebbero la testimonianza di come la capitale siceliota potesse disporre di numerose forze militari al suo comando. Un dato indicativo di ciò lo si ha all'inizio delle epoche siracusane, sotto il tiranno Gelone, quando ambasciatori della Grecia continentale vennero a chiedergli di unirsi agli ateniesi, agli spartani e ai loro confederati contro il re di Persia che voleva invadere l'Egeo. La risposta di Gelone fu quella di proporre loro un accordo militare; essi gli avrebbero affidato il comando di condottiero o delle operazioni navali o di quelle terrestri ed egli in cambio avrebbe offerto loro ingenti scorte di grano per sfamare gli eserciti durante la guerra e truppe belliche per la battaglia. L'offerta fu infine rifiutata dagli ateniesi e spartani che preferirono non avere alcun aiuto ufficiale dalla Sicilia piuttosto che cedere un posto di comando così importante al tiranno siceliota[13].

Numero reparti esercito offerti da Gelone ai Greci per l'alleanza contro la Persia
Fonte Fanteria Cavalleria Navi da guerra
Erodoto[14] + Fonti moderne[15][16] 20.000 opliti + 2.000 arcieri + 2.000 frombolieri 2.000 cavalieri 200 triremi

Gelone offrì numerose armate per la guerra estera, poiché le cifre del suo esercito in quel periodo risultavano notevoli, se si pensa ad esempio alla storica battaglia interna tra cartaginesi e sicelioti ad Imera, avvenuta lo stesso giorno in cui nella Grecia continentale si combatteva la Battaglia di Salamina[17][18]:

Numero reparti esercito durante la battaglia di Imera (480 a.C.)
Fonte Fanteria Cavalleria Navi da guerra
Diodoro Siculo[19] + Fonti moderne[20] 50.000 fanti 5.000 cavalieri ?

Dati indicativi dell'esercito nelle successive battaglie vengono forniti dagli avvenimenti posti nell'epoca tardo-ellenistica della Sicilia; al tempo di Pirro e Gerone II, nonché sull'ultima guerra siracusana contro l'assedio posto da Roma.

Unità armate dell'esercito siracusano durante le guerre puniche[21]
Falange + Difalangarchia Peltasta + Epixenagie Psiliti Ipparchia
2 falangi semplici + 1 difalangarchia[22] 8.000 peltasti + 4 epixenagie[23] 1024 psiliti[24] 4 ipparchie di cavalieri[25]

L'esercito siracusano ebbe alti e bassi nelle successive epoche. Sicuramente, come confermano molti testi storici, l'epoca più importante e rilevante per l'esercito fu quella di Dionigi I, dove si toccarono i numeri più elevati che mai più si ripeteranno; dall'inizio alla fine della storia militare di Syrakousai.

Stima numero reparti esercito durante Epoca dionigiana - IV sec. a.C.
Fonti Fanteria Cavalleria Navi da guerra
Diodoro Siculo[26] + Plutarco (Vite parallele, volume 12)[27] + Fonti moderne[28] 100.000 fanti[29] 10.000 cavalieri 400 triremi
Altra versione di Diodoro Siculo[30] + Fonti moderne[31][32][33] 80.000 fanti 3.000 cavalieri 200 navi da guerra

I mercenari[modifica | modifica wikitesto]

L'arruolamento di mercenari nell'esercito[modifica | modifica wikitesto]

Un gruppo di cavalieri gallici di epoca greco-romana raffigurati dal pittore francese Évariste-Vital Luminais.

I mercenari ebbero grande rilevanza tra le file dell'esercito siracusano. Molti studi al riguardo sono stati effettuati sulle relazioni e sul significato sociale che questi soldati ebbero all'interno della vita militare aretusea.

L'esercito siracusano arruolava mercenari provenienti da molte località diverse e fu per questo considerato come il più variegato del mondo greco antico.[33][34]. Vi si trovavano mercenari originari dell'Africa, dell'Italia e della stessa Sicilia, della Grecia, dell'Iberia, della Gallia. Il bacino geografico maggiore dal quale venivano arruolati questi guerrieri era il Peloponneso[34][35], ma non solo tra i greci, Dionisio fu il primo ad allestire un massiccio arruolamento di mercenari nordici, guerrieri celti, introdotti all'interno della penisola italica[36][37] I tiranni siracusani volsero lo sguardo anche sui mercenari italici, come i mamertini, di origine campana, e in seguito arrivarono gli iberi, che in precedenza avevano lottato tra le file dell'esercito cartaginese. Scrive a tal proposito la storica Marta Sordi:

«facevano il loro ingresso tra le file dell'esercito del tiranno di Siracusa anche i primi mercenari iberi, che fino a quel momento avevano combattuto sul fronte opposto, al servizio dei Cartaginesi (Diod. 14, 75, 8-9). Da allora in poi la presenza di contingenti mercenari provenienti dalla penisola iberica avrebbe rappresentato una costante all'interno dell'esercito siracusano [...][38]»

La cultura del mercenariato si sviluppò in Sicilia molto tempo prima che arrivasse nella Grecia continentale. Già dal tempo di Ippocrate di Gela, i sicelioti erano soliti arruolare i mercenari. Capi dell'esercito e tiranni come Gelone, e dopo di lui suo fratello Gerone I, avevano già fatto largo uso del mercenariato[39], tuttavia Dionisio I fu il primo capo di Stato, o che dir si voglia tiranno, che in occidente investì tanto sui mercenari, mettendo in piedi un grande meccanismo militare volto allo sviluppo, qualitativo e numerico, del suo esercito.

Prima dell'utilizzo dei mercenari i reparti bellici dell'esercito siracusano erano composti solo da truppe cittadine. La polis di Syrakousai, come quasi tutte le altre poleis dell'epoca, aveva imposto ai propri giovani di sesso maschile l'arruolamento forzato nell'esercito in caso di necessità bellica. Essi, non essendo soldati di professione, non avevano un addestramento militare alle spalle e venivano impiegati per formare la falange oplitica. Dovevano sopportare lunghi periodi lontano da casa e lunghe marce durante la guerra. Il fattore poi che queste guerre fossero di conquista e non di difesa, influiva ulteriormente in maniera negativa sulle motivazioni degli opliti siracusani. Il tiranno Dionisio I, ambizioso nei suoi progetti, si accorse di tale difficoltà e decise di aprire le porte del suo esercito a soldati stranieri che si dedicavano ai combattimenti per professione; i mercenari[33].

La paga dei mercenari[modifica | modifica wikitesto]

Dionisio, conosciuto come uomo scaltro e ingegnoso, utilizzò tutti i mezzi a sua disposizione per tenere ben salda la sicurezza che gli derivava da un numeroso e ben attrezzato esercito militare. Per mantenere gli elevati livelli che egli richiedeva vennero domandati al popolo dei sacrifici economici, mediante i quali si raccoglievano le necessarie finanze volte al pagamento del sitos (stipendio o paga) dovuto ai suoi mercenari, oltre quello dovuto alla già consistente milizia cittadina. Di queste riforme economiche attuate dal tiranno ne fa menzione Aristotele nel suo pseudo Οἰκονομικῶν (trattato di economia):

«Non avendo monete d’argento, ne coniò di stagno, e, raccolta l’assemblea, esaltò a lungo la moneta coniata ed essi votarono, sia pur contro voglia, che avrebbero riguardato come argento e non stagno ciò che ciascuno avesse preso.»

In Sicilia era in uso la litra, una moneta che aveva il valore di 1/5 della dracma, ma sotto l'epoca dionisiana, proprio per sopperire alla mancanza di fondi gravemente sfruttati per le esigenze belliche, Dionisio I fece raddoppiare il valore monetale della litra (che a sua volta era già stata sopravvalutata dopo l'epoca geloa). A causa della lunga guerra contro Cartagine, la polis sfruttò tutto il suo oro per allestire e condurre le truppe dell'esercito, provocando così un indebolimento monetario che perdurerà per molti decenni, anche dopo la fine del governo dionisiano. Terminati i metalli più preziosi, ovvero l'oro e l'argento, il tiranno riempì le casse dello Stato con grandi quantità di emissioni monetarie in bronzo; le nuove emissioni tuttavia non potevano essere soprastimate eccessivamente, altrimenti il risultato sull'innalzamento dei prezzi e sul sociale sarebbe stato davvero imprevedibile. La nuova valuta bronzea venne denominata hemilitron e corrispondeva al numero di 6 once[41], essa era destinata principalmente al saldo delle numerose truppe:

Pagamento giornaliero delle truppe[33]
Hemilitron siracusano
  • 1 hemilitron (ἡμίλιτρον) da 6 once equivalente a 3 hexantes (o dionkion) di 2 once (ogni oncia aveva il peso equivalente a 18 g.)
  • 1 hemilitron equivalente a 2 once (36 g. di metallo)
  • 1 hexas equivalente a 2/3 di oncia (12 g. di metallo)

Le paghe che il tiranno aretuseo forniva ai suoi mercenari dovevano essere necessariamente più elevate rispetto a quelle che potevano offrire loro gli eserciti rivali. Dionisio infatti si trovò durante tutto il suo governo a dover fronteggiare e competere con un altro esercito noto in tutto il mondo antico per la sua sviluppata politica nei confronti del mercenariato; l'esercito di Cartagine, con il quale si contendeva i numerosi gruppi di mercenari da arruolare durante le campagne belliche.

I mercenari, essendo guerrieri professionisti, avevano una paga più alta rispetto alla milizia cittadina. Si calcola che un gruppo di 1.000 cavalieri campani, i mamertini, costassero alla polis 75 talenti l'anno. Ma i costi più elevati erano destinati alla flotta navale; una sola nave con 200 rematori veniva a costare mezzo talento (pari a 30 mine) al giorno. Lo storico e comandante Filisto definì la forza navale di Syrakousai come adephàgos la cui traduzione significa divoratrice di risorse[34]. Si può dunque ben ipotizzare quanto dispendioso fosse mantenerla dato che delle 400 triremi, confermate secondo gli storici Lisia e Diodoro, solo la metà potevano essere riempite da marinai siracusani mentre l'altra metà imbarcava mercenari.

Esempi di retribuzione per le truppe[33]:

Pagamento dei soldati Fante Oplita Cavaliere
Fonti storiche[42] 1 dracma giornaliera
Dracma siracusana
Dracma siracusana
4 oboli giornalieri
Esempio di obolo monetale
Esempio di obolo monetale
450 dracme annue
Dracma siracusana
Dracma siracusana
Pagamento di 1.000 Opliti giornalieri mensili annui
Fonti storiche 10 mine
Esempio di mina ateniese
Esempio di mina ateniese
5 talenti[43]
Esempio di mina ateniese
Esempio di mina ateniese
60 talenti
Esempio di mina ateniese
Esempio di mina ateniese

Il pagamento dei mercenari poteva avvenire in diverse modalità; il tiranno per ricompensare il suo esercito degli sforzi bellici resi alla patria poteva concedere loro il misthos, ovvero una retribuzione pubblica che non prevedeva saldo monetale ma concessione fisica di terre, di oro e di saccheggio delle varie aree geografiche conquistate. Il tiranno poteva inoltre decidere di licenziare i mercenari in eccesso evitando così di pagare costi superiori.

Il dêmos e i mercenari[modifica | modifica wikitesto]

Nella storia di Syrakousai i mercenari giocarono un ruolo molto più fondamentale del previsto in ottica politica, oltre che bellica. Essi infatti una volta finito il servizio alle armi richiesto loro dai vari tiranni, non abbandonarono quasi mai il territorio geografico dove si erano venuti a trovare ma anzi, entrarono in conflitto con i nativi del luogo poiché ne pretendevano il controllo, non solamente militare. È il caso dei mamertini che intrapresero una guerra contro Gerone II per possedere Messana e furono essi che per avere protezione e rinforzi chiamarono Roma in Sicilia, scatenando così l'epocale conflitto delle guerre romano-puniche.

Un altro mercenario di origine spagnola, Merico, insignito del rango di capitano e prefetto dell'Acradina, divenne il perno fondamentale nella battaglia finale che decise le sorti di Syrakousai; egli, nel momento di anarchia e confusione generale, si mise a capo dell'esercito siracusano che difendeva la polis dall'assedio romano di Marco Claudio Marcello e tradendo alti ufficiali e militari, intraprese segretamente accordi con la parte romana aprendo loro le porte della capitale siceliota. Il suo gesto è passato tra le cronache della storia e viene sottolineato esplicitamente dagli storici, come il britannico Norman Davies che lo cita a più riprese nel suo testo:

«Se Merico non avesse aperto la porta, se Siracusa avesse resistito ai romani come un tempo resistette agli ateniesi, se Annibale avesse distrutto Roma come Roma avrebbe poi distrutto Cartagine, se, come risultato, il mondo greco alla fine si fosse fuso con la semitica Cartagine, allora la storia sarebbe stata piuttosto diversa. Ma il punto è: Merico aprì la porta.»

I mercenari, i soldati stranieri, come sostiene lo stesso Montesquieu, ebbero per il dêmos della polis un ruolo dominante, che oltrepassò spesso il semplice ruolo di guerriero assoldato per la battaglia. Ciò avvenne principalmente per una forma politica maturata dai tiranni, i quali affidando ai mercenari il controllo militare di località strategiche correvano successivamente il rischio che essi non volessero più abbandonarle; come avvenne per Dionisio I che dovette lottare per strappare ai suoi stessi mercenari il Monte Tauro, dove sorgeva la colonia che egli fondò, Tauromenion (futura Taormina)[45]. E il medesimo approccio conflittuale avvenne nelle epoche successive, come fu per i mamertini chiamati da Agatocle, essi pretesero dopo la morte del tiranno e la momentanea anarchia, di avere all'interno dell'assemblea politica siracusana un proprio magistrato eletto che potesse fare le loro veci. Offesi dal rifiuto della polis se ne andarono ad occupare altri territori siciliani e avvenne l'ulteriore scontro bellico con l'allora comandante dell'esercito, non ancora tiranno, Gerone II[46].

Strutture militari[modifica | modifica wikitesto]

Invenzioni belliche dell'esercito siracusano[modifica | modifica wikitesto]

Le guerre e le battaglie dell'esercito[modifica | modifica wikitesto]

Vaso di epoca greca raffigurante scena militare (Siracusa, museo archeologico Paolo Orsi)

Le principali battaglie, ricadenti all'interno di più ampie guerre. combattute dall'esercito siracusano:

Guerre greco-puniche[modifica | modifica wikitesto]

Prima campagna siciliana

Esito finale: vittoria

Seconda campagna siciliana

Esito finale: sconfitta

Terza campagna siciliana

Esito finale: parziale vittoria mutata in seguito in sconfitta

Quarta campagna siciliana

Esito finale: vittoria

Quinta campagna siciliana

Esito finale: neutralità tra i due eserciti contendenti

Sesta campagna siciliana

Esito finale: vittoria

Settima campagna siciliana

Esito finale: sconfitta

Prima campagna africana

Esito finale: sconfitta (truppe siracusane ammutinate rimasero in Africa)

Ottava campagna siciliana

  • Conquista territori punici
Esito finale: vittoria

Guerra contro la Syntèleia[modifica | modifica wikitesto]

Esito finale: vittoria

Scontro navale etrusco[modifica | modifica wikitesto]

Esito finale: vittoria

Guerra del Peloponneso[modifica | modifica wikitesto]

Battaglia di Siracusa
Esito finale: vittoria

Guerre romano-puniche[modifica | modifica wikitesto]

Esito finale: sconfitta

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Montesquieu, Lo spirito delle leggi, pp. 235-236 - Capitolo II - Della corruttela del principio della Democrazia.
  2. ^ Dal libro di Montesquieu:

    «Cacciati avendo i Tiranni, fecero Cittadini i forestieri, ed i mercenari Soldati, il che produsse guerre civili, Aristotile Polit. Lib. V Cap. III. Essendo stato cagione il popolo della vittoria sopra gli Ateniesi, la Repubblica fu mutata. Ivi, Cap. IV. La passione di due giovani magistrati, uno de' quali tolse all'altro un ragazzo, e questi gli corruppe la moglie, fece mutar la forma di questa Repubblica. iVI, Lib. VII. Cap. IV.»

  3. ^ Scrive a tal proposito lo studioso Norman Davies nella sua Storia d'Europa:

    «Per Atene, Siracusa fu quello che New York sarebbe divenuta per Londra

  4. ^ Norman Davies, Storia d'Europa, 2006, p. 160.
  5. ^ Marta Sordi, Scritti di storia romana, 2002, p. 120.
  6. ^ a b Marta Sordi, Scritti di storia greca, 2002, p. 581.
  7. ^ Silvio Accame, Scritti minori, vol. II, 1990, p. 517.
  8. ^ Anthony M. Snodgrass, Arnold M. Snodgrass, 1991, p. 146 (capitolo IV).
  9. ^ Diodoro Siculo, XI 24.
  10. ^ Tucidide, Guerra del Peloponneso VI 64.
  11. ^ Camillo Minieri Riccio, Cenni storici sulla distrutta città di Cuma ed altri opuscoli, Stab. tip. di Vincenzo Priggiobba, 1846 (p. 11).
  12. ^ Anthony M. Snodgrass, Arnold M. Snodgrass, 1991, p. 148 (capitolo IV).
  13. ^ Francesco Domenico Guerrazzi nel riportare le parole di Erodoto, nel suo libro così descrisse la conclusione dell'ambasciata greca presso Gelone:

    «Siagro male frenando lo sdegno soggiunse: Gemerebbe l'ombra onorata di Agamennone se sapesse che gli Spartani avessero consentito lasciarsi spogliare del comando da un Gelone e dai Siracusani. Se vuoi soccorrere i Greci, obbedisci ai Lacedemoni; se ricusi, tieniti le tue milizie, noi sapremo farne a meno.»

    Al sarcastico rifiuto, Gelone così rispose:

    «Spartani, la ingiuria proferita contro gente animosa muove a sdegno; ma la vostra tracotanza non mi dissuaderà dal rispondervi pacato. Se tanto alligna in voi desiderio di comando, naturale cosa è che io più di voi lo pretenda, imperciocché io manderei maggiore copia di milizie e di navi che voi non avete.»

    La discussione tra le parti continuò ma alla fine non si trovò un accordo che potesse soddisfare il tiranno e le ambasciate. Siracusa quindi non mandò alcun aiuto militare ai confini della Grecia, ma rimase comunque in allerta, inviando i suoi soldati ad osservare l'evolversi della situazione e fu pronta ad agire di conseguenza fino all'esito finale della battaglia di Salamina, quando vista la vittoria raggiunta dall'unione dei greci, capì che il gran re Serse I non avrebbe potuto minacciare l'interno del Mediterraneo.

  14. ^ Le Storie di Erodoto di Alicarnasso.
  15. ^ In Storia - ATENE E L'OCCIDENTE - Relazioni con le città siceliote ed italiote in funzione della spedizione in Sicilia - Parte I, su instoria.it. URL consultato il dicembre 2005.
  16. ^ Francesco Domenico Guerrazzi, 1862, p. 226.
  17. ^ Secondo Diodoro Siculo lo scontro avvenne lo stesso giorno della battaglia delle Termopili e non di Salamina.
  18. ^ Le cifre per questa battaglia furono elevati per entrambi i lati. Alcuni storici come Timeo ed Eforo di Cuma fanno ammontare l'esercito cartaginese addirittura a 300.000 fanti e 2.000 navi puniche. Ma a causa di contesti letterari riscontrati nei due storici in tali occasioni si è più inclini a porre molto al ribasso le loro cifre e dare meno imparità tra i due eserciti rivali.
    Fonte: Studi siciliani ed italioti, con tre tavole, Gaetano De Sanctis, Luigi Pareti, Felice Le Monnier editore, 1920.
  19. ^ Diodoro Siculo (Biblioteca Storica, XI, 21,1).
  20. ^ Le grandi battaglie dell'antica Grecia, Sezione 27 (google.ebook.
  21. ^ http://poliremi.altervista.org - Capitolo III - Greci e Regni ellenistici coinvolti nella guerra - i Greci di Sicilia, su poliremi.altervista.org.
  22. ^ È un termine greco; significa l'unione di due falangarchie che a sua volta sono formate dall'unione di due semplici falange.
    Fonte Difalangarchia : Dizionario generale di scienze, lettere, arti, storia, geografia ...: 8: F-Fyzabat, dalla Società l'Unione Tipografico-Editrice, 1867 (p. 55)
    Fonte Falangarchie: Gran dizionario teorico-militare contenente le definizioni di tutt'i termini tecnici spettanti all'arte della guerra, con analoghe istruzioni e con una raccolta dei comandi adattati alla scuola moderna dato alla luce per cura di Giacomo Medini, Francesco Collina e Mattia Minarelli, Carlo Cataneo, 1836 (p. 309)
  23. ^ Le epixenagie sono l'insieme di due Sistreme, composta da 2.048 uomini.
    Fonte Epixenagie: Le storie di Arriano ... tradotte in italiano dall ... Marco Mastrofini, Volume 2, Flavius Nicomediensis Arrianus, Sonzogno, 1827 (p. 131)
  24. ^ Gli psiliti sono dei gruppi appartenenti alla falange e armati in maniera leggere.
    Fonte Psiliti: Storia dell' arte militare, antica e moderna, Manuali Hoepli, Milano, 1893 (un corpo di fanteria leggera (Psi- liti) di pari forza dei Peltasti.)
  25. ^ L'Ipparchia nell'antica Grecia era un'unità delle forze armate formata da un numero di 500 cavalieri
    Fonte Ipparchia: Guarzanti Linguistica
  26. ^ Diodoro Siculo XIV, 47, 7.
  27. ^ Nella traduzione di Pompei con le note di Dacier sull'opera di Plutarco, vengono confermate le cifre di 10.000 cavalieri e 400 navi da guerra, mentre riguardo al numero dei fanti dionigiani: ed i fanti ben più numerosi a molti doppii [...]. Plutarco ci informa anche che Dionidio II, erede della forza imperialistica del padre, aveva a sua disposizione ulteriori 10.000 guardie custodi della sua persona poste alla fortezza o cittadella (l'isola di Ortigia). Dacier, Pompei, Plutarco - Vite parallele (Volume 12), p. 26.
  28. ^ Biografia degli uomini illustri della Sicilia, 1819, Sezione 5 (google.ebook).
  29. ^ Nel libro Scrittori Classici Italiani di Economia Politica Tomo I, edito a Milano (MDCCCIII), gli autori elevano il numero dei fanti a 120.000 e quello dei cavalieri a 12.000 (p. 89).
  30. ^ Stesso passaggio (Diodoro, XIV, 47) ma con un'interpretazione differente.
  31. ^ Guglielmo Robertson, Istoria dell'antica Grecia dalla sua origine fino all'epoca in cui divenne provincia romana scritta da Guglielmo Robertson traduzione dall'inglese: 3, Firenze, 1822 (p. 224).
  32. ^ Luigi Pareti, Storia di Roma e del mondo romano, Volume 1, Unione Tipografico-Editrice Torinese, 1952 (p. 500).
  33. ^ a b c d e Academia.edu, Considerazioni sul pagamento del sitos ai mercenari nella Sicilia tra Dionisio I e Timoleonte - More Info: "Dispensa per il corso di Iconografia e archeologia della moneta antica. Corso di Laurea Specialistica "Archeologia del Mediterraneo" Università di Messina" Daniele Castrizio
  34. ^ a b c Academia.edu, La dynasteia di Dionisio I di Siracusa : politica ed economia, Giuseppe Monte.
  35. ^ Sparta sapeva che Dionigi arruolava mercenari nel suo luogo d'influenza politica, ma dava il suo tacito consenso in base all'alleanza militare fra le due polis. Tuttavia, proprio questa vicinanza dei mercenari peloponnesiaci legati agli spartani, rappresenterà un serio problema per i progetti espansionistici di Dionisio che troveranno l'ostilità di Sparta. (vedere nota n° 30).
  36. ^ Mossa che aprì loro la strada verso quelle che poi si riveleranno essere le Guerre romano-celtiche; combattute dai romani che dovettero impedire ai celti di invadere la loro patria.
  37. ^ Le fonti storiche, partendo da Filisto, narrano che Dionisio I di Siracusa inviò nel 369-368 a.C. un contingente militare composto da mercenari iberi e celti in aiuto di Sparta che stava soccombendo nella guerra contro Tebe. Secondo lo storico e archeologo francese, Venceslas Kruta, il tiranno siciliano li arruolò servendosi dell'emporio istituito ad Ancona, città dalle origini siracusane, ma dai rapporti politico-militari mai chiariti con l'eventuale madre patria. Per Kruta questi mercenari appartenevano al gruppo etnico dei Senoni (Gallia cisalpina) emigrati nell'Italia nord-orientale.
    Fonte bibliografica: Venceslas Kruta, I celti e il Mediterraneo, 2004, p. 39
    Fonte bibliografica: Marta Sordi, Autocoscienza e rappresentazione dei popoli nell'antichità, 1992, p. 142.
  38. ^ Marta Sordi, Autocoscienza e rappresentazione dei popoli nell'antichità, 1992, p. 142.
  39. ^ I testi parlano di 10.000 mercenari arruolati da Gelone e non un numero minore arruolati da Gerone I. (vedi nota n° 30).
  40. ^ Aristotele, Il Trattato sull'economia, a cura di Renato Laurenti, Laterza, 1967 (p. 30).
  41. ^ L'oncia era la dodicesima parte della litra.
  42. ^ Daniele Castrizio, La monetazione mercenariale in Sicilia: strategie economiche e territoriali fra Dione e Timoleonte, 2000, p. 33.
  43. ^ ogni talento corrispondeva a 60 mine.
  44. ^ Norman Davies, Storia d'Europa, 2006, p. 168.
  45. ^ La Sicilia dei due Dionisî: atti della Settimana di studio, Agrigento, 24-28 febbraio 1999, p. 410.
  46. ^ Carmela Salazar, 2013, p. 11.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]