Emoglobina glicata

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L’emoglobina glicata (anche detta HbA1c) è una forma di emoglobina usata principalmente per identificare la concentrazione plasmatica media del glucosio per un lungo periodo di tempo. Viene prodotta in una reazione non-enzimatica a seguito dell'esposizione dell'emoglobina normale al glucosio plasmatico. La glicazione alta dell'emoglobina è stata associata con le malattie cardiovascolari, le nefropatie e la retinopatia del diabete mellito. Il monitoraggio dell'HbA1c nei pazienti con diabete di tipo 1 può migliorare il trattamento.[1]

Storia[modifica | modifica wikitesto]

L'emoglobina A1c fu separata dalle altre forme di emoglobina da Huisman e Meyering nel 1958 mediante una colonna cromatografica.[2] Venne caratterizzata per la prima volta come glicoproteina da Bookchin e Gallop nel 1968.[3] Il suo aumento nel diabete fu descritto per la prima volta nel 1969 da Samuel Rahbar e collaboratori[4] La reazione che porta alla sua formazione fu caratterizzata da Bunn e i suoi collaboratori nel 1975.[5] L'uso dell'emoglobina A1c per il monitoraggio del grado di controllo del metabolismo glucidico in pazienti diabetici fu proposto nel 1976 da Anthony Cerami, Ronald Koenig e collaboratori.[6]

Principio[modifica | modifica wikitesto]

Nel normale arco di vita (120 giorni) dei globuli rossi, le molecole di glucosio reagiscono con l'emoglobina formando emoglobina glicata. In individui diabetici che hanno scarso controllo della glicemia, la quantità della emoglobina glicata che si forma è più elevata che nei soggetti sani o nei soggetti diabetici con un buon controllo glicemico ottenuto dalla terapia. Un aumento di emoglobina glicata all'interno dei globuli rossi, pertanto, riflette il livello medio di glucosio al quale l'emazia è stata esposta durante il suo ciclo vitale. Il dosaggio della emoglobina glicata fornisce valori indicativi dell'efficacia della terapia, monitorando la regolazione a lungo termine del glucosio sierico. Il livello di HbA1c è proporzionale alla concentrazione media del glucosio durante le quattro settimane – tre mesi precedenti. Alcuni ricercatori affermano che la porzione più grande del suo valore sia da attribuire a un periodo di tempo relativamente più breve, da due a quattro settimane.[7]

Nel 2010 l'American Diabetes Association Standards of Medical Care in Diabetes ha aggiunto il criterio A1c ≥ 6,5% come ulteriore criterio per la diagnosi clinica di diabete mellito,[8] tuttavia l'argomento è controverso e questo criterio non è stato adottato universalmente.[9]

Misurazione dell'emoglobina glicata[modifica | modifica wikitesto]

Esistono diversi metodi di misura dell'HbA1c.

I laboratori di analisi usano:

Gli strumenti presenti nei saggi presso il punto di assistenza (come gli ambulatori medici e le farmacie) usano:

Negli Stati Uniti, i test utilizzati presso il punto di assistenza sono certificati dal National Glycohemoglobin Standardization Program (NGSP) per standardizzarli nei confronti dei risultati ottenuti dal Diabetes Control and Complications Trial (DCCT) del 1993.[11]

Il passaggio alle unità dell'IFCC[modifica | modifica wikitesto]

Nell'agosto del 2008 l'American Diabetes Association (ADA), la European Association for the Study of Diabetes (EASD) e l'International Diabetes Federation (IDF) hanno stabilito che, in futuro, l'HbA1c dovrà essere refertata con le unità dell'IFCC (International Federation of Clinical Chemistry and Laboratory Medicine).[12] La refertazione in unità IFCC è stata introdotta in Europa, fatta eccezione per il Regno Unito, nel 2003[13]; nel Regno Unito, il 1º giugno del 2009 è stata introdotta la doppia refertazione[14], che è rimasta in vigore fino al 1º giugno 2011.[15]

La relazione tra le due grandezze è data dalla seguente formula:[16] IFCC-HbA1c (mmol/mol) = [DCCT-HbA1c (%) - 2.15] × 10.929

DCCT- HbA1c IFCC-HbA1c
(%) (mmol/mol)
4.0 20
5.0 31
6.0 42
6.5 48
7.0 53
7.5 59
8.0 64
9.0 75
10.0 86

Interpretazione dei risultati[modifica | modifica wikitesto]

A partire dal confronto dei valori di emoglobina glicata coi valori medi di glucosio plasmatico nell'uomo, è stato possibile costruire la seguente tabella:

HbA1c (%) Glicemia media (mmol/L) Glicemia media (mg/dL)
5 4.5 90
6 6.7 120
7 8.3 150
8 10.0 180
9 11.6 210
10 13.3 240
11 15.0 270
12 16.7 300

Una riduzione dell'1% dei livelli di HbA1c riduce del 21% il rischio di complicanze complessive e del 21% la mortalità dovuta alle complicanze del diabete.[17]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Larsen ML, Hørder M, Mogensen EF, Effect of long-term monitoring of glycosylated hemoglobin levels in insulin-dependent diabetes mellitus, in N. Engl. J. Med., vol. 323, n. 15, 1990, pp. 1021–5, PMID 2215560.
  2. ^ Huisman TH, Martis EA, Dozy A, Chromatography of hemoglobin types on carboxymethylcellulose, in J. Lab. Clin. Med., vol. 52, n. 2, 1958, pp. 312–27, PMID 13564011.
  3. ^ Bookchin RM, Gallop PM, Structure of hemoglobin A1c: nature of the N-terminal beta chain blocking group, in Biochem. Biophys. Res. Commun., vol. 32, n. 1, 1968, pp. 86–93, DOI:10.1016/0006-291X(68)90430-0, PMID 4874776.
  4. ^ Rahbar S, Blumenfeld O, Ranney HM, Studies of an unusual hemoglobin in patients with diabetes mellitus, in Biochem. Biophys. Res. Commun., vol. 36, n. 5, 1969, pp. 838–43, DOI:10.1016/0006-291X(69)90685-8, PMID 5808299.
  5. ^ Bunn HF, Haney DN, Gabbay KH, Gallop PM, Further identification of the nature and linkage of the carbohydrate in hemoglobin A1c, in Biochem. Biophys. Res. Commun., vol. 67, n. 1, 1975, pp. 103–9, DOI:10.1016/0006-291X(75)90289-2, PMID 1201013.
  6. ^ Koenig RJ, Peterson CM, Jones RL, Saudek C, Lehrman M, Cerami A, Correlation of glucose regulation and hemoglobin AIc in diabetes mellitus, in N. Engl. J. Med., vol. 295, n. 8, 1976, pp. 417–20, PMID 934240.
  7. ^ Hemoglobin A1c Fact Sheet, in Michigan Diabetes Research & Training Center. URL consultato il 26 dicembre 2007 (archiviato dall'url originale il 7 gennaio 2008).
  8. ^ Executive Summary: Standards of Medical Care in Diabetes—2010: Current criteria for the diagnosis of diabetes. Diabetes Care January 2010 33:S4-S10; doi:10.2337/dc10-S004
  9. ^ Kilpatrick ES, Bloomgarden ZT, Zimmet PZ, Is haemoglobin A1c a step forward for diagnosing diabetes?, in BMJ, vol. 339, 2009, pp. b4432, DOI:10.1136/bmj.b4432.
  10. ^ (EN) D. K. Yue, S. McLennan, D. B. Church and J. R. Turtle, The Measurement of Glycosylated Hemoglobin in Man and Animals by Aminophenylboronic Acid Affinity Chromatography, in Diabetes, DOI:10.2337/diab.31.8.701.
  11. ^ Developing Point of care HbA1c tests for Diabetes monitoring Archiviato il 29 agosto 2008 in Internet Archive., Barry Plant, Originally Published IVDT July/August 2008
  12. ^ Geistanger A, Arends S, Berding C, et al., Statistical methods for monitoring the relationship between the IFCC reference measurement procedure for hemoglobin A1c and the designated comparison methods in the United States, Japan, and Sweden, in Clin. Chem., vol. 54, n. 8, agosto 2008, pp. 1379–85, DOI:10.1373/clinchem.2008.103556, PMID 18539643.
  13. ^ Manley S, John WG, Marshall S, Introduction of IFCC reference method for calibration of HbA: implications for clinical care, in Diabet. Med., vol. 21, n. 7, luglio 2004, pp. 673–6, DOI:10.1111/j.1464-5491.2004.01311.x, PMID 15209757.
  14. ^ Standardisation of the reference method for the measurement of HbA1c to improve diabetes care (PDF), su acb.org.uk, The Association for Clinical Biochemistry and Diabetes UK, aprile 2008. URL consultato il 2 luglio 2009 (archiviato dall'url originale il 22 luglio 2011).
  15. ^ All Change For HbA1c (PDF) [collegamento interrotto], su elearn-uhsm.co.uk, University Hospital of South Manchester. URL consultato il 2 luglio 2009.
  16. ^ HbA1c Standardisation For Laboratory Professionals (PDF), su diabetes.org.uk, Diabetes UK. URL consultato il 2 luglio 2009 (archiviato dall'url originale il 20 luglio 2011).
  17. ^ IM. Stratton, AI. Adler; HA. Neil; DR. Matthews; SE. Manley; CA. Cull; D. Hadden; RC. Turner; RR. Holman, Association of glycaemia with macrovascular and microvascular complications of type 2 diabetes (UKPDS 35): prospective observational study., in BMJ, vol. 321, n. 7258, agosto 2000, pp. 405-12, PMID 10938048.

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