Diocesi di Pistoia

Diocesi di Pistoia
Dioecesis Pistoriensis
Chiesa latina
Suffraganea dell'arcidiocesi di Firenze
Regione ecclesiasticaToscana
 
Mappa della diocesi
Collocazione geografica
Collocazione geografica della diocesi
 
VescovoFausto Tardelli
Vicario generaleCristiano D'Angelo
Presbiteri104, di cui 95 secolari e 9 regolari
1.962 battezzati per presbitero
Religiosi9 uomini, 111 donne
Diaconi16 permanenti
 
Abitanti208.300
Battezzati204.100 (98,0% del totale)
StatoItalia
Superficie821 km²
Parrocchie160 (9 vicariati)
 
ErezioneIII secolo
Ritoromano
CattedraleSan Zeno
IndirizzoVia Puccini 29, 51100 Pistoia, Italia
Sito webwww.diocesipistoia.it
Dati dall'Annuario pontificio 2022 (ch · gc)
Chiesa cattolica in Italia
Il palazzo vescovile di Pistoia.
La cupola della basilica della Madonna dell'Umiltà a Pistoia.
Il santuario della Madonna di Valdibrana.
Palazzo Rospigliosi di Pistoia, sede del museo diocesano.

La diocesi di Pistoia (in latino Dioecesis Pistoriensis) è una sede della Chiesa cattolica in Italia suffraganea dell'arcidiocesi di Firenze appartenente alla regione ecclesiastica Toscana. Nel 2021 contava 204.100 battezzati su 208.300 abitanti. È retta dal vescovo Fausto Tardelli.

Territorio[modifica | modifica wikitesto]

La diocesi comprende 15 comuni della Toscana settentrionale, estesi su tre province diverse:

In base a un accordo tra i vescovi di Pistoia e di Prato, dal 1990 la cura pastorale della parrocchia di Fossato nel comune di Cantagallo, pur facendo parte della sede pratese, è concessa ai vescovi pistoiesi.[2]

Sede vescovile è la città di Pistoia, dove si trova la cattedrale di San Zeno. Particolare menzione meritano tre santuari mariani in territorio pistoiese: il santuario e basilica minore della Madonna dell'Umiltà, il santuario della Madonna di Valdibrana e il santuario di Santa Maria delle Grazie, noto come Madonna del Letto.[3]

Vicariati e parrocchie[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Parrocchie della diocesi di Pistoia.

Il territorio si estende su 821 km² ed è suddiviso in 160 parrocchie, raggruppate in 9 vicariati: Città di Pistoia, Quarrata, Poggio a Caiano-Carmignano, Montale-Agliana-Montemurlo, Ombrone Limentra, Bottegone, Vincio, Montalbano occidentale, Reno-e-Montagna.

Storia[modifica | modifica wikitesto]

Secondo la tradizione, destituita di ogni fondamento storico, l'evangelizzazione del territorio pistoiese fu dovuta all'iniziativa di san Pietro, che inviò in Toscana san Romolo, protovescovo, che fu poi incluso nelle cronotassi pistoiesi, come pure in quelle delle chiese di Fiesole e di Volterra. Recenti scoperte archeologiche permettono di datare una sicura presenza cristiana a Pistoia nel Tardo impero romano.

Il primo documento storico che parla di un vescovo pistoiese, benché anonimo, è una lettera di papa Gelasio I del 492/496, dove assieme ad altri vescovi, viene qualificato come «aetate vel honore longaevus». In una lettera di papa Pelagio I del 557 vengono riportati i nomi di 7 vescovi della Tuscia Annonaria, ma senza l'indicazione delle rispettive sedi di appartenenza; alcuni autori ritengono che tra Massimiliano, Geronzio, Terenzio e Vitale vi sia probabilmente anche il vescovo di Pistoia; tuttavia «questa posizione è ritenuta da molti non sufficientemente provata».[4]

Fino alla fine del VII secolo non si hanno più menzioni documentarie della sede pistoiese. Gli storici locali hanno cercato di colmare la lacuna «con una serie di nomi di vescovi più o meno immaginari, … tutti nomi fittizi, dei quali nessun documento rimane che possa in qualche modo suffragarne la reale esistenza».[5] Il silenzio delle fonti, dalla metà del VI secolo fino agli inizi dell'VIII, l'assenza dei vescovi pistoiesi ai concili romani del 649 e del 680, dove invece furono presenti molti vescovi della Tuscia, hanno portato alcuni studiosi (Chiappelli) ad ipotizzare una momentanea soppressione della diocesi e la sua incorporazione in quella vicina di Lucca. Ed è proprio al vescovo di questa città che Giovanni, nel 700, chiede la conferma della sua elezione. Giovanni è anche il primo vescovo di Pistoia di cui si conosca con certezza il nome.

La serie dei vescovi sicuri di Pistoia riprende con Guillerado all'inizio del IX secolo, documentato dall'806 all'812. Secondo lo storico diocesano Sabatino Ferrali, i vescovi che le cronotassi locali riportano per il secolo VIII sono fittizi, anche questi inseriti per colmare il vuoto tra Giovanni I e Guillerado.[5]

Nel corso del Medioevo il vescovo di Pistoia ebbe un rilevante ruolo politico nel governo della città, che si concretizzò nell'XI secolo con una signoria di fatto. Con la nascita e l'affermarsi dell'autonomia comunale, e la redazione dei primi statuti cittadini, il potere dei vescovi entrò in crisi, fino a scomparire del tutto con la seconda metà del XII secolo. Il maggior momento di contrasto tra vescovi e autorità cittadine si ebbe nel 1137, «quando i consoli trafugarono il tesoro della cattedrale e occuparono il campanile, usandolo come torre civica».[6] Con la mediazione del vescovo sant'Atto, si arrivò ad appianare la crisi nel 1145.

Tra XII e XIII secolo il territorio diocesano fu organizzato in pievi e parrocchie, assumendo quell'assetto che si mantenne fino alle riforme di Scipione de' Ricci sul finire del Settecento. Il libro delle decime del 1274 documenta la suddivisione del territorio diocesano in 35 pievi e 182 parrocchie.[6]

Il 10 maggio 1419, in concomitanza con la formazione dello stato territoriale fiorentino, la diocesi divenne suffraganea dell'arcidiocesi di Firenze, perdendo così la sua secolare immediata soggezione alla Santa Sede.

Fin dal XII secolo erano iniziati i contenziosi tra la sede vescovile e la pieve di Santo Stefano di Prato; con la bolla Etsi cunctae del 5 settembre 1463, papa Pio II eresse la pieve in prepositura nullius dioecesis immediatamente soggetta alla Santa Sede e dunque completamente indipendente dalla giurisdizione dei vescovi pistoiesi.

Nel 1471 il vescovo Donato de' Medici istituì il monte di pietà.

Solo tardivamente in diocesi si applicarono i decreti di riforma decisi dal concilio di Trento. Tra i maggiori fautori dell'aggiornamento tridentino si deve segnalare il vescovo Alessandro del Caccia, che governò la sede pistoiese dal 1600 al 1649. Il seminario diocesano fu istituito solo nel 1693 con il vescovo Leone Strozzi nell'ex convento agostiniano delle Tolentine, traslocato in piazza San Leone nei primi decenni del Settecento, e definitivamente trasferito nei locali dell'ex convento francescano di Santa Chiara nel 1783.[7]

Il 22 settembre 1653 con la bolla Redemptoris nostri di papa Innocenzo X fu eretta la diocesi di Prato, con territorio scorporato dalla diocesi di Pistoia, a cui Prato fu contestualmente unita aeque principaliter.

La diocesi subì un'ulteriore lieve modifica territoriale verso la fine del Settecento. Infatti «nel 1784, grazie alla politica di Pietro Leopoldo, le furono aggregate le chiese parrocchiali della Sambuca, di Treppio, di Torri, di Pàvana, di Frassignoni, di San Pellegrino del Cassero e di Fossato, scorporate dalla diocesi di Bologna[6]

Il 19 settembre 1786 venne inaugurato dal vescovo Scipione de' Ricci l'importante sinodo pistoiese, che si concluse il 28 settembre. In questo sinodo il vescovo promosse riforme di stampo giansenista nella liturgia, nell'istruzione, nella disciplina del clero, nella dottrina e giunse a proibire il culto al Sacro Cuore di Gesù. Il sinodo gettò la diocesi nella confusione, al punto da minacciare uno scisma in tutta la Toscana. Nel 1790, durante l'assenza del vescovo, i capitoli di Pistoia e di Prato ricusarono i decreti del sinodo. Dopo un esame di sei anni, la bolla Auctorem Fidei di papa Pio VI condannò 85 tesi approvate dal sinodo, bollandone 7 come eretiche e altre come «scismatiche, erronee, sovversive della gerarchia ecclesiastica, false, temerarie, capricciose, ingiuriose alla Chiesa e alla sua autorità, conducenti al disprezzo de' sacramenti e delle pratiche di santa Chiesa, offensive alla pietà dei fedeli, che turbavano l'ordine delle diverse chiese, il ministero ecclesiastico, la quiete delle anime; che si opponevano ai decreti Tridentini, offendevano la venerazione dovuta alla Madre di Dio, i diritti de' Concilii generali». Successivamente alla condanna, il vescovo Ricci, che già nel 1791 aveva rinunciato alla diocesi, ritrattò le sue tesi e si sottomise all'autorità del papa.

Gli effetti del sinodo di Scipione de' Ricci si fecero sentire per tutto l'Ottocento, durante il quale i vescovi si preoccuparono di ribadire la condanna del sinodo del 1786 e la fedeltà della Chiesa e dei fedeli pistoiesi alla Chiesa cattolica. Tra questi, occorre ricordare il vescovo Enrico Bindi che durante il concilio Vaticano I intervenne per chiedere «che non si usasse più il termine "pistorienses" come sinonimo di giansenisti»[6], e che si adoperò per riconsacrare la città al Sacro Cuore di Gesù, iniziativa che venne ripetuta dal vescovo Gabriele Vettori nel 1917.

Nel 1916, in forza del decreto Ex officio divinitus della Congregazione Concistoriale, la diocesi di Pistoia cedette 27 parrocchie per l'ingrandimento della diocesi di Prato.[8]

Il 25 gennaio 1954 papa Pio XII separò la diocesi di Prato dalla diocesi di Pistoia con la bolla Clerus populusque.

Nel 1975 Pistoia cedette altre 12 parrocchie nei comuni di Cantagallo e di Vernio a favore dell'ingrandimento della diocesi pratese.[9]

Il museo diocesano venne istituito nel 1968 in alcuni ambienti del palazzo vescovile; nel 1997 ha trovato la sua sede definitiva nel palazzo Rospigliosi.

Dal 14 ottobre 2023 è unita in persona episcopi alla diocesi di Pescia.

Cronotassi dei vescovi[modifica | modifica wikitesto]

Si omettono i periodi di sede vacante non superiori ai 2 anni o non storicamente accertati.

Vescovi di Pistoia[modifica | modifica wikitesto]

Tomba di Giovambattista Ricasoli, vescovo dal 1560 al 1572, nella basilica di Santa Maria Novella a Firenze

Vescovi di Pistoia e Prato[modifica | modifica wikitesto]

Incisione del 1786 - Rappresentazione del sinodo diocesano indetto dal vescovo Scipione de' Ricci.

Vescovi di Pistoia[modifica | modifica wikitesto]

Statistiche[modifica | modifica wikitesto]

La diocesi nel 2021 su una popolazione di 208.300 persone contava 204.100 battezzati, corrispondenti al 98,0% del totale.

anno popolazione presbiteri diaconi religiosi parrocchie
battezzati totale % numero secolari regolari battezzati per presbitero uomini donne
diocesi di Pistoia e Prato
1949 262.103 262.403 99,9 378 289 89 693 95 791 217
diocesi di Pistoia
1970 201.919 202.238 99,8 235 188 47 859 67 549 172
1980 204.221 204.965 99,6 193 157 36 1.058 1 42 439 160
1990 219.100 220.400 99,4 170 142 28 1.288 4 30 349 158
1999 212.885 213.685 99,6 173 141 32 1.230 25 34 254 160
2000 211.000 229.000 92,1 161 130 31 1.310 24 33 275 160
2001 215.000 236.111 91,1 160 131 29 1.343 23 32 240 160
2002 221.300 234.912 94,2 164 134 30 1.349 23 32 227 160
2003 207.861 220.861 94,1 165 135 30 1.259 23 32 224 160
2004 215.000 217.515 98,8 156 129 27 1.378 23 27 227 161
2013 219.300 228.600 95,9 119 97 22 1.842 22 26 152 160
2016 217.600 222.130 98,0 105 90 15 2.072 19 17 143 160
2019 210.900 215.230 98,0 105 95 10 2.008 17 12 131 160
2021 204.100 208.300 98,0 104 95 9 1.962 16 9 111 160

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Non appartengono alla diocesi di Pistoia le parrocchie delle frazioni di Sovigliana e di Spicchio, che fanno parte dell'arcidiocesi di Firenze; e le parrocchie di Apparita e di Streda, che appartengono alla diocesi di San Miniato.
  2. ^ Dal sito web della diocesi di Pistoia.
  3. ^ Dal sito web della diocesi.
  4. ^ Mario Parlanti, I confini diocesani e amministrativi tra Lucca e Pistoia in Valdinievole dall'alto medioevo fino al XII secolo, in «Quaderni pievarini» 2 (2002), p. 9, nota 22.
  5. ^ a b Dal sito della diocesi di Pistoia.
  6. ^ a b c d Dal sito Beweb - Beni ecclesiastici in web.
  7. ^ Dalla pagina Biblioteca Leoniana del sito Beweb - Beni ecclesiastici in web.
  8. ^ AAS 8 (1916), pp. 404-405. Di queste 27 parrocchie, 3 appartenevano al comune di Vaiano (Vaiano, Schignano e Popigliano), tutte le altre erano parrocchie di frazioni e località del comune di Prato: Cerreto, Figline, Chiesanuova, Coiano, Narnali, Galciana, Capezzana, Tobbiana, Casale, Iolo, Tavola, Castelnuovo, Paperino, Cafaggio, Grignano, San Giorgio a Colonica, Santa Maria a Colonica, Mezzana, Santa Lucia in Monte, Piazzanese, Santa Maria del Soccorso.
  9. ^ AAS 67 (1975), p. 679. Di queste parrocchie, 6 erano nel comune di Cantagallo (Cantagallo, Fossato, Gricigliana, Luicciana, Migliana, Usella) e 6 nel comune di Vernio (Cavarzano, Mercatale, Montepiano, San Quirico, Sant'Ippolito, Sasseta).
  10. ^ Per colmare il vuoto nella cronotassi pistoiese tra la metà del VI secolo e l'inizio dell'VIII, autori locali hanno creato «una serie di nomi di vescovi più o meno immaginari… tutti nomi fittizi, dei quali nessun documento rimane che possa in qualche modo suffragarne la reale esistenza» (Sabatino Ferrali, sezione storica del sito web della diocesi). I vescovi sono: Restaldo, Nessorio, Traccia (o Traziano), Teodato, Padetto, Nestorio (o Nessorio II) e Vigeseldo. Sia Cappelletti che Gams dubitano della storicità di questa serie episcopale, ignota a Ughelli.
  11. ^ Regesta chartarum Pistoriensium. Alto Medioevo 493-1000, Pistoia 1973, pp. 4-6, nnº 3-4. Il 21 maggio 700, Giovanni è documentato come electus civitatis Pistoriensis.
    Per colmare il vuoto esistente nella cronotassi pistoiese tra Giovanni e Guillerado, autori locali hanno inserito una seconda serie di vescovi fittizi, non documentati storicamente: Felice, Teodosio, Licinio, Abbondio, Giovanni (II), Benedetto (Sabatino Ferrali, sezione storica del sito web della diocesi). Questa seconda serie è sconosciuta a Ughelli, Cappelletti e Gams.
  12. ^ Regesta chartarum Pistoriensium, 1973, pp. 23-29, nnº 26-31.
  13. ^ Monumenta Germaniae Historica, Concilia aevi Karolini (742-842), seconda parte (819-842), a cura di Albert Werminghoff, Hannover e Lipsia, 1908, p. 562,2.
  14. ^ Monumenta Germaniae Historica, Die Konzilien der karolingischen Teilreiche 843-859, a cura di Wilfried Hartmann, Hannover, 1984, p. 25,14.
  15. ^ Il concilio di Roma dell'850 circa è ritenuto un falso dalla recente critica storica. Monumenta Germaniae Historica, Die Konzilien der karolingischen Teilreiche 843-859, a cura di Wilfried Hartmann, Hannover, 1984, pp. 495 e seguenti. La prima menzione storicamente sicura del vescovo Oschisio risale perciò all'861.
  16. ^ Regesta chartarum Pistoriensium, 1973, pp. 34-41, nnº 38, 43, 46, 47 e 50.
  17. ^ Regesta chartarum Pistoriensium, 1973, p. 44, nº 55.
  18. ^ Questo vescovo è menzionato da Michelangelo Salvi ne Delle historie di Pistoia, che lo dice deceduto nel 937. Sia Ughelli che Cappelletti lo inseriscono nella cronotassi pistoiese, ma senza documenti a sostegno della sua esistenza.
  19. ^ Regesta chartarum Pistoriensium, 1973, p. 54-56, nº 70.
  20. ^ Regesta chartarum Pistoriensium, 1973, pp. 47-49, nnº 62-63.
  21. ^ a b c d e f g h i Schwartz, Die besetzung der bistümer Reichsitaliens unter den sächsischen und salischen kaisern , pp. 219–221.
  22. ^ Il vescovo Martino è certamente documentato per la prima volta il 22 maggio 1043. Esiste tuttavia tra le carte dell'abbazia di San Salvatore a Fontana Taona, un diploma attestante il vescovo Martino la cui datazione è tuttavia problematica e contraddittoria; gli editori delle pergamene di questa abbazia hanno optato per la data del 6 agosto 1042 e non 1044, malgrado «l'esiguità del tempo intercorso dall'ultima attestazione del predecessore Guido, datata 27 giugno 1042». Regesta chartarum Pistoriensis. Monastero di San Salvatore a Fontana Taona. Secoli XI e XII, Pistoia, 1999, p. 155, nº 13.
  23. ^ In questa occasione è documentato come episcopus electus.
  24. ^ Alessandro Pratesi, Attone, santo, Dizionario biografico degli italiani, vol. IV, 1962.
  25. ^ Kehr, Italia pontificia, III, p. 122, nº 19.
  26. ^ Regesta chartarum Pistoriensium. Enti ecclesiastici e spedali, secoli XI e XII, a cura di Natale Rauty, Pilo Turi, Vanna Vignali, Pistoia, 1979, pp. 46-47, nº 48.
  27. ^ a b Regesta chartarum Pistoriensium. Canonica di S. Zenone. Secolo XII, a cura di Natale Rauty, Pistoia, 1995, pp. 207-209, nnº 568 e 569.
  28. ^ Secondo Cappelletti (vol. XVII, pp. 100-101), il secondo vescovo di nome Soffredo Soffredi fu nipote del primo, cardinale di Santa Prassede.
  29. ^ Nominato vescovo titolare di Oropo.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

Altri progetti[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

Controllo di autoritàVIAF (EN314885481 · SBN CFIV040531 · WorldCat Identities (ENviaf-314885481