Chiesetta di Sant'Antonio (Caldogno)

Chiesetta di Sant'Antonio
StatoBandiera dell'Italia Italia
RegioneVeneto
LocalitàCaldogno
Religionecattolica di rito romano
Titolaresant'Antonio
Diocesi Vicenza
Fondatorefamiglia Ghellini
Inizio costruzioneseconda metà del '600
Completamentoprima del 1679

La chiesetta di Sant'Antonio è un oratorio presente nel comune di Caldogno in provincia di Vicenza, ma facente parte della parrocchia di Novoledo, frazione di Villaverla.

La chiesa sorse sotto la parrocchia di Caldogno e intitolata a san Domenico, ma nel 1874 venne aggregata alla parrocchia di Novoledo e cambiò santo titolare in sant'Antonio.

Già della famiglia Ghellini, nel 1927 venne acquistata dalla parrocchia[1].

Storia[modifica | modifica wikitesto]

La chiesetta è sorta come cappella gentilizia della famiglia Ghellini e fu costruita nella seconda metà del Seicento. Nel 1646 ancora non esisteva, nel 1676 erano già stati eretti i muri perimetrali[2] e nel 1679 era già sicuramente completata visto che ospitò la salma di Fulvia Trento, la moglie di Giovanni Battista Ghellini.

(LA)

«D.O.M. - FULVIAE TRIDENTAE UXORI DILECTISSIMAE - RURI DEGENTI - CELERIS MORBI IMMANITATE SUBLATAE - JOANNES BAPTISTA GHELLINI POSUIT - SUOS QUOQUE CINERES - QUANDO DEO PLACUERIT - HIC LOCARI JUBENS - ANNO DOMINI MDCLXXIX P.P.»

(IT)

«A Dio Ottimo Massimo. Alla dilettissima moglie Fulvia Trento, strappata dalla immanità di una rapida malattia mentre era convalescente in campagna, Giovanni Battista Ghellini pose, ordinando che anche le sue ceneri, quando a Dio piacerà, qui siano collocate. A pia memoria nell’anno del Signore 1679[3]»

La parrocchia di Novoledo acquistò la chiesetta nel 1927 che subito la restaurò per intervenire una seconda volta nel 1978[1].

Struttura[modifica | modifica wikitesto]

L'esterno è piuttosto semplice con una porta rettangolare e cornici in pietra, un lucernaio sovrastante e due finestre laterali. La struttura si rifà, in via semplificata, alla chiesa dell’altro ramo dei Ghellini che sorge a mezzo miglio di distanza, sempre a Novoledo[4].

L'interno è formato da un'aula rettangolare semplice con l'altare addossato sul fondo della stanza; le due porte laterali si aprono nella sacrestia a destra e nel cortile interno a sinistra[4]. L'altare formato da due semicolonne lisce in marmo rosso[4] che reggono un frontoncino dalle linee curve e spezzate che presenta lo stemma in marmo dei Ghellini[1]. La pala dell'altare è attribuita al Carpioni[5] e raffigura Sant'Antonio da Padova[1]. Tale tela è indubbiamente non originaria della chiesa dal momento che quando era sotto la parrocchia di Caldogno era intitolata a San Domenico: è probabile che con il cambio del santo titolare (nel 1874) i proprietari del periodo sostituirono le immagini dei santi. Dell'ipotetica pala precedente non abbiano traccia[1].

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b c d e Pendin, p. 265.
  2. ^ Da un relazione di Don Francesco Losco del 10 febbraio 1677: «Solo heri ho potuto aver campo di essiquir gli comandi di Mons. Illustrissinmo et Reverendissimo Vescovo mio Signore e Protetore, il che m’ha spiasso et mi spiace, essendo il debito et desiderio mio d’impiegarmi in di lui servitio con tutta prontezza et cordialità. Ma la cargione sono stati molti impedimenti et imparticolare gli estremi giacci et liquifattioni di quelli con tanto eccesso che gli cavalli non hanno potuto sopportar il loro eccesso si non con grave danno di loro et degli accessori. Hora dico circa gli particolari della visita che la chiesa del Signor Conte Gio Batta Ghellino ha la strada che passa per mezo Novoledo (verso ponente) à canto, a tramontana et è distante dalla Chiesa di Novoledo Parochiale circa un quarto di miglio, così vien ad esser la chiesa fabbricata dal sig. Conte, ritrovandosi appoggiata alla medesma casa a levante, et verso la sudetta Parochiale, lunga piedi 21, larga 15, onze 8; alta fin al friso piedi 13; con disegno di porvi l’altare verso mezodì havendo la porta verso tramontana nella sudetta strada; dal fianco con cui compartecipa la sudetta casa consta d’un forro ornato d’una pietra intagliata a fioramenti per li cui forri è disegno che li di casa et imparticolare le Signore habbiano da ascoltare la messa stando in un camino che sarà dissignato non ad altro che per tale effetto nel quale (essendo lungo quanto tutta la Chiesa et Sacrestia posta dietro il muro ove dovrà esser l’altare) disegna il detto Signor Conte fare l’uscio per poterla serar con maggior sicurezza stando dentro. Nel rimanente non ho che dirle di più, essendo solamente ordita, mentre riverisco Monsigniore Illustrissimo mio Signore et Patrono, et mi racomando, di Vostra Signoria molto Illustrissima et Eccellentissima affettuosissimo servidore pre’ Fran.co Losco. dì 10 feb. 1677» cfr. Pendin, p. 320
  3. ^ Pendin, p. 267.
  4. ^ a b c Pendin, p. 263.
  5. ^ Il Cevese nel suo Le ville della provincia di Vicenza afferma: «Opera tra le più ispirate ed intense di Giulio Carpioni» cfr. Pendin, p. 267

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Galdino Pendin, Storia di Caldogno, 2ª ed., Vicenza, La Serenissima, 1997.

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