Chiesa di Santa Maria de Lama

Chiesa di Santa Maria de Lama
StatoBandiera dell'Italia Italia
RegioneCampania
LocalitàSalerno
IndirizzoGradoni della Lama, 2, 84121 Salerno SA
Coordinate40°40′49.12″N 14°45′22.75″E / 40.68031°N 14.75632°E40.68031; 14.75632
ReligioneCattolica
TitolareMaria
Arcidiocesi Salerno-Campagna-Acerno
Stile architettonicoromanico
Inizio costruzioneX-XI secolo

La chiesa di Santa Maria de Lama è una delle più antiche chiese di Salerno. In essa vi sono le uniche (e frammentarie) testimonianze di pittura longobarda presenti in città.[1]

Storia[modifica | modifica wikitesto]

Nata probabilmente come cappella di fondazione privata di qualche nobile, la chiesa venne edificata quando la città era nel pieno della dominazione longobarda, vale a dire tra il X e l'XI secolo[2]; secondo i documenti era frequentata dagli amalfitani, il cui quartiere delle Fornelle si trova poco lontano da essa. Il nome de Lama è dovuto al torrente che scorre ancora adesso davanti all'edificio sotto il livello stradale[3].

Inizialmente la chiesa doveva essere costruita su un preesistente edificio romano del II secolo (forse delle terme), di cui rimangono alcune murature in opus reticulatum, e doveva presentare una pianta quadrata (tipica degli edifici di culto bizantini) e un ingresso rivolto a Sud: ciò che rimane di questo primo periodo è l'attuale cripta, in cui sono ancora visibili i resti di alcuni affreschi di fattura beneventana.

A causa di un evento naturale (un terremoto, o una delle tante inondazioni che colpirono la zona) nel XIII secolo la chiesa fu restaurata radicalmente: furono demolite le volte e sul precedente edificio (che divenne così cripta) fu costruita la chiesa attuale, con la pianta rivolta ad ovest. La chiesa nuova fu decorata con affreschi. Probabilmente i pavimenti dovevano essere decorati con mosaici cosmateschi simili a quelli ancora esistenti nella Cattedrale.

Dopo circa un secolo, la cripta cessò le sue funzioni, fu sigillata e divenne un sepolcreto, in cui i corpi venivano gettati da una botola nel pavimento. La chiesa superiore nel XVII sec. assunse la nuova denominazione di "Sant'Alfonso ai gradoni" e fu restaurata in stile barocco (cosa che comportò la perdita di quasi tutti gli affreschi e i mosaici), mentre sul lato sud s'impiantò la bottega di un carbonaio; poi fu chiusa cadendo in rovina e finendo diroccata (soprattutto a causa di vari eventi naturali, quali il sisma del 1980). Solo nel 1991 sono cominciati i lavori di restauro che hanno portato alla sua riapertura nel 1996.

Gli affreschi[modifica | modifica wikitesto]

Affresco con San Leonardo, già creduto Santa Radegonda

Gli affreschi della chiesa sono stati realizzati tra l'epoca longobarda (X-XI secolo) e il Basso Medioevo (XIII-XV secolo). I più antichi costituiscono le uniche (e frammentarie) testimonianze di pittura longobarda presenti in città.

X-XI secolo[modifica | modifica wikitesto]

Della costruzione longobarda resta soltanto l'attuale cripta, in cui sono ancora visibili i resti di alcuni affreschi di fattura beneventana raffiguranti i santi Bartolomeo e Andrea (quest'ultimo, in accordo con i canoni figurativi dell'epoca, non è presentato con la sua croce, ma quale semplice apostolo con donatore ai piedi).

XIII-XV secolo[modifica | modifica wikitesto]

Affresco con Santo Apostolo non identificato

Nel XIII secolo la chiesa fu restaurata radicalmente: furono demolite le volte e sul precedente edificio (che divenne così cripta) fu costruita la chiesa attuale, decorata con affreschi sulle pareti (tutti perduti, tranne qualche resto nelle absidi minori) e sulle colonne: su due di queste, sono ancora visibili uno stupefacente Ecce Homo forse ancora trecentesco e una Maddalena di scuola senese (metà del XV secolo).

Nella cripta, sempre funzionante nonostante il "declassamento", furono aggiunti nuovi affreschi, tutti del XIII secolo, raffiguranti i santi Stefano, Lorenzo e Leonardo[4], mentre tracce di una Madonna in trono con Bambino e Santi è ancora visibile sul lato nord. Altri due affreschi con figure di santi non identificati sono stati staccati dalla parete ovest e portati al locale Museo diocesano.

Stato di conservazione[modifica | modifica wikitesto]

Attualmente (2013) gli affreschi della cripta appaiono assai danneggiati: non tanto a causa delle infiltrazioni d'acqua (da non dimenticare che il torrente Lama, attualmente sotterraneo, scorre proprio lungo la parete O dell'edificio), ma a causa del cambiamento climatico della cripta. Per alcuni secoli infatti, questa era stata ermeticamente sigillata, e la presenza dell'acqua e del terriccio avevano creato un microclima che era rimasto pressoché costante ed inalterato. Con l'apertura della struttura al turismo e lo svuotamento dal fango e dai resti ossei che si estendevano in pratica fino al soffitto, i batteri dell'atmosfera esterna hanno attaccato gli affreschi, creando su di essi una pellicola biancastra di sali che stanno coprendo e corrodendo pian piano i colori e gli intonaci. Si sta cercando di porre un rimedio a questa situazione.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Ministero Beni Culturali: Chiesa di Santa Maria de Lama Archiviato il 2 giugno 2013 in Internet Archive.
  2. ^ La sicura esistenza di un primo edificio è testimoniata nel Codex diplomaticus Cavensis del 1055.
  3. ^ Il termine "lama" indica sia "acqua che s'impantana" sia "acqua che scorre".
  4. ^ è stato sempre creduto una santa Radegonda, per la errata lettura delle lettere ...E...O.N...D..., ma il culto della santa Radegonda (franca) era del tutto sconosciuto in queste terre di influenza longobarda; e poi l'attributo delle catene e l'abito da monaco sovrapporto a quello di un laico dichiarano la vera identità del Santo.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • A. D'Aniello, La chiesa di Santa Maria "della Lama" a Salerno. Gli affreschi, in "Apollo. Bollettino dei Musei Provinciali del Salernitano", n. 7, 1991, p. 45.
  • La chiesa di Santa Maria "de Lama", a cura di Paola Valitutti e Barbara Visentin, in "Visitiamo la città". Ciclo di visite guidate dell'ass. cult. Erchemperto per il Comune di Salerno, Salerno 2007

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