Cephalophus callipygus

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Cefalofo di Peters[1]
Stato di conservazione
Rischio minimo[2]
Classificazione scientifica
Dominio Eukaryota
Regno Animalia
Phylum Chordata
Classe Mammalia
Ordine Artiodactyla
Famiglia Bovidae
Sottofamiglia Cephalophinae
Genere Cephalophus
Specie C. callipygus
Nomenclatura binomiale
Cephalophus callipygus
Peters, 1876

Il cefalofo di Peters (Cephalophus callipygus Peters, 1876) è una piccola antilope originaria delle foreste pluviali dell'Africa centrale. Appartiene a un gruppo di timidi ed elusivi mammiferi africani, i cefalofi, che vengono quasi sempre avvistati di sfuggita mentre si tuffano al riparo tra la fitta vegetazione[3].

Descrizione[modifica | modifica wikitesto]

Con una lunghezza di 80–115 cm e un peso di 17–24 kg, quello di Peters è un cefalofo dalle dimensioni piuttosto grandi; il suo manto varia in colorazione dal fulvo chiaro al rosso-bruno vivo e al marrone scuro[4]; sulle spalle, lungo la spina dorsale, corre una larga banda scura che si allarga in prossimità dei fianchi posteriori. Qualunque sia la tinta del mantello, sulla fronte, tra le brevi corna appuntite, è presente un ciuffo di peli rosso-bruni. La fronte del cefalofo di Peters è la più rinforzata tra quelle di tutti gli altri cefalofi, con un rivestimento osseo che in alcuni maschi può raggiungere i 13 mm di spessore[4].

Distribuzione e habitat[modifica | modifica wikitesto]

Il cefalofo di Peters vive nell'Africa centrale, occupando una fascia che da Camerun e Gabon giunge fino a Kenya e Tanzania[2].

Si incontra nelle foreste equatoriali umide, sia di pianura che di montagna. Predilige le aree con un fitto sottobosco in cui trovare riparo[4].

Biologia[modifica | modifica wikitesto]

I cefalofi di Peters sono attivi solamente di giorno[4] e, come tutti i cefalofi, conducono vita riservata[3], trascorrendo gran parte del tempo nel fitto sottobosco, dove possono nascondersi da eventuali predatori[5]. La loro dieta è composta prevalentemente da frutta, spesso raccolta dal suolo della foresta[6], nonché da foglie[4] e da piccole quantità di fiori e funghi[6].

I cefalofi partoriscono un unico piccolo per volta, che trascorre le prime settimane di vita nascosto tra la vegetazione[3]. Si ritiene che i cefalofi di Peters siano animali territoriali[4], e le grandi ghiandole odorifere poste sotto a ogni occhio potrebbero in tal caso essere utilizzate per marcare il territorio, venendo strofinate sugli alberi[3].

Conservazione[modifica | modifica wikitesto]

Inserito dalla IUCN tra le specie a basso rischio, il cefalofo di Peters è molto vulnerabile all'impatto venatorio[2]. È la terza specie cacciata più frequentemente per il bushmeat nel Gabon, dove questo particolare tipo di carne costituisce un'importante fonte di proteine sia per la popolazione urbana che per quella rurale[5], mentre nella Repubblica Centrafricana appartiene a questa specie il 29% degli animali catturati nelle trappole[7]. Perfino con stime di densità di popolazione ottimistiche, è chiaro che un prelievo di questo livello è insostenibile per questo animale[7]. Il futuro del cefalofo di Peters, inoltre, è minacciato dalla perdita e dal degrado dell'habitat forestale in cui vive, a causa dello sviluppo degli insediamenti umani e delle infrastrutture[2].

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ (EN) D.E. Wilson e D.M. Reeder, Cephalophus callipygus, in Mammal Species of the World. A Taxonomic and Geographic Reference, 3ª ed., Johns Hopkins University Press, 2005, ISBN 0-8018-8221-4.
  2. ^ a b c d (EN) IUCN SSC Antelope Specialist Group 2008, Cephalophus callipygus, su IUCN Red List of Threatened Species, Versione 2020.2, IUCN, 2020.
  3. ^ a b c d Ralls, K. and Kranz, K. (2006) Duikers. In: Macdonald, D.W. (Ed) The Encyclopedia of Mammals. Oxford University Press, Oxford.
  4. ^ a b c d e f Kingdon, J. (1997) The Kingdon Field Guide to African Mammals. Academic Press Ltd, London.
  5. ^ a b East, R. (1988) Antelopes: Global Survey and Regional Action Plans. Part 3: West and Central Africa. IUCN, Gland, Switzerland.
  6. ^ a b Wilson, V.J. (2005) Duikers of Africa: Masters of the African Forest Floor. Zimbi Books, Pretoria, South Africa.
  7. ^ a b Noss, A.J. (1998) The Impacts of Cable Snare Hunting on Wildlife Populations in the Forests of the Central African Republic. Conservation Biology, 12(2): 390 - 398.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

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