Brixia (archeologia)

Voce principale: Storia di Brescia.
Brixia
Brescia
La Vittoria alata di Brescia, simbolo della città romana.
Localizzazione
StatoBandiera dell'Italia Italia
Dimensioni
Superficie4 000 
Amministrazione
EnteComune di Brescia
Sito webwww.architettonicibrescia.lombardia.beniculturali.it/
Mappa di localizzazione
Map

Brixia (l'odierna Brescia in Lombardia) fu fondata dai Galli Cenomani nel VII secolo a.C. Successivamente, a cavallo tra III e II secolo a.C., subì un progressivo processo di colonizzazione da parte della Repubblica romana, giungendo nell'89 a.C. a ottenere lo stato di municipium di diritto latino, nel 49 a.C. la cittadinanza romana per i suoi abitanti e, nel 27 a.C., lo stato di colonia romana.

Toponimo[modifica | modifica wikitesto]

Il nome latino Brixia (e anche la variante greca Vrixia, "Βρηξία") è ben documentato in epoca classica (Catullo, Livio, Plinio il Vecchio,[1] Strabone,[2] Tacito[3] ed altri). Viene fatto solitamente risalire al termine celtico *brik/*brig (sommità, colle, altura) con vari riscontri in altre aree di influenza celtica (Bressa in Gallia, Brexa in Spagna, Bressanone in Italia)[4].

Storia[modifica | modifica wikitesto]

Origine[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Galli Cenomani.

La zona dove sorse la città romana era frequentata fin dall'età del Bronzo (III millennio).

Tra le leggendarie origini vi è chi fa risalire le origini di Brescia ad Ercole, ipotizzate già in età medievale.[5] Vi è invece chi ne fa risalire la fondazione a Troe.[6][7] La storiografia moderna appoggia quella per la quale il re dei Liguri Cidno, nella tarda età del bronzo, invase la pianura Padana e, giunto presso il colle Cidneo al centro dell'attuale Brescia, ne fortificò la cima, nel punto in cui dalla prima età medievale sorge il castello. Altri ancora sostengono che i primi abitanti del territorio bresciano furono gli Etruschi, che si stanziarono dunque nella pianura cispadana.[8]

L'evento di maggior importanza per la storia bresciana fu però l'invasione dei Galli Cenomani (IV secolo a.C.), i quali, con l'ausilio degli Insubri, a loro volta stanziatisi in quella che oggi è la Lombardia occidentale, s'insediarono nella regione compresa tra l'Adige e l'Adda, facendo della futura Brixia la loro capitale.[8]

Sobillate da Annibale, Asdrubale e Magone, intorno al 202 a.C. le tribù celtiche della Pianura Padana crearono una confederazione contro i Romani. Questa confederazione mosse guerra contro gli stanziamenti Romani nella pianura cis-padana; i Cenomani però, appena prima della battaglia, si allearono nuovamente e segretamente con i Romani (con i quali avevano già combattuto nel 225 a.C. le altre tribù galliche e nel 218 a.C. i Cartaginesi al Trebbia[9]) ed il giorno seguente attaccarono alle spalle gli Insubri, provocandone la totale disfatta.[10] Pochi anni più tardi, unirono le loro armi con quelle degli Insubri e, dopo essere stati sconfitti da parte del console Gaio Cornelio Cetego (197 a.C.), presentarono la loro sottomissione, continuando ad essere fedeli alleati dei Romani.[11] Questa battaglia dunque diede inizio all'età romana.

Periodo romano-repubblicano (89-31 a.C.)[modifica | modifica wikitesto]

Dal 196 a.C. hanno inizio per Brescia prolifici rapporti con Roma, benché comunque la città mai fu soggetta ad una vera e propria occupazione, quanto piuttosto ad una sorta di alleanza.[12] Questa stessa alleanza permise infatti a Brescia, nell'89 a.C., grazie alla lex Iulia de civitate (che conferiva la pienezza del diritto romano, assegnandola alla tribù Fabia[13]) di diventare a tutti gli effetti un municipium, ottenendo così il diritto latino. Ciò fu possibile anche e soprattutto per aver aiutato i Romani, insieme a Veneti, Galli e Liguri, a sconfiggere i socii Italici. Nel 49 a.C., allo scoppio della guerra civile, Aulo Gabinio fu richiamato da Cesare e gli fu affidato il comando delle operazioni nell'Illirico. Brixia divenne così parte del territorio romano ed ai suoi abitanti venne data la cittadinanza romana.[14] Non a caso sappiamo del passaggio della legio X Veneria dalla città in questo periodo.[15]

In epoca repubblicana il mondo "cenomane" godette di grande autonomia, poté auto-amministrarsi, battere moneta propria, mantenere una propria "cultura", ma con l'acquisizione della cittadinanza romana scomparve la dicitura "Cenomani" in favore di quella di "Brixiani".[16]

Archeologia di Brixia repubblicana[modifica | modifica wikitesto]

L'ampia terrazza che si estende tra il colle Cidneo ed il decumanus maximus cittadino, fu da sempre la sede religiosa della città. Qui a partire dal II secolo a.C. fu costruito un primo santuario per suggellare l'alleanza tra Romani e Galli Cenomani, che venne demolito quando Brixia divenne municipium di diritto latino nell'89 a.C. Fu quindi ricostruito in epoca sillana (in quattro celle, dipinte con affreschi del secondo stile pompeiano, con colonne di tipo corinzio[17]) e scoperto nel 1956 (e scavato fino al 1961) sotto l'attuale pronao del Capitolium (di epoca flavia). Misurava 8,30 metri di larghezza e 10 di lunghezza totali, mentre le celle si ergevano su un podio alto 2 metri.

Periodo romano alto-imperiale (30 a.C.-285 d.C.)[modifica | modifica wikitesto]

La Brixia romana di età augustea divenne colonia romana nel 27 a.C. con il nome di Colonia civica Augusta Brixia.[18] Divenne, inoltre, un importante centro religioso, inserito amministrativamente nella Regio X Venetia et Histria. Un altro aspetto da considerare è la condizione economica Bresciana durante l'epoca imperiale. Se da un lato vi fu un forte sviluppo economico, dall'altro la povertà di certe popolazioni rurali spinse un gran numero di bresciani ad arruolarsi nelle legioni; in particolare molti bresciani vennero arruolati nella Legio VI Ferrata.

In epoca romana il territorio di Brescia era attraversato da un'importante strada romana, ovvero la via Gallica, che collegava i maggiori municipia della Pianura Padana iniziando a Gradum (Grado) e terminando a Augusta Taurinorum (Torino).

Brixia era uno dei due terminali della via Mediolanum-Brixia, che la collegava a Mediolanum (l'odierna Milano) passando anche da Cassianum (Cassano d'Adda), e della via Brixiana, strada romana consolare che metteva in comunicazione il porto fluviale di Cremona (lat. Cremona), che si trovava lungo il fiume Po (lat. Padus), con Brescia (lat. Brixia), da cui passavano diverse strade romane che si diramavano verso l'intera Gallia Cisalpina (lat. Gallia Cisalpina).

Archeologia di Brixia alto imperiale[modifica | modifica wikitesto]

La Brescia romana acquisì l'assetto urbanistico definitivo, ancora visibile nel periodo tardo-antico, sotto gli Imperatori Augusto e Tiberio, che la dotarono di un paio di acquedotti,[19] poderose mura,[20] un impianto viario ortogonale attorno ai due maggiori assi (cardo maximus e decumanus maximus[21]) ed una prima serie di imponenti edifici pubblici (sviluppati soprattutto a partire da Vespasiano). Sappiamo inoltre che sempre in questo periodo fu eretto un grande tempio, che sorgeva dove attualmente si trova l'imponente fortezza medievale (sul colle Cidneo, santuario della città antica), le cui dimensioni dovevano corrispondere all'odierno mastio visconteo.

Il Capitolium, tempio romano posizionato nella parte nord del foro romano della città, insieme al vicino teatro, costituiva il più importante complesso cittadino edificato nel I secolo in epoca imperiale. Il tempio fu innalzato, sopra il precedente santuario repubblicano, per ordine di Vespasiano tra il 73 e il 74. La sua "paternità" è confermata dalla scritta originale riportata sul frontone: IMP CAESAR VESPASIANUS AUGUSTUS, PONT MAX, TR POTEST IIII, IMP X, P(ater) P(atriae) COS IIII / CENSOR.[22] Esso fu realizzato sopra un precedente tempio repubblicano e la sua edificazione si deve alla vittoria dell'Imperatore sul generale Vitellio, nella pianura tra Goito e Cremona.[23] Qui potrebbe essere stata collocata la statua bronzea della Vittoria alata, uno dei reperti antichi meglio conservati (oggi nel Museo di Santa Giulia di Brescia). L'opera, rinvenuta nel 1826 assieme ad altri manufatti bronzei, era creduta essere un'opera interamente del I secolo; in base agli studi più recenti la statua è stata riconosciuta come un "pastiche" antica, creata sotto l'imperatore Vespasiano, unendo ad un originale ellenistico del III secolo a.C. (una Afrodite che si specchia nello scudo di Ares), un paio d'ali, in modo da farne una "Vittoria che scrive sullo scudo il nome del vincitore". A questo scopo fu anche sostituito il braccio destro per mutarne la posizione. La basilica, posizionata lungo il lato meridionale del foro, fu ricostruita in epoca flavia su una precedente struttura di epoca augustea. Era di dimensioni ragguardevoli (47 metri di lunghezza X 19 di larghezza) e serviva ad amministrare la giustizia ed a regolare il commercio della zona.

Il teatro fu costruito in epoca flavia, come il vicino Capitolium (al quale era collegato mediante un porticato), e rimaneggiato durante il principato di Settimio Severo, nel III secolo. E sempre al periodo alto-Imperiale apparterrebbero alcune delle domus dell'Ortaglia, rinvenute negli orti (ortaglia) del monastero di Santa Giulia. Facevano parte della zona residenziale alle pendici terrazzate del colle Cidneo, racchiusa tra l'area monumentale romana, comprendente il foro e il Tempio Capitolino, e le mura romane.

E sempre all'epoca flavia appartengono le terme romane pubbliche rinvenute sotto palazzo Martinengo. Della struttura rimane parte di una vasca monumentale (caldarium), dove il pavimento è coperto da uno strato di cocciopesto, mentre le pareti erano ricoperte da marmi multicolori, dei quali si conservano numerosi frammenti. L'impianto termale doveva essere ancora attivo in età tardoantica.

Capitolium, foro e basilica
Teatro
Domus

Periodo romano tardo-imperiale (286-476 d.C.)[modifica | modifica wikitesto]

Nel 402 Brescia venne travolta delle orde gotiche di Alarico, fu saccheggiata dagli Unni di Attila nel 452, mentre nel 476 un guerriero Turclingio di nome Odoacre, alla testa di un esercito di Eruli, conquistò la pianura transpadana portando alla fine dell'Impero e facendo entrare Brescia nel suo dominio. Il Regno di Odoacre finì con l'avanzata degli Ostrogoti guidati dal loro re Teodorico poi detto il grande che nel 493 espugnò Brescia facendone uno dei suoi maggiori insediamenti insieme alla vicina Verona.

Durante la Guerra gotica (535-553), Brescia, guidata probabilmente[24] dal conte goto Widin, fu, insieme alla vicina Verona, una delle ultime due città a resistere ai Bizantini, cadendo nelle mani di Narsete solo nel corso del 561/562.[25]

Archeologia di Brixia tardo imperiale[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Ritratti romani bronzei di Brescia.

A questo periodo o comunque al tardo III secolo, apparterrebbero i cosiddetti ritratti bronzei di Imperatori romani (quattro dei quali apparterrebbero ai cosiddetti Imperatori illirici), che furono scoperti nel 1826 presso il Capitolium e conservati presso il Museo di Santa Giulia.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Plinio il Vecchio, Naturalis Historia, III, 19.
  2. ^ Strabone, Geografia, V, 6.
  3. ^ Cornelio Tacito, Historiae, III, 27.
  4. ^ Alfredo Valvo, La Storia della città in L'età romana, Pag. 11.
  5. ^ Malvezzi, pp. 101-102.
  6. ^ In tale ipotesi, Troe scappò da Troia in fiamme e giunse presso il luogo ove ora sorge Brescia, fondandovi Altilia, vale a dire l'altra Ilio e quindi l'altra Troia.
  7. ^ Malvezzi, p. 104.
  8. ^ a b "Le origini" su "Brescia Story", su bresciastory.it. URL consultato il 7 ottobre 2009 (archiviato dall'url originale il 29 settembre 2009).
  9. ^ Polibio, Storie, II, 23, 24, 32.
  10. ^ CIL VI, 40946.
  11. ^ Tito Livio, Ab Urbe condita libri, XXXI, 10; XXXII, 30; XXXIX, 3.
  12. ^ Abeni, La storia bresciana, Brescia, Del Moretto, 1984.
  13. ^ CIL V, 4459.
  14. ^ Cassio Dione Cocceiano, Storia romana, XLI, 36.
  15. ^ CIL V, 4191, CIL V, 4377.
  16. ^ CIL V, 4186, CIL V, 4355, CIL V, 4459, CIL V, 4485 e AE 1952, 136.
  17. ^ Il numero di quattro celle del santuario repubblicano lascia intendere che il tempio era dedicato alla triade capitolina oltre ad una divinità locale.
  18. ^ AE 1996, 726, CIL V, 4202, CIL V, 4212 e AE 2006, 463.
  19. ^ CIL V, 4307: i due acquedotti costruiti al tempo di Augusto e Tiberio portavano le acque dalla Val Trompia (aqua Salsa) e da Mompiano.
  20. ^ Le mura della città di Brescia romana misuravano circa 3 chilometri. Racchiudevano un'area di 29 ettari (per 9.000 abitanti stimati), a forma di pentagono irregolare, con al centro il grande foro (di 139 metri di lunghezza nord-sud X 40 metri di larghezza est-ovest), il Capitolium ed il colle Cidneo. Unica porta sopravvissuta è quella chiamata Portula Sancti Eusebii.
  21. ^ Il cardo maximus era orientato nord-sud e conduceva a Cremona; il decumanus maximus era orientato est-ovest, correva lungo l'attuale via dei Musei e conduceva a Verona ed a Bergamo attraverso la cosiddetta Via Gallica.
  22. ^ CIL V, 4312.
  23. ^ Cornelio Tacito, Historiae, III, 26-33.
  24. ^ La frammentarietà e la scarsità delle fonti non permettono di dare assoluta certezza al fatto che la guerra condotta da Narsete contro il goto Widin e il franco Amingo sia collegabile alla rivolta di Verona e Brescia; comunque la coincidenza di date (561/562) e della regione in cui avvennero gli scontri (Venetia et Histria) rendono probabile la connessione. Menandro Protettore, frammento 8, sostiene che nel 561 ca. Narsete inviò al condottiero franco Amingo due ambasciatori affinché lo convincessero a permettere ai Bizantini il passaggio del fiume Adige, ma Amingo rifiutò. Paolo Diacono (Historia Langobardorum, II,2) narra infatti che Amingo si era alleato con Widin, condottiero goto rivoltatosi a Narsete, e che i due si scontrarono in battaglia con Narsete, uscendone sconfitti: Widin venne esiliato a Costantinopoli, mentre Amingo «fu ucciso dalla spada di Narsete». La cronaca di Giovanni Malala, fonte di Teofane Confessore e Giorgio Cedreno, riporta poi che nel novembre 562 giunse a Costantinopoli la notizia che Narsete aveva espugnato Verona e Brescia, ma senza collegarla agli scontri con Widin e Amingo. La connessione tra i due avvenimenti è suggerita da PLRE IIIb, p. 923, dove avanza l'ipotesi che Widin fosse comandante del presidio goto di Verona.
  25. ^ Agnello, in Liber Pontificalis Ecclesiae Ravennatis 79, riporta la data della presa di Verona: il 20 luglio 561; mentre la notizia dell'espugnazione delle due città arrivò a Costantinopoli nel novembre 562 (cfr. Giovanni Malala, 492; Teofane Confessore, A.M. 6055; Cedreno I, 679).

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

Fonti primarie[modifica | modifica wikitesto]

Fonti secondarie[modifica | modifica wikitesto]

  • Giacomo Malvezzi, Le cronache medievali, a cura di Gabriele Archetti, traduzione di Irma Bonini Valetti, Roma, Studium, 2016, ISBN 978-88-382-4439-1.

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

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