Brahmodya

Con il termine sanscrito Brahmodya (devanāgarī: ब्रह्मोद्य; lett. "discutere intorno al brahman") si indica nella cultura hindū quelle discussioni vivaci, quelle rivalità sulle dottrine, proprie delle questioni religiose o sacre.

In particolare, in riferimento al sacrificio vedico, lo yajña, esso consiste nella contesa rituale tra i sacrificanti.

Secondo Jan C. Heesterman[1] il sacrificio vedico era infatti di tipo "agonistico". Il ruolo centrale in questo caso era affidato al deva Indra e il procedimento sacrificale prevedeva gare tra carri e competizioni verbali (brahmodya) tra gli officianti dove «è in ballo la spartizione della vita e della morte fra i partecipanti»[2].

Sempre secondo Jean C. Heesterman[3] anche la nozione del Brahman è collegato, nelle quattro raccolte degli inni dei Veda, alla contesa verbale, ovvero al rito del Brahmodya propria della cultura vedica con particolare riferimento al sacrificio del cavallo (aśvamedha). In questo contesto, prima del sacrificio i due officianti si sfidavano con domande enigmatiche, colui che riusciva a risolverle affermava di sé stesso:

(SA)

«brahmayāṃ vācaḥ paramaṃ vyoma»

(IT)

«questo brahman è il cielo più alto della parola»

Jan C. Heesterman ricorda come queste contese non erano affatto pacifiche, il concorrente che insisteva a sfidare il vincitore con ulteriori enigmi avrebbe pagato con la sua testa i suoi affronti.

La Bṛhadāraṇyaka Upaniṣad, probabilmente la più antica Upaniṣad, attribuibile ad un periodo compreso tra il IX e l'VIII secolo a.C.[4], contiene nel terzo adhyāya ("lettura") un esempio, in questo caso upaniṣadico, di brahmodya. Questo l'avvio:

(SA)

«janako ha vaideho bahudakṣiṇena yajñeneje
tatra ha kurupañcālānāṃ brāhmaṇā abhisametā babhūvuḥ
tasya ha janakasya vaidehasya vijijñāsā babhūva - kaḥ svid eṣāṃ brāhmaṇānām anūcānatama iti
sa ha gavāṃ sahasram avarurodha
daśadaśa pādā ekaikasyāḥ śṛṅgayor ābaddhā babhūvuḥ
tān hovāca - brāhmaṇā bhagavanto yo vo brahmiṣṭhaḥ sa etā gā udajatām iti
te ha brāhmaṇā na dadhṛṣuḥ
atha ha yājñavalkyaḥ svam eva brahmacāriṇam uvāca - etāḥ saumyodaja sāmaśravā iti
tā hodācakāra
te ha brāhmaṇāś cukrudhuḥ: - kathaṃ nu no brahmiṣṭho bruvīteti
atha ha janakasya vaidehasya hotāśvalo babhūva
sa hainaṃ papraccha -- tvaṃ nu khalu no yājñavalkya brahmiṣṭho 'sīiti
sa hovāca - namo vayaṃ brahmiṣṭhāya kurmo gokāmā eva vayaṃ sma iti
taṃ ha tata eva praṣṭuṃ dadhre hotāśvalaḥ»

(IT)

«Un tempo Janaka, re di Videha, preparò un sacrificio con ricchi doni per i sacerdoti e nell’occasione si radunarono i brahmani delle tribù dei Kuru e dei Pañcāla. Janaka di Videha ebbe il desiderio di saper qual fosse il più dotto tra i brahamani. Rinchiuse allora in un recinto mille vacche e alle corna di ciascuna erano attaccate dieci monete [d'oro]. Poi egli disse [ai convenuti] : «Venerabili brahmani Chi tra voi è il più dotto brahmano si porti via queste vacche». Ma i brahmani non osarono. Allora Yājñavalkya disse al suo discepolo: «Sāniaśravas, caro, portale via!  ». E quello così fece. Ma i brahmani s'adirarono e dissero: «Come può mai dire d'essere il più dotto brahmano tra noi? ». Il cappellano di Janaka di Videha era Aśvala, il quale gli chiese: «Tu, o Yājñavalkya, sei dunque tra noi il più dotto brahmano?». E quegli rispose: «Noi siamo pronti a rendere omaggio al più dotto brahmano, ma noi desideriamo le vacche (perché crediamo d'essere i migliori)». Allora il cappellano Aśvala cominciò a interrogarlo:»

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Jan C. Heesterman. Il mondo spezzato del sacrificio. Studio sul rituale nell'India antica. Milano, Adelphi, 2007
  2. ^ Jan C. Heesterman. Op. cit. pag. 15
  3. ^ Op. cit.
  4. ^ Questa è la datazione assegnata alle prime Upaniṣad dagli studiosi contemporanei, cfr., tra gli altri, Gianluca Magi. Enciclopedia Filosofica vol. 12. Milano, Bompiani, 2006, pag.11935; William K. Mahony. Enciclopedia delle Religioni vol.9 Milano, Jaca Book, 2004 pag.407; Mario Piantelli. In (a cura di Giovanni Filoramo) Hinduismo. Bari, Laterza, 2002, pag. 6; Margaret Sutley e James Sutley. Dizionario dell'Induismo. Roma, Ubaldini, 1980, pag.453; Anna L. Dallapiccola. Induismo. Milano, Bompiani, 2005, pag.273.
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