Biagio Lammoglia

Biagio Lammoglia
NascitaMaratea, 25 novembre 1891
MorteMessina, 5 settembre 1967
Dati militari
Paese servitoBandiera dell'Italia Italia
Forza armataRegio Esercito
CorpoFanteria
Reparto154º Reggimento fanteria "Novara"
Anni di servizio1915-1918
GradoCaporale maggiore
GuerrePrima guerra mondiale
BattaglieDecima battaglia dell'Isonzo
Decorazionivedi qui
dati tratti dall'articolo Biagio Lammoglia, in Il Lucano magazine n.12, dicembre 2013[1]
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Biagio Lammoglia (Maratea, 25 novembre 1891Messina, 5 settembre 1967) è stato un militare italiano che come caporale del 154º Reggimento fanteria "Novara" durante la prima guerra mondiale fu decorato con la medaglia d'oro al valor militare a vivente..

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

Nacque a Maratea il 25 novembre 1891,[1] figlio di Giovanni, di professione calderaio, e Filomena Panza. Ultimata la scuola elementare, iniziò giovanissimo a lavorare come contadino, accompagnando quando poteva il padre nelle fiere paesane per aiutarlo a vendere i suoi prodotti.[N 1] Dopo la morte della madre, a causa delle condizioni di indigenza la famiglia[N 2] emigrò in Brasile per lavorare, mentre lui raggiunse uno zio in Francia.[1] Due anni dopo raggiunse il resto della famiglia in Brasile, per scoprire che nel frattempo il padre era morto.[1] Rientrò in Patria dopo lo scoppio della guerra con l'Austria-Ungheria, arruolandosi presso il distretto militare di Potenza il 14 agosto 1915.[1] Mandato subito al fronte, il 24 novembre raggiunse il 154º Reggimento fanteria della Brigata "Novara" in zona di operazioni.[2] Si distinse particolarmente durante le operazioni belliche, prendendo parte all'attacco ai forti che difendevano Folgaria, e alla conquista di Monte Cimone di Tonezza.[2] Promosso caporale (23 agosto 1916), partecipò alla conquista di Gorizia.[2] Combatté nelle trincee del Carso durante la decima battaglia dell'Isonzo, e come portaordini eseguì rischiose missioni. L'8 giugno 1917 fu colpito ad un occhio[3] che gli fu quasi completamente asportato, ma eseguì lo stesso la sua missione.[2] Consegnato il messaggio si offrì volontariamente di ritornare indietro per consegnare la risposta al comando di reggimento,[4] pur con l'occhio in quelle condizioni, e solo una volta portato a termine il suo compitò accettò di essere medicato.[N 3] per il coraggio dimostrato in quel frangente fu decretata la concessione della Medaglia d'oro al valor militare, la più alta decorazione italiana, e fu promosso caporale maggiore (10 settembre 1917).[2] A causa della gravissima ferita fu posto in congedo assoluto il 15 gennaio 1918[5]

Dopo la fine della guerra ritornò in Brasile, dove si sposò, ma qualche tempo dopo rientrò definitivamente in Italia, stabilendosi a Messina dove morì il 5 settembre 1967.[5] Su sua richiesta fu sepolto nella sua città natale, e per onorarne la memoria il 24 maggio 1998 gli venne intitolata la piazza di Massa di Maratea.[5]

Onorificenze[modifica | modifica wikitesto]

Medaglia d'oro al valor militare - nastrino per uniforme ordinaria
«Coraggioso fino alla temerità, e già distintosi nei vari combattimenti per spirito aggressivo, prontezza nell’azione e sprezzo d’ogni pericolo, durante un attacco notturno, sempre presente ove il rischio era maggiore e dove urgeva l’opera di un ardimentoso, servì da informatore, da portatore di ordini, da comandante di squadra, esempio costante di serenità e di coraggio. Ferito, con un occhio quasi completamente asportato, anziché curarsi di sé, soccorse il suo comandante di compagnia, pure ferito, e trascinatosi poi da solo al posto di medicazione, appena fasciato, si recò al comando di battaglione per riferire sull’andamento dell’azione, offrendosi pure di recapitare un avviso al comando del reggimento. Castagnevizza, 8 giugno 1917.»
— 10 settembre 1917

Note[modifica | modifica wikitesto]

Annotazioni[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Si trattava di caldaie, bracieri, pentole, mestoli, paioli, scaldaletti, e tegami, tutti prodotti in proprio.
  2. ^ Il padre e il suo fratello.
  3. ^ In quei giorni si combatteva strenuamente a Castagnevizza, Flondar, sulle foci del Timavo, a Hudi Log, a Fiamiano, sul Dosso Faiti, a Quota 208 nord e sud, sul San Michele, nel Vallone di Doberdò, e a Quota 85. Migliaia di soldati di ambo le parti perirono in quei momenti.

Fonti[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b c d e Matassini 2013, p. 67.
  2. ^ a b c d e Matassini 2013, p. 68.
  3. ^ Pallavicini 1919, p. 291.
  4. ^ Pallavicini 1919, p. 292.
  5. ^ a b c Matassini 2013, p. 69.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Luigi Cadorna, La guerra alla fronte italiana. Vol. 1, Milano, Fratelli Treves editori, 1921.
  • Luigi Cadorna, La guerra alla fronte italiana. Vol. 2, Milano, Fratelli Treves editori, 1921.
  • Alberto Cavaciocchi, Andrea Ungari, Gli italiani in guerra, Milano, Ugo Mursia Editore s.r.l., 2014.
  • Paolo Pallavicini, La guerra italo-austriaca, 1915-1918, New York, Società editrice Italiana, 1919.
  • (EN) John R. Schindler, Isonzo: The Forgotten Sacrifice of the Great War, Westport, Praeger Publishers, 2001, ISBN 0-275-97204-6.

Periodici[modifica | modifica wikitesto]

  • Vincenzo Matassini, Biagio Lammoglia, in Il Lucano Magazine, n. 12, Potenza, Lucana Editoriale s.r.l., dicembre 2013, p. 67-69.