Automotrici SB AC 1-4

SB AC 1 ÷ 4
poi FS / SAFT
Automotrice
Elettromotrice in sosta a Bolzano
Anni di costruzione 1903, 1911
Anni di esercizio 1903-1963
Quantità prodotta 4
Costruttore Grazer Waggonfabrik
Lunghezza 10.350 mm
Altezza 3.650 mm
Capacità 20 posti a sedere
Scartamento 1.435 mm
Interperno 5.000 mm (passo rigido)
Massa in servizio 17,7 t
Rodiggio B
Diametro ruote motrici 980 mm
Potenza continuativa 175 kW (continuativa)
250 kW (oraria)
Velocità massima omologata 30 km/h
Alimentazione elettrica da linea aerea
1200 V cc
Dati tratti da:
Cornolò, op. cit., p. 293

Le automotrici AC 1 ÷ 4 della Südbahn erano una serie di automotrici elettriche, in servizio sulla ferrovia Bolzano-Caldaro.

Storia[modifica | modifica wikitesto]

Le prime due automotrici della serie, numerate 1 e 2, furono costruite nel 1903 dalla Grazer Waggonfabrik, con parte elettrica Ganz, e destinate all'esercizio del prolungamento da Caldaro a Sant'Antonio, caratterizzato da forti pendenze e pertanto elettrificato a 650 V cc[1].

Nel 1911 venne attivata la trazione elettrica sull'intera linea, ma con tensione aumentata a 1.200 V, e pertanto le due elettromotrici vennero modificate nell'equipaggiamento elettrico; contemporaneamente furono costruite altre due unità identiche, numerate 3 e 4[2].

Con l'annessione all'Italia dell'Alto Adige (1918) l'esercizio della linea fu assunto provvisoriamente dalle Ferrovie dello Stato, che lo cedettero nel 1923 alla Società Anonima Ferrovia Transatesina di Bolzano[3].

Nel 1934 i primi chilometri della linea, comuni con la linea Bolzano-Merano delle FS, furono trasformati con alimentazione elettrica da terza rotaia, al fine di consentire l'elettrificazione a corrente alternata trifase della linea statale. Pertanto le automotrici ricevettero anche delle prese di corrente a pattino, poste sui carrelli[3]. Tale sistema perdurò anche dopo la conversione della Bolzano-Merano alla corrente continua nel 1953[3].

La Bolzano-Caldaro venne chiusa al traffico passeggeri e de-elettrificata nel 1963; le automotrici vennero accantonate e demolite[3].

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Cornolò, op. cit., p. 291
  2. ^ Cornolò, op. cit., p. 292
  3. ^ a b c d Cornolò, op. cit., p. 293

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

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