Aristeo

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Aristeo
François Joseph Bosio, Aristée, dieu des jardins, 1817, Louvre, Parigi
Nome orig.Ἀρισταῖος
Caratteristiche immaginarie
Speciedivinità
Sessomaschio
Professionedivinità della pastorizia, del miele, del formaggio e della coltivazione delle olive

Aristeo (in greco antico: Ἀρισταῖος?, Aristàios) è un personaggio della mitologia greca, figlio di Apollo e della principessa Cirene, il cui padre era il re dei Lapiti Ipseo (in altre versioni è figlio di Cliene).

Il mito[modifica | modifica wikitesto]

La nascita di Aristeo avvenne in Libia. Ermes assistette al parto e le sue ninfe si presero cura dell'infante insegnandogli l'arte della pastorizia, come produrre il formaggio, l'apicoltura e la coltura dell'ulivo[1]. Educato dal centauro Chirone alla guerra e alla caccia, egli dedicò la sua vita ad allevare api e a fare il pastore[2].
Una volta diventato adulto, sposò Autonoe e da questa unione nacque Atteone. Si trasferì in Beozia dove apprese dalle Muse le tecniche di caccia, la medicina e come custodire le greggi. Amava così intensamente Euridice da tentare di farla sua poco prima che andasse in sposa a Orfeo: nell'inseguimento che seguì Euridice riuscì più volte a sfuggirgli, finché accidentalmente calpestò un serpente velenoso che la uccise con il proprio morso.
Per vendetta, le altre ninfe distrussero i suoi alveari. Cirene, sua madre, consigliò allora ad Aristeo di placarne l'ira offrendo loro dei capi di bestiame, lasciandoli sul suolo e tornando sul luogo dopo nove giorni. Così fece ed al suo ritorno trovò uno sciame d'api nelle carcasse (secondo un fenomeno chiamato bugonìa) che lo ripagò ampiamente della perdita subita.

Dopo la tragica morte del figlio Atteone, divorato dai suoi cani, Aristeo si ritirò nell'isola di Coo su consiglio di un oracolo di Apollo[3]. La trovò devastata dalla peste, per cui l'eroe fermò l'epidemia con un sacrificio a nome di tutti i Greci[4] e si dedicò a farla ripopolare e a trasmettere le sue conoscenze alla popolazione[5]. Egli stesso lasciò due figli a Cos: Charmos (Grazia) e Callicarpo (Bel frutto)[6]. Andò poi in Sardegna – passando dalla Libia – e fu il primo che la civilizzò[7][8][9]; passò poi in Sicilia, dove portò anche lì la sua conoscenza della coltivazione dell'ulivo agli abitanti[10]. Finalmente si trasferì in Tracia, ove Dioniso lo prese a benvolere e gli trasmise molte conoscenze e lo iniziò ai riti segreti. Infine si stabilì sul monte Emo per poi scomparire senza che se ne abbia più notizia[2][11].

Aristeo venne onorato come un dio in molte località della Grecia per aver insegnato agli uomini l'apicoltura, la produzione del formaggio e la pastorizia. Particolare onore aveva in Sicilia, dov'era una delle divinità campestri, con una statua eretta a Siracusa nel tempio di Bacco[2].

Venne talvolta assimilato al dio Pan.

Il culto di Aristeo era diffuso anche presso le popolazioni nuragiche della Sardegna[12][13], ciò lo dimostra una statuina raffigurante il dio rinvenuta a Dule[5][14], nel territorio di Oliena. È considerato il fondatore della città di Cagliari quando giunse in Sardegna dalla Beozia, come narra lo scrittore latino Gaio Giulio Solino[15]. Aristeo introdusse in Sardegna l'arte di far il formaggio, l'olio, e il modo di allevare le api per averne il miele e la cera[14]; riappacificò le popolazioni indigene in lotta fra di loro e fondò appunto la città di Caralis, sulla quale in seguito regnò. Secondo Sallustio e Pausania, Aristeo venne accompagnato in Sardegna da Dedalo[9][16], malgrado l'evidente anacronismo[17]. Dedalo sarebbe l'artefice delle imponenti opere dedalee (i Nuraghe) presenti sull'isola[18][19].

Genealogia[modifica | modifica wikitesto]


Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Diodoro Siculo, IV, 81, 2.
  2. ^ a b c F. S. Villarosa, Dizionario mitologico-storico-poetico, vol. I, Napoli, Tipografia Nicola Vanspandoch e C., 1841, p. 44.
  3. ^ Diodoro Siculo, IV, 82, 1.
  4. ^ Diodoro Siculo, IV, 82, 2.
  5. ^ a b ll ritrovamento di Aristeo a Dule, su Comune di Oliena. URL consultato il 9 ottobre 2018.
  6. ^ Diodoro Siculo, IV, 82.
  7. ^ Diodoro Siculo, IV, 82, 4.
  8. ^ Pausania, X, 17,3.
  9. ^ a b Sallustio, II, fr. 6 Maurenbrecher.
  10. ^ Diodoro Siculo, IV, 82, 5.
  11. ^ Diodoro Siculo, IV, 82, 6.
  12. ^ Aristeo, su aristeo.org. URL consultato il 9 ottobre 2018.
  13. ^ F. Nicosia, Aristeo, in Enciclopedia dell'arte antica, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 1994. URL consultato il 9 ottobre 2018.
  14. ^ a b G. Spano, Statua d'Aristeo in bronzo, in Bullettino Archeologico Sardo, I, n. 5, maggio 1855, pp. 65 e segg..
    «La statuetta che presentiamo fu trovata nel gennajo del 1843 nel villaggio di Oliana, nel salto chiamato Dule (…) Questa statua rappresenta un uomo nudo che ha il corpo coperto di api, in bell'ordine collocate, ed in testa un diadema che sulla fronte tiene due rosoni, o mazzetti di fiori, e termina sulle spalle colle due estremità rannodate, e svolazzanti. (…) L'essersi trovata questa statuetta nella località come di sopra abbiamo detto, vieppiù ci conferma che non possa essere altro che l'immagine di Aristeo. In nessun'altra Provincia difatti si coltivano a preferenza le api che in quella, e pare che ciò sia una tradizionale memoria dell'arrivo di Aristeo.»
  15. ^ Solino, Collectanea rerum memorabilium, IV, 2.
  16. ^ Pausania X, 17, 4.
  17. ^ Dedalo, secondo i miti, è vissuto almeno due generazioni dopo Aristeo.
  18. ^ Leggenda sull'origine dei Nuraghi - Archeologia in Sardegna, su sardegna.com. URL consultato il 9 ottobre 2018.
  19. ^ Efisio Luigi Tocco, Opinioni sulle antichita della Sardegna, Tip. di A. Timon, 1860. URL consultato il 9 ottobre 2018.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

Fonti primarie

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

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