Andrea Caffi

Andrea Caffi (San Pietroburgo, 1º maggio 1887Parigi, 22 luglio 1955) è stato un filosofo, politico e giornalista italiano.

Intellettuale poliedrico e ribelle, fu sodale di figure di primo piano del panorama del Novecento europeo, quali Albert Camus, Carlo Rosselli e Nicola Chiaromonte.

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

Nacque a San Pietroburgo, in una famiglia italiana: il padre, Giovanni Caffi, era emigrato da Belluno in Russia, dove lavorava come costumista ai Teatri Imperiali; la madre, Emilia Carlini, è una figura di cui i biografi non sono riusciti a ricostruire con precisione le origini, ma si ipotizza che fosse nata in Francia da emigrati italiani.

Già da adolescente, liceale alla scuola Internazionale di San Pietroburgo, Andrea Caffi si avvicinò alle idee socialiste e al movimento operaio. In questo periodo giovanile affiancò agli studi e al confronto dialettico l'esperienza diretta che gli fece conoscere da vicino le condizioni di sfruttamento dei lavoratori e dei contadini nella Russia zarista. Partecipò alla Rivoluzione russa del 1905, che esplose proprio nella sua città, fu arrestato e condannato a tre anni di reclusione. Uscirà di galera con un anno di anticipo, grazie all'intercessione delle autorità consolari italiane, e prenderà la via dell'esilio in Germania. Trascorsi alcuni anni a Berlino, dove svolse anche studi universitari in filosofia, si trasferì a Firenze e poi a Parigi, in un contesto internazionale che di lì a poco sarebbe stato segnato dall'esplosione della prima guerra mondiale, vista da Caffi come uno scontro fra potenze portatrici di idee progressiste e il conservatorismo dell'area germanica. Dapprima volontario nell'esercito francese e poi arruolato in quello italiano, rimase ferito due volte, la seconda proprio sul fronte dolomitico bellunese, nella zona da cui proveniva suo padre, e infine fu assegnato al servizio di comunicazione e propaganda.

Dopo la guerra, mentre allacciava relazioni nel mondo culturale italiano, decise di tornare in Russia dove collaborò con i suoi vecchi compagni socialisti libertari dei quali condivideva anche la condanna indirizzata ai metodi bolscevichi, ritenuti autoritari e violenti. In seguito a questa attività politica critica nei riguardi della Rivoluzione d'ottobre, Caffi fu arrestato: dopo le carceri zariste conobbe dunque quelle leniniste. Uscito di prigione, rimase un altro periodo a Mosca, prima di rientrare in Italia, nel 1923, dove collaborò con alcune riviste dell'area socialista[1]. Nel 1926 il degenerare della situazione politica, con l'imporsi della dittatura fascista, costrinse Caffi a fuggire in Francia, a Versailles e poi a Parigi dove si guadagnò umilmente da vivere prevalentemente lavorando come traduttore e redattore per alcune case editrici. In questo periodo intensificò i rapporti con l'antifascismo in esilio avvicinandosi in particolare al gruppo di Giustizia e Libertà, con il quale peraltro entrò rapidamente in conflitto contestandone la prassi politica. Caffi aveva via via consolidato una visione marcatamente pacifista e nonviolenta, professando un'idea di democrazia socialista e libertaria nella quale i mezzi non possono contrastare con i fini (da qui la condanna dell'autoritarismo sovietico e del fallimento sostanziale della democrazia occidentale). Nel 1940 si trasferì a Tolosa dove fu tra gli animatori della resistenza antinazista, in stretto collegamento con le comunità di emigrati e esiliati italiani.

Nel 1948 tornò a Parigi, dove lavorò per le edizioni Gallimard e fu come sempre una figura attiva nel dibattito politico e intellettuale dell'epoca.

Fu sepolto presso il cimitero di Père-Lachaise a Parigi.

Pensiero[modifica | modifica wikitesto]

Caffi aveva via via consolidato una visione marcatamente pacifista e nonviolenta, professando un'idea di democrazia socialista e libertaria nella quale i mezzi non possono contrastare con i fini (da qui la condanna dell'autoritarismo sovietico e del fallimento sostanziale della democrazia occidentale). Il suo attivismo ne segnò l'intera esistenza da cosmopolita, sotto forma di dialoghi conviviali, di lettere e articoli sulla stampa, di rapporti epistolari.[senza fonte]

Si formò "non tanto sulla lettura dei classici, quanto dal contatto diretto con i problemi delle classi subalterne e dalla fascinazione giovanile esercitata dalle tendenze nichiliste di cui era permeata una certa intelligencija russa. Risultò inoltre fondamentale per la formazione del pensiero politico il sentimento di “filia” verso il genere umano, e come su questo concetto di naturale empatia che lega le esistenze umane Caffi puntasse per un definitivo superamento dello Stato e delle sue logiche gerarchiche e di dominio"[2].

Nel suo intenso girovagare per l'Europa, nella sua attenzione all'attualità sociale e politica e nel tempo dedicato alle relazioni interpersonali risiede probabilmente la spiegazione della scarsa produzione letteraria lasciata da Caffi, il cui pensiero è più facilmente deducibile dalla mole di articoli in riviste e di corrispondenza con altri intellettuali che non da grandi opere scritte in modo strutturato.

Opere[modifica | modifica wikitesto]

Saggistica[modifica | modifica wikitesto]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Nicola Del Corno, Il socievole eremita, Mondoperaio, 10/2014: "aveva iniziato a scrivere di politica su riviste antifasciste, e più precisamente sul Quarto Stato di Carlo Rosselli e di Pietro Nenni, e su Volontà di Roberto Marvasi e Vincenzo Torraca. Su questa rivista pubblicò le famose Cronache di dieci giornate a proposito dell'assassinio di Matteotti".
  2. ^ Nicola Del Corno, Il socievole eremita, Mondoperaio, 10/2014, p. 47.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Gino Bianco, Scritti politici di Andrea Caffi, Firenze, La Nuova Italia, 1970
  • Gino Bianco, Un socialista "irregolare": Andrea Caffi intellettuale e politico d'avanguardia, Cosenza, Edistampa Lerici, 1977. ISBN 88-87280-18-5
  • Lamberto Borghi, Società e nonviolenza nel pensiero di Andrea Caffi, in «Linea d'ombra», n. 93, 1994
  • Giampiero Landi (a cura di), Andrea Caffi: un socialista libertario: atti del convegno di Bologna, 7 novembre 1993 / G. Armani... [et al.] ; introduzione di Gino Bianco, Pisa, BFS, 1996.
  • Alberto Castelli, Andrea Caffi e la rivoluzione delle coscienze, in Eretici e dissidenti. Nuovi protagonisti del XIX e XX secolo tra politica e cultura, a cura di G. Angelini e A. Colombo, Milano, Franco Angeli, 2006.
  • Alberto Castelli, Socievolezza e amicizia nel pensiero di Andrea Caffi, in De amicitia. Scritti dedicati a Arturo Colombo, a cura di G. Angelini e M. Tesoro, Milano, Franco Angeli, 2007, pp. 172–181.
  • Marco Bresciani, La rivoluzione perduta: Andrea Caffi nell'Europa del Novecento, Bologna, Il Mulino, 2009.
  • Alberto Castelli, Andrea Caffi. Socialismo e critica della violenza, in L'altro Novecento. Comunismo eretico e pensiero critico, a cura di P.P. Poggio, Milano, Jaca Book, 2010, pp. 393–408.
  • Alberto Castelli (a cura di), H. Arendt, A. Caffi, P. Goodman, D. Macdonald, "politics" e il nuovo socialismo. Per una critica radicale del marxismo, Genova-Milano, Marietti 1820, 2012.
  • Marco Bresciani (a cura di),Cosa sperare? Il carteggio tra Andrea Caffi e Nicola Chiaromonte: un dialogo sulla rivoluzione (1932-1955), Napoli, Edizioni Scientifiche Italiane, 2012.

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

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