Abbazia di Sant'Eustachio

Abbazia di Sant'Eustachio
StatoBandiera dell'Italia Italia
RegioneVeneto
LocalitàNervesa della Battaglia
Indirizzovia Collalto, 1
Coordinate45°49′26.49″N 12°11′38.08″E / 45.824024°N 12.19391°E45.824024; 12.19391
Religionecattolica di rito romano
OrdineBenedettini
Diocesi Treviso
FondatoreRambaldo III di Collalto
Gisla

L'abbazia di Sant'Eustachio era un monastero benedettino soppresso nel Cinquecento e oggi in rovina. I resti sorgono sulle pendici del Montello, in comune di Nervesa della Battaglia.

Nelle immediate vicinanze dell'Abbazia si trova il Sacrario del Montello, monumento dedicato ai caduti della prima guerra mondiale.

Storia[modifica | modifica wikitesto]

Dalla fondazione alla soppressione del monastero[modifica | modifica wikitesto]

Come testimonia una bolla di papa Alessandro II del 1062, l'abbazia di Sant'Eustachio fu fondata da Rambaldo III di Collalto e dalla madre Gisla attorno al 1050 su di una preesistente opera fortificata[1]. I Collalto, famiglia di stirpe longobarda, avevano da poco perso la propria influenza su Treviso a favore del vescovo locale, il cui potere si espandeva di anno in anno sia dal punto di vista religioso che temporale. Così facendo, quindi, essi contrapponevano a questa autorità un'istituzione indipendente e direttamente sottoposta al pontefice, il quale pure non vedeva di buon occhio l'espansione dei vescovi trevigiani, sostenitori dell'imperatore.

Dalla prepositura ad oggi[modifica | modifica wikitesto]

I continui attriti con i vescovi di Treviso spinsero papa Leone X, nel 1521, a ridurre l'abbazia in prepositura, in commenda ai conti di Collalto.

Tra il Cinquecento e il Seicento il complesso divenne un importante polo culturale. Qui vennero ospitati, tra gli altri, Pietro Aretino, Giovanni Della Casa (che vi compose il noto Galateo) e Gaspara Stampa.

Tra il 1744 e il 1819, Sant'Eustachio fu amministrato dall'abate commendatario Vinciguerra VII di Collalto, uomo colto e capace che lo trasformò in un'importante azienda agricola retta da esperti e studiosi. Fu grazie a lui che la prepositura sopravvisse alle soppressioni napoleoniche di inizio Ottocento, che invece colpirono la vicina certosa di San Girolamo.

In seguito, tuttavia, le autorità ecclesiastiche giudicarono inutile e obsoleta questa istituzione e, nel 1865, essa venne definitivamente soppressa, trasferendo il titolo di abate al vescovo di Treviso.

Dopo la Rotta di Caporetto, l'edificio si ritrovò in prossimità del fronte del Piave e subì pesanti danneggiamenti. Le rovine, lasciate all'incuria, sono state di recente rivalorizzate grazie ai finanziamenti dell'Unione europea.

L'abbazia di Sant'Eustachio fu oggetto di due restauri, uno parziale risalente al 1992 e un secondo massiccio restauro nel 2017 a opera della società agricola Giusti-Dal Col tenendo conto dei nuovi rilievi archeologici con il recupero delle pavimentazioni, sepolture e muri riscoperti durante gli scavi. È stata inoltre predisposta la ricostruzione, su fonti documentarie, della torre d'ingresso e l'integrazione, su basi archeologiche, di parte delle strutture conventuali[2]. Il restauro si è concluso a marzo del 2018[3].

Galleria d'immagini[modifica | modifica wikitesto]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ L’Abbazia di Sant’Eustachio, su CulturaCattolica.it. URL consultato il 25 aprile 2021 (archiviato dall'url originale il 2 ottobre 2020).
  2. ^ Nervesa, ecco come rinasce Abbazia di Sant’Eustachio, su OggiTreviso.it.
  3. ^ L’abbazia a nuovo: pronto il restauro, a marzo si inaugura, su tribunatreviso.gelocal.it, Tribuna di Treviso. URL consultato l'8 aprile 2018.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Pier Angelo Passolunghi, Il monachesimo benedettino della Marca Trevigiana, Treviso, 1980.
  • Barbara Frate e Paola Amadio, L'Abazia S. Eustachio di Nervesa, Canova, Treviso, 1994.

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