Breviarium ab Urbe condita

Storia di Roma
-Breviarium ab Urbe condita-
Altri titoliBreviarium historiae romanae
Tullo Ostilio combatte Veienti e Fidenati, ottenendone una memorabile vittoria
AutoreEutropio
1ª ed. originale369
Editio princepsRoma, Georg Lauer, 1471
Generestoriografia
Sottogenerecompendio
Lingua originalelatino

Il Breviarium ab Urbe condita, o Breviarium historiae romanae, o semplicemente Breviarium[1] ("Sommario della storia romana dalla fondazione della città"), è un'opera letteraria di genere storiografico realizzata da Eutropio. Il Breviarium si articola in dieci libri che raccontano schematicamente i principali eventi della storia romana dalle origini della città alla morte dell'imperatore Gioviano, nel 364. Particolare importanza rivestono, all'interno dell'opera, gli avvenimenti di politica estera, le campagne e le guerre di conquista; minore è, invece, l'attenzione riservata alla politica interna. Gli ultimi quattro libri, dedicati alle vicende imperiali, offrono, però, interessanti ritratti dei sovrani.

Nella stesura dell'opera, che Eutropio compose su invito dell'imperatore Valente, di cui era segretario, l'autore poté basarsi sugli Ab Urbe condita libri e sull'epitome di Tito Livio, sull'opera di Gaio Svetonio Tranquillo, su alcune cronache di età imperiale il cui testo non è giunto ad oggi e sui ricordi personali.

Lo stile dell'opera è semplice e chiaro: ciò rese l'opera facilmente accessibile, e contribuì alla sua diffusione. Essa, infatti, divenne un testo di uso comune nelle scuole per l'apprendimento del latino, ma suscitò anche tanto interesse da essere successivamente ampliata a più riprese.

I sette re di Roma[modifica | modifica wikitesto]

Romolo[modifica | modifica wikitesto]

(LA)

«Condita civitate, quam ex nomine suo Romam vocavit, haec fere egit. Multitudinem finitimorum in civitatem recepit, centum ex senioribus legit, quorum consilio omnia ageret, quos senatores nominavit propter senectutem. Tum, cum uxores ipse et populus suus non haberent, invitavit ad spectaculum ludorum vicinas urbi Romae nationes atque earum virgines rapuit. Commotis bellis propter raptarum iniuriam, Caeninenses vicit, Antemnates, Crustuminos, Sabinos, Fidenates, Veientes. Haec omnia oppida urbem cingunt. Et cum, orta subito tempestate, non comparuisset, anno regni tricesimo septimo ad deos transisse creditus est et consecratus. Deinde Romae per quinos dies senatores imperaverunt et, his regnantibus, annus unus completus est.»

(IT)

«Dopo aver fondato la città, che chiamò Roma dal suo nome, (Romolo) fece all'incirca queste cose. Accolse nella cittadinanza un gran numero di (genti) confinanti, scelse cento (uomini) tra i più anziani, con il cui consiglio facesse ogni cosa, che nominò senatori per la loro anzianità. Poi, visto che lui e il suo popolo non avevano mogli, invitò allo spettacolo dei giochi i popoli vicini alla città di Roma e rapì le loro vergini in età da marito. Essendosi scatenate delle contese per l'offesa delle (vergini) rapite, vinse i Ceninensi, gli Antemnati, i Crustumini, i Sabini, i Fidenati, i Veienti. Tutte queste città circondano Roma. E poiché, all'improvviso scatenarsi di una tempesta, si credette che (Romolo) fosse salito agli dei nel trentasettesimo anno di regno fu divinizzato. In seguito a Roma governarono i senatori ciascuno per cinque giorni e, durante il loro regno, si completò un anno.»

Numa Pompilio[modifica | modifica wikitesto]

(LA)

«Postea Numa Pompilius rex creatus est, qui bellum quidem nullum gessit, sed non minus civitati quam Romulus profuit. Nam et leges Romanis moresque constituit, qui consuetudine proelium iam latrones ac semibarbari putabantur, et annum descripsit in decem menses, prius sine aliqua supputatione confusum, et infinita Romae sacra ac templa constituit. Morbo decessit quadragesimo et tertio imperii anno.»

(IT)

«Poi fu eletto re Numa Pompilio, non fece nessuna guerra, ma giovò alla città non meno di Romolo. E infatti costituì leggi e costumi per i Romani, che ormai, per l'abitudine a combattere, erano ritenuti ladroni e semibarbari, e suddivise l'anno in dieci mesi, prima confuso senza nessun criterio, e istituì a Roma moltissime cerimonie religiose e templi. Morì di malattia nel quarantatreesimo anno di regno.»

Tullo Ostilio[modifica | modifica wikitesto]

(LA)

«Huic successit Tullus Hostilus. Hic bella reparavit, Albanos vicit, qui ab urbe Roma duodecimo miliario sunt, Veientes et Fidenates, quorum alii sexto miliario adsunt ab urbe Roma, alii octavo decimo, bello superavit, urbem ampliavit, adiecto Caelio monte. Cum triginta et duos annos regnasset, fulmine ictus, cum domo sua arsit.»

(IT)

«A questi (Numa Pompilio) successe Tullo Ostilio. Costui riprese le guerre, vinse gli Albani, che sono distanti dodici miglia dalla città di Roma, sopraffece in guerra i Veienti e i Fidenati, dei quali gli uni distano sei miglia, gli altri diciotto miglia dalla città di Roma, ampliò la città con l'aggiunta del monte Celio. Avendo regnato per trentadue anni, colpito da un fulmine, arse con la sua dimora.»

Anco Marzio[modifica | modifica wikitesto]

(LA)

«Post hunc Ancus Marcius, Numae ex filia nepos, suscepit imperium. Contra Latinos dimicavit. Aventinum montem civitati adiecit et Ianiculum, apud ostium Tiberis supra mare sexto decimo miliario ad urbe Roma condidit. Vicesimo et quarto anno imperii morbo periit.»

(IT)

«Dopo questi (Tullo Ostilio) prese il potere Anco Marzio, nipote di Numa (Pompilio) da parte della figlia. Combatté contro i latini. Aggiunse alla città il monte Aventino e il Gianicolo, presso la foce del Tevere fondò una città sul mare a sedici miglia dalla città di Roma. (Anco Marzio) morì il ventiquattresimo anno di impero per una malattia.»

Tarquinio Prisco[modifica | modifica wikitesto]

(LA)

«Deinde regnum Priscus Tarquinius accepit. Hic numerum senatorum duplicavit, circum aedificavit, ludos romanos instituit, qui ad nostram memoriam permanent. Vicit idem etiam Sabinos et non parum agrorum sublatum isdem urbis Romae territorio iunxit primsque triumphans urbem intravit. Muros fecit et cloacas, Capitolium inchoavit. Tricesimo octavo imperii anno per Anci filios occisus est, regis eius cui ipse successerat.»

(IT)

«Poi prese il potere Tarquinio Prisco. Lui raddoppiò il numero dei senatori, costruì tutt'intorno a Roma, istituì i giochi romani, che rimangono fino al nostro tempo. Lui stesso vinse i Sabini, unì al territorio della città di Roma non pochi appezzamenti di terreno sottratto agli stessi e per primo entrò nella città (di Roma) in trionfo. Costruì le mura e le fogne, iniziò (a costruire) il Campidoglio. Nel trentottesimo anno di regno fu ucciso dai figli di Anco (Marzio), quel re a cui egli stesso era succeduto.»

Servio Tullio[modifica | modifica wikitesto]

(LA)

«Post hunc Servus Tullius suscepit imperium, genitus ex nobili femina, captiva tamen et ancilla. Hic quoque Sabinos subegit, montes tres, Quirinalem, Viminalem, Esquilinum, urbi adiunxitm fossas circum murum duxit. Primus omnium censum ordinavit, qui adhuc per orbem terrarum incognitus erat. Sus eo Roma, omnibus in census delatis, habuit capta octaginta tria milia civium romanorum cum his, qui in agris erant. Occisus est scelere generi sui Tarquinius Superbi, filii eius regis cui ipse successerat, et filiae, quam Tarquinius habebat uxorem.»

(IT)

«Dopo questi (Tarquinio Prisco) prese il potere Servio Tullio, nato da una nobile donna, (che era) tuttavia prigioniera e schiava. Anche lui sottomise i Sabini, aggiunse alla città tre monti, il Quirinale, il Viminale e l'Esquilino, fece scavare fossati intorno alle mura. Prima fra tutti ordinò il censimento, che era ancora sconosciuto in tutta la terra. Al suo tempo che tutti furono censiti, aveva ottantatremila unità di cittadini romani, compresi coloro che abitavano nelle campagne. Fu ucciso per il gesto scellerato di suo genero Tarquinio il Superbo, figlio di quel re a cui egli stesso era succeduto , e della figlia, che Tarquinio aveva in moglie.»

Tarquinio il Superbo[modifica | modifica wikitesto]

(LA)

«L. Tarquinius Superbus, septimus atque ultimus regum, Volscos, quae gens ad Campaniam euntibus non longe ad urbe est, vicit, Gabios civitatem et Suessam Pometiam subegit, cum Tuscis pacem fecit et templum Iovis in Capitolio aedificavit. Postea, Ardeam oppugnans, in octavo decimo miliario ad urbe Roma positam civitatem, imperium perdidit. Nam, cum filius eius, et ipse Tarquinius iunior, nobilissimam feminam Lucretiam eandemque pudicissimam, Collatini uxorem, violasset eaque de iniuria marito et patri et amicis questa fuisset, in omnium conspectu se occidit. Propter quam causam Brutus, parens et ipse Tarquini, populum concitavit et Tarquinio ademit imperium. Mox exercitus quoque eum, qui civitatem Ardeam cum ipso rege oppugnabant, reliquit; veniensque ad urbem rex, portis clausis, exclusus est, cumque imperasset annos quattuor et viginti cum uxore et liberis suis fugit. Ita Romae regnatum est per septem reges annis ducentis quadraginta tribus, cum adhuc Roma, ubi plurimum, vix usque ad quintum decimum miliarum possideret.»

(IT)

«L. (Lucio) Tarquinio il Superbo, fu il settimo ed ultimo dei re, vinse i Volsci, il cui popolo non è lontano per coloro che vanno in Campania, sottomise le città di Gabii e di Suessa Pomezia, fece pace con gli Etruschi ed edificò il tempio di Giove sul Capitolino. In seguito, mentre (Tarquinio il Superbo) stava assediando Ardea, città posta al diciottesimo miglio dalla città di Roma, perse il potere. Infatti, che era suo figlio, anch'esso di nome Tarquinio, violentò Lucrezia moglie di Collatino, donna nobilissima nonché molto pudica, ed essendosi quella (Lucrezia) lamentata con il marito, il padre e gli amici per l'offesa, si uccise (Lucrezia) al cospetto di tutti. E per questo motivo Bruto, anche lui parente di Tarquinio, istigò il popolo e tolse il potere a Tarquinio. Subito dopo anche l'esercito, che con il re stesso stava assediando la città di Ardea, lo abbandonò; il re, tornando a Roma, trovate le porte chiuse, fu lasciato fuori, e avendo regnato per ventiquattro anni fuggì con sua moglie e i suoi figli. Così i re regnarono su Roma per duecentoquarantatre anni, quando a malapena Roma, come massimo, possedeva quindici miglia.»

Edizioni italiane[modifica | modifica wikitesto]

  • Eutropio, Breviario di storia romana. Libri 1-10, traduzione di P. Bortoluzzi, Collana Sormani.Classici Latini n.3, Milano, Avia Pervia, 1991-2001.
  • Eutropio, Breviario di storia romana. Libro I, a cura di D. Barresi, Ciranna Editrice, 1991.
  • Eutropio, Storia di Roma, Introduzione di Fabio Gasti, Traduzione e note di Fabrizio Bordone, Collana Classici Greci Latini, Santarcangelo di Romagna, Rusconi Libri, 2014-2018, ISBN 978-88-18-03023-5.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Il termine latino "breviarium" può indicare tanto il compendio quanto l'esposizione sommaria di un argomento (Marchesi, p. 409).

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Concetto Marchesi, Storia della letteratura latina, 8ª ed., Milano, Principato, ottobre 1986 [1927], Vol. II..

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